Ultimo aggiornamento: 15 aprile 2025
Titolo originale dell'articolo: Donor-derived CARCIK-CD19 cells engineered with Sleeping Beauty transposon in acute lymphoblastic leukemia relapsed after allogeneic transplantation
Titolo della rivista: Blood Cancer Journal
Data di pubblicazione originale: 3 aprile 2025
Il trattamento con cellule CARCIK-CD19 con l’aiuto del trasposone “Bella addormentata” potrebbe essere adatto per i pazienti con leucemia linfoblastica acuta che non sono idonei alla terapia con CAR-T. Lo dimostrano i recenti risultati di uno studio clinico di fase 2 condotto da ricercatori AIRC.
Una nuova versione della terapia a base di cellule CARCIK-CD19 ha ottenuto buoni risultati nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta che hanno presentato recidive dopo il trapianto di cellule staminali e non hanno accesso al trattamento a base di cellule CAR-T. È iniziato circa 10 anni fa il percorso che ha portato fino a questo studio clinico di fase 2 i gruppi di Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti, e di Alessandro Rambaldi, direttore del Dipartimento di oncologia ed ematologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. I risultati, ottenuti grazie al sostegno di AIRC, della Fondazione Maria Letizia Verga e della Fondazione Tettamanti, sono stati pubblicati su Blood Cancer Journal.
“Nel 2015 la Fondazione Tettamanti, a Monza, ha ideato e sviluppato il nuovo approccio terapeutico a base di cellule CIK-CD19” racconta Biondi. In quegli anni, lui e i suoi colleghi di Bergamo sono stati infatti tra i primi a studiare le Cytokine-Induced Killer (CIK) e ad aver sviluppato competenze al riguardo. Le CIK sono linfociti T, cellule del sistema immunitario, con la proprietà di esprimere sulla propria superficie anche i marcatori delle cellule NK (Natural Killer) e assumere proprietà antitumorali. Dopo i risultati positivi dei primi studi, qualche anno dopo il gruppo ha provato a migliorare la capacità delle CIK di colpire in modo mirato il tumore, usando la tecnica CAR (da Chimeric-Antigen Receptor). Con tale tecnica, nel DNA di queste cellule si inserisce il cosiddetto gene CAR, responsabile della produzione di un recettore ibrido, capace di legare specifici antigeni tumorali. In genere l’inserimento del gene CAR avviene mediante l’uso di un vettore di origine virale, svuotato delle componenti pericolose del virus e usato per la capacità di entrare in determinate cellule. Per quanto i vettori virali siano considerati ormai piuttosto sicuri ed efficaci, possono avere alcuni limiti, tra cui il costo elevato e la necessità di tecniche sofisticate per produrli.
Nel corso degli anni, Biondi e i suoi colleghi hanno così cercato delle soluzioni alternative. Al posto dei vettori virali hanno, per esempio, utilizzato i trasposoni, sequenze di DNA in grado di spostarsi da una posizione all’altra, meno costosi e più semplici da gestire. In particolare, hanno usato il trasposone “Bella addormentata”, così soprannominato perché è stato scoperto nel genoma di alcuni pesci in una forma inattiva e poi è stato “risvegliato”, grazie a modifiche effettuate in laboratorio, dopo molti anni di “sonno” evolutivo. Per quanto riguarda invece i linfociti T, hanno scelto di utilizzare quelli provenienti da donatori sani e non dai pazienti stessi, per produrre una terapia con una maggiore effetto antitumorale. Dopo molti esperimenti e studi, nel 2019 il gruppo di ricerca ha progettato uno studio clinico di fase 2 per valutare l’efficacia del nuovo trattamento nei pazienti. A tale scopo i ricercatori hanno reclutato un gruppo di 36 persone con leucemia linfoblastica acuta che avevano presentato recidive dopo il trapianto di cellule staminali, e non avrebbero avuto accesso ad altre alternative di cura. I partecipanti sono così stati trattati con le CARCIK-CD19 e monitorati per più di 2 anni.
“Il profilo di sicurezza di queste cellule è decisamente superiore a quella dei prodotti commerciali delle CAR-T, con un livello di attività molto simile” afferma Biondi. Una minoranza dei pazienti ha presentato effetti collaterali, come la sindrome da rilascio di citochine e una tossicità neurologica. In nessun caso si è invece verificata la cosiddetta ‘malattia del trapianto contro l’ospite’, una condizione piuttosto frequente dopo il trapianto di cellule staminali emopoietiche. Ma il risultato forse più rilevante sta nel fatto che, in 30 pazienti su 36, il tumore è andato in completa remissione. Alcuni pazienti non hanno avuto bisogno di altre cure, mentre altri sono stati sottoposti a un trapianto di consolidamento con successo. Sfortunatamente, in seguito alcuni hanno sviluppato delle recidive.
Grazie a queste proprietà e alla loro scarsa tossicità, le CARCIK preparate da un donatore esterno potrebbero quindi essere usate anche per i pazienti che non hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Al momento, il gruppo sta procedendo gli studi in questa direzione per un altro tipo di tumore del sangue. L’AIFA, Agenzia italiana del farmaco, ha infatti approvato la sperimentazione delle CARCIK contro i linfomi non-Hodgkin di tipo B refrattari ai trattamenti e non candidabili alle terapie disponibili con CAR-T.
Camilla Fiz