Ultimo aggiornamento: 4 dicembre 2024
Titolo originale dell'articolo: Exploring the role of HLA variants in neuroblastoma susceptibility through whole exome sequencing
Titolo della rivista: HLA
Data di pubblicazione originale: 1 maggio 2024
Grazie a una ricerca sostenuta da Fondazione AIRC è stata individuata una combinazione di varianti genetiche che influiscono sull’attività del sistema immunitario e rendono più vulnerabili i bambini con neuroblastoma. Si prospettano nuove possibilità di diagnosi e terapia.
La prognosi del neuroblastoma, un tumore raro che tra quelli infantili (per definizione tutti poco frequenti) è tra i più comuni, varia molto da bambino a bambino. La probabilità di sopravvivere e superare la malattia supera infatti il 90 per cento per i casi a basso rischio, mentre è molto più bassa per quelli ad alto rischio che sviluppano metastasi. Tuttavia, la prognosi di tutti i pazienti, compresi i casi più difficili, potrebbe migliorare se si riuscisse sia ad anticipare la diagnosi sia a prevedere con maggiore precisione come la malattia potrebbe evolvere. Per raggiungere questi obiettivi, il gruppo di ricerca guidato da Mario Capasso, dell’Università degli studi di Napoli “Federico II” e del CEINGE Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore, ha individuato una nuova combinazione di varianti genetiche degli antigeni dei leucociti umani, i cosiddetti HLA (dall’inglese Human Leukocyte Antigen), che regolano l’attività del sistema immunitario. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista HLA.
Possono essere diverse le motivazioni dietro percorsi di malattia tanto distinti per pazienti tanto giovani – in genere il neuroblastoma si manifesta nei primi 5 anni di vita. Tra le cause più studiate dietro a tali differenze vi sono alcune variazioni genetiche, in alcuni casi ereditarie e in altre sporadiche, che possono compromettere le funzioni antitumorali del sistema immunitario. Da questo punto di vista gli HLA hanno un ruolo fondamentale, poiché permettono alle cellule del sistema immunitario di riconoscere le cellule cancerose e di conseguenza di distruggerle. Tuttavia, se i loro geni, e quindi le loro funzioni, sono alterati, il tumore riesce a sfuggire alle difese del sistema immunitario e a crescere indisturbato. “È noto che i difetti negli HLA rendono i bambini più vulnerabili a sviluppare una neoplasia” commenta Capasso.
Il gruppo di ricerca si è giovato in particolare della competenza di Ferdinando Bonfiglio, esperto in bioinformatica, che ha analizzato gli HLA più di 700 bambini con neuroblastoma e li ha confrontati con quelli di circa 3.500 soggetti sani. Rispetto al gruppo controllo, i pazienti con neuroblastoma avevano in particolare una frequenza maggiore di due varianti (HLA-DQB1*05:02 e HLA-DRB1*16:01) coinvolte nello sviluppo della patologia. “Ci ha confortato osservare che queste due varianti geniche sono associate a un aumento del rischio anche di melanoma” ha aggiunto Bonfiglio. Il fatto che le due varianti siano presenti in tumori differenti è rilevante, poiché mostra che esse svolgono un ruolo importante nella crescita neoplastica anche in contesti diversi. In futuro, se altri studi clinici ampi ne confermeranno la rilevanza, potrebbero essere usate per anticipare la possibilità che insorga un neuroblastoma.
In seguito, i ricercatori hanno provato a fare un passo in più: “Ci siamo chiesti se le due varianti, oltre a predisporre allo sviluppo del neuroblastoma, fossero anche associate a una diversa prognosi e quindi alla sopravvivenza. Non abbiamo però ottenuto risultati significativi”.
Il gruppo ha dunque deciso di cambiare direzione di ricerca ed esplorare altre possibili combinazioni di varianti di HLA che possono influenzare in misura maggiore l’andamento della malattia. “Con grande sorpresa abbiamo individuato 5 varianti genetiche degli HLA con un valore prognostico per il neuroblastoma. Tre sono associate a una riduzione della sopravvivenza dei pazienti, mentre 2 al suo aumento” racconta Capasso. Tutte insieme potrebbero quindi aiutare a classificare in anticipo i pazienti a rischio maggiore o minore. A seconda della combinazione di varianti alterate presente in ciascun bambino, la prognosi potrebbe variare.
Da un punto di vista pratico, rilevare queste combinazioni potrebbe permettere di diagnosticare il tumore in modo più preciso e di predirne un po’ meglio il possibile andamento. Tuttavia, prima di essere usate in clinica dovranno essere valutate in studi prospettici per monitorarne l’efficacia nel tempo. Nei prossimi anni, il gruppo di Capasso esplorerà anche i risvolti terapeutici di questo ambito di ricerca, grazie a una collaborazione con l’Ospedale Bambino Gesù di Roma. “Vogliamo sviscerare i meccanismi molecolari del sistema immunitario e trovare farmaci specifici per quei pazienti che presentano mutazioni genetiche e rispondono in modo diverso all’immunoterapia” conclude il ricercatore.
Camilla Fiz