Una potenziale nuova terapia contro il tumore ovarico resistente alla chemioterapia

Ultimo aggiornamento: 9 agosto 2024

Una potenziale nuova terapia contro il tumore ovarico resistente alla chemioterapia

Titolo originale dell'articolo: Platinum-induced upregulation of ITGA6 promotes chemoresistance and spreading in ovarian cancer

Titolo della rivista: EMBO Molecular Medicine

Data di pubblicazione originale: 24 giugno 2024

Alcuni ricercatori AIRC hanno individuato nell’integrina alpha 6 un potenziale bersaglio terapeutico per le pazienti con tumore ovarico resistente alla terapia più comune per questo tipo di cancro, la chemioterapia a base di platino. Si potrebbe aprire così la strada allo studio di un’innovativa strategia che combina la chemioterapia a un trattamento a bersaglio molecolare.

Per le pazienti con tumore ovarico che non rispondono alla chemioterapia a base di platino, un trattamento standard per questo tipo di neoplasia, non è ancora disponibile una cura efficace. Per alcuni di questi casi, però, la terapia a bersaglio molecolare potrebbe diventare un’opzione valida in futuro. In esperimenti di laboratorio, il gruppo di ricerca di Gustavo Baldassarre, del Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano, in Friuli-Venezia Giulia, ha valutato con buoni risultati un nuovo approccio terapeutico. Si tratta di una combinazione della chemioterapia di riferimento con un farmaco in grado di colpire e bloccare in modo mirato l’integrina alpha 6 (in sigla, ITGA6). I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati sulla rivista EMBO Molecular Medicine.

Le integrine sono proteine che permettono alle cellule di entrare in contatto tra loro e aderire alla matrice extracellulare, la loro struttura di supporto. Tuttavia, nel contesto tumorale la loro funzione può variare. Nel caso del carcinoma dell’ovaio, per esempio, possono mediare l’adesione delle cellule tumorali al mesotelio, il tessuto di rivestimento degli organi interni, e quindi favorire la formazione di metastasi. Poiché esistono diversi tipi di integrine, i ricercatori hanno svolto alcune analisi preliminari per comprendere su quali focalizzarsi. “Abbiamo confrontato l’espressione di più integrine in cellule in coltura di tumore ovarico, resistenti o sensibili alla chemioterapia con platino” dice Baldassarre. “Gli alti livelli di ITGA6 nelle cellule resistenti hanno suggerito che questa proteina potesse avere un ruolo nella progressione tumorale. Per questo abbiamo deciso di concentrarci su di essa”.

Dopo numerosi esperimenti di laboratorio, il gruppo di ricerca ha delineato la catena di eventi che l’integrina alpha 6 può innescare. Secondo i risultati dello studio, la chemioterapia con platino può stimolare le cellule tumorali a produrre in modo eccessivo la proteina. Quest’ultima, a sua volta, favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali e di conseguenza la resistenza al trattamento convenzionale. Inoltre, l’azione di ITGA6 si estende al di fuori delle cellule neoplastiche. “Come si trova già nella letteratura scientifica precedente, l’integrina alpha 6 può essere secreta dalle cellule tumorali in piccole vescicole chiamate esosomi, in grado di muoversi nell’ambiente circostante”, spiega Baldassarre. All’interno delle vescicole, l’integrina alpha 6 può quindi raggiungere le cellule mesoteliali e indurre una serie di processi. Questi ultimi, attraverso l’attivazione della via del fattore di crescita ormonale IGF1, determinano quindi la formazione di una nicchia metastatica. “Si viene a creare un microambiente in cui le cellule mesoteliali diventano più predisposte a essere attaccate e colonizzate, mentre le cellule tumorali hanno maggiori capacità di sopravvivere, aderire e crescere.”

Bloccare ITGA6 potrebbe interrompere questo circolo vizioso sin dalla sua origine. A questo scopo i ricercatori hanno valutato gli effetti di un anticorpo monoclonale che blocca l’ITGA6, osservandone l’azione da solo o in combinazione alla chemioterapia, in animali di laboratorio. “Da solo questo trattamento non basta, ma assunto con il platino riduce moltissimo la crescita e la metastatizzazione del tumore”, dice Baldassarre. “Pensiamo che la terapia combinata possa avere un futuro.”

Allo stesso tempo, il ricercatore sottolinea che “finora i trattamenti diretti contro le integrine non hanno portato a risultati soddisfacenti nei pazienti oncologici con altri tipi di tumore. A differenza di questi casi, però, la terapia combinata sarebbe proposta solo a coloro che potrebbero trarne maggiore beneficio”. L’idea è infatti di selezionare in anticipo le pazienti da trattare, attraverso un apposito esame che riveli l’attivazione della via di segnalazione di ITGA6. In questo modo si individuerebbero coloro che sono più predisposte a diventare resistenti alla chemioterapia con platino e potrebbero essere più recettive alla terapia combinata. Perché tutto questo diventi possibile, il gruppo di ricerca intende portare il progetto in sperimentazione clinica: “Stiamo cercando finanziamenti per creare un nuovo anticorpo monoclonale e avviare uno studio clinico con pazienti con tumore dell’ovaio”.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/