Ultimo aggiornamento: 7 novembre 2019
Titolo originale dell'articolo: Adaptive mutability of colorectal cancers in response to targeted therapies
Titolo della rivista: Science
Data di pubblicazione originale: 7 novembre 2019
Come descritto sulla rivista Science, le cellule tumorali sarebbero capaci di aumentare il numero di mutazioni del proprio DNA – quando trattate con terapie specifiche – fino ad acquisire resistenza.
La resistenza alle terapie è uno dei grandi problemi dell'oncologia. Purtroppo è piuttosto frequente che pazienti che inizialmente rispondono a una cura a un certo punto sviluppino una recidiva: il tumore torna, a volte più aggressivo di prima. Ora, però, i risultati pubblicati sulla rivista Science di uno studio condotto dal gruppo di Alberto Bardelli, dell'Istituto di Candiolo-IRCCS e del Dipartimento di oncologia dell'Università di Torino, chiariscono i dettagli molecolari di uno dei meccanismi coinvolti nel fenomeno: un primo passo fondamentale per il possibile sviluppo di nuove strategie terapeutiche più efficaci e durature.
La resistenza sembra dipendere dalla presenza, nel DNA delle cellule tumorali, di mutazioni che consentono alle cellule stesse di sopravvivere anche quando sono esposte a una certa terapia. “Comunemente si ritiene che queste mutazioni siano preesistenti alla terapia, cioè presenti in alcune delle cellule che compongono la massa tumorale già prima dell'esposizione ai farmaci” spiega Bardelli. In questo senso la comparsa di resistenza sarebbe dunque inevitabile. I risultati ottenuti dai ricercatori e anatomo-patologi di Candiolo, in collaborazione con biologi dell'Università di Harvard, matematici dell'IFOM di Milano e oncologi dell'ospedale Niguarda, sempre a Milano, mostrano tuttavia che possa esserci un'altra causa. Le cellule resistenti possono emergere durante la terapia attraverso un fenomeno chiamato mutagenesi adattativa, in base al quale le cellule tumorali si adattano alle nuove condizioni cambiando il proprio corredo genetico, cioè acquisendo nuove mutazioni che permettono loro di sopravvivere.
“Ci siamo ispirati ai batteri, che in condizioni di stress – come l'esposizione a un antibiotico – aumentano il tasso di mutazioni. Tra queste, alcune possono consentire ai batteri di continuare a crescere nonostante la situazione sfavorevole” racconta Bardelli, il cui lavoro è stato ampiamente sostenuto da Fondazione AIRC. Bardelli e Mariangela Russo, ricercatrice e prima autrice dell’articolo, hanno ipotizzato che potesse accadere lo stesso anche nelle cellule tumorali. Per verificarlo, hanno analizzato comportamenti e caratteristiche molecolari di alcune linee cellulari ricavate da cancro del colon durante il trattamento con farmaci a bersaglio molecolare. Hanno così scoperto che in una frazione di cellule tumorali in grado di sopravvivere alla terapia si verificano, temporaneamente, sia una diminuzione della capacità di riparare danni del DNA, sia un aumento degli errori che vengono introdotti durante la duplicazione del DNA stesso. “Nel complesso questo porta a un accumulo di mutazioni, tra le quali possono comparire quelle responsabili della resistenza. Proprio come nei batteri.”
La scoperta, confermata anche da osservazioni su tessuti prelevati da pazienti, potrebbe aprire la strada a significative ricadute cliniche. Se la resistenza dipende anche da un processo che si attiva durante il trattamento, significa che si può cercare di rallentarla o addirittura prevenirla lavorando sui meccanismi molecolari alla base di questo processo.