Ultimo aggiornamento: 18 settembre 2024
Titolo originale dell'articolo: Enhancer engagement sustains oncogenic transformation and progression of B-cell precursor acute lymphoblastic leukemia
Titolo della rivista: Journal of Experimental & Clinical Cancer Research
Data di pubblicazione originale: 27 giugno 2024
Per migliorare la terapia della leucemia acuta linfoblastica a cellule B potrebbe essere importante analizzare specifici “enhancer”, delle sequenze di DNA con funzione regolatoria che possono promuovere la progressione neoplastica.
I tumori evolvono anche grazie a modifiche nella disposizione dei filamenti di DNA, che alterano in modo indiretto il comportamento dei geni. I cosiddetti “enhancer” sono regioni del genoma che regolano proprio questi aspetti e per questo potrebbero aiutare per sviluppare nuove strategie terapeutiche. Lo dimostrano i risultati, pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, di un recente studio sostenuto da Fondazione AIRC. I dati raccolti mostrano che alcune alterazioni epigenetiche variano durante lo sviluppo tumorale della leucemia acuta linfoblastica a cellule B (BCP-ALL). Il gene DCTD, in particolare, è emerso come un possibile bersaglio molecolare per future terapie.
La leucemia linfoblastica acuta a cellule B è un tumore del sangue frequente in età pediatrica ed è caratterizzato da un’alta percentuale di guarigioni. Tuttavia, circa il 10 per cento dei pazienti va incontro a recidive. “La prognosi è peggiore nei pazienti dove le ricadute della malattia si verificano già durante la terapia o nei primi mesi dopo la sospensione del trattamento” spiega la responsabile dello studio, Valentina Folgiero, dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù a Roma. Soprattutto per questi casi potrebbe essere utile una terapia più efficace rispetto al protocollo tradizionale, che al momento comprende la chemioterapia, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche o la somministrazione di inibitori delle tirosin-chinasi. Presso l’Ospedale Bambino Gesù, diretto da Franco Locatelli, supervisore dello studio e coautore dell’articolo, sono stati coinvolti 40 pazienti, di età media attorno ai 7 anni, che hanno ricevuto una diagnosi di leucemia acuta linfoblastica acuta a cellule B. Dieci di questi pazienti hanno avuto una ricaduta. I risultati ottenuti nei pazienti sono stati poi confrontati con i dati presenti in ampi dataset online e rielaborati tramite analisi svolte al computer.
“I risultati del nostro studio hanno mostrato che gli enhancer subiscono un’attivazione durante la progressione tumorale e contribuiscono ad aumentare l’espressione di geni coinvolti nella patologia” commenta Maurizio Fanciulli, dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena a Roma, che ha collaborato alla ricerca ed è coautore dell’articolo. L’attivazione di queste regioni regolatorie sembra peraltro cambiare con l’avanzare della malattia. In particolare, i ricercatori hanno osservato che tale attivazione raggiunge un picco nelle prime fasi di sviluppo della leucemia, quindi diminuisce nel periodo di remissione per poi crescere di nuovo quando si presenta la recidiva. Queste variazioni nel tempo sembrano avere un effetto diretto sull’espressione di diversi geni coinvolti nella crescita tumorale, tra cui anche DCTD.
“Abbiamo identificato il gene DCTD grazie allo studio sugli enhancer. Si tratta di un gene particolarmente importante perché porta alla produzione di un enzima coinvolto nella proliferazione delle cellule tumorali” spiega Fanciulli. In effetti, alcuni esperimenti hanno mostrato che bloccare l’espressione di DCTD con tecniche di editing genomico riduce la crescita neoplastica. I ricercatori ora intendono continuare a esplorare questa possibilità terapeutica. “Nei prossimi studi cercheremo di valutare se specifici inibitori di questo enzima hanno qualche effetto sulle cellule leucemiche” commenta Folgiero. I risultati hanno anche evidenziato il ruolo cruciale degli “enhancer” nel guidare la crescita della leucemia acuta linfoblastica acuta a cellule B, ragione per cui potrebbero diventare marcatori dello stadio della malattia o apripista per la scoperta di nuovi bersagli terapeutici. Proprio perché il loro profilo di attivazione è molto diverso nei pazienti con questo tipo di tumore rispetto alle persone sane, approfondire lo studio di queste sequenze regolatorie offre la possibilità di sviluppare trattamenti più mirati contro le cellule neoplastiche.
Camilla Fiz