La strategia antitumorale che colpisce forme alternative del DNA

Ultimo aggiornamento: 3 settembre 2024

La strategia antitumorale che colpisce forme alternative del DNA

Titolo originale dell'articolo: Unlocking the potential of protein-derived peptides to target G-quadruplex DNA: from recognition to anticancer activity

Titolo della rivista: Nucleic Acids Research

Data di pubblicazione originale: 8 luglio 2024

Un gruppo di ricercatori sostenuti da AIRC ha individuato 3 potenziali agenti antitumorali che interagiscono con alcune forme alternative del DNA, le G-quadruplex, suggerendo una nuova direzione di ricerca per una strategia terapeutica innovativa.

In futuro, i farmaci in grado di interagire con il DNA delle cellule tumorali e alterarne il funzionamento potrebbero essere affiancati da quelli che interagiscono con le strutture di DNA a quadrupla elica, o G-quadruplex (G4), con un’azione potenzialmente più mirata ed efficace. Il gruppo di ricerca dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”, guidato da Bruno Pagano, ha di recente sviluppato alcuni agenti terapeutici che potrebbero contribuire a raggiungere questo obiettivo. Si tratta di 3 peptidi, chiamati Myb397-415, MybA400 e MybA412, derivati dalla proteina Rap1. Insieme hanno prodotto un effetto antitumorale in esperimenti di laboratorio e, se ulteriormente validati in ulteriori studi, potrebbero aiutare a superare alcuni problemi che finora hanno ostacolato la sperimentazione di farmaci contro le strutture G4 nei pazienti oncologici. I risultati dello studio, svolto grazie al sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista Nucleic Acids Research.

Nelle strutture G4, i filamenti di DNA non sono disposti nella classica forma a doppia elica con cui tipicamente pensiamo a questa molecola: sono invece disposti a quadrupla elica. Strutture G4 si trovano soprattutto nel genoma delle cellule tumorali e, a seconda di dove si formano all’interno del DNA, possono essere coinvolte in vari processi cellulari. Tra questi vi è il mantenimento dei telomeri, ovvero delle regioni terminali dei cromosomi che contribuiscono alla corretta replicazione del materiale genetico durante la divisione cellulare. Oppure possono interferire con la regolazione di geni che promuovono la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule tumorali. Proprio per la particolare struttura di queste quadruple eliche, “i farmaci che agiscono sulle G4 permetterebbero di colpire in modo più mirato le cellule tumorali e ridurre la tossicità dei trattamenti rispetto alle terapie contro il DNA a doppia elica” afferma Pagano. L’idea alla base di questo approccio terapeutico è sviluppare farmaci che riescano a legare e stabilizzare in modo selettivo le strutture G4, per poi promuovere l’accumulo di danni al DNA nelle cellule tumorali e indurre la loro stessa morte. Il meccanismo di per sé è stato dimostrato in alcuni studi sperimentali, ma gli agenti terapeutici individuati finora non hanno funzionato come sperato. Uno dei motivi del fallimento sembra essere la difficoltà, per tali agenti, di attraversare le membrane cellulari, che sono molto selettive, e quindi di raggiungere le G4 per poter innescare il processo antitumorale.

Per sviluppare una nuova strategia più funzionale, il gruppo di ricerca ha scelto di utilizzare alcuni peptidi. Si tratta di piccoli pezzi di proteine con cui è possibile combinare l’elevata specificità delle proteine stesse nel riconoscere i bersagli molecolari, con le piccole dimensioni che ne facilitano il movimento intracellulare. In particolare, i ricercatori si sono focalizzati su peptidi derivati da una regione della proteina Rap1, nota per essere in grado di legare le G4. Hanno quindi studiato nel dettaglio le interazioni di tali peptidi con le G4 e, dopo numerosi esperimenti, hanno individuato i 3 peptidi che sembravano più promettenti a fini terapeutici: Myb397-415, MybA400 e MybA412. A quel punto il gruppo di ricerca ha dovuto affrontare il problema di come veicolare tali molecole all’interno delle cellule tumorali. Come spiega Pagano: “Abbiamo coniugato i 3 peptidi con un’altra breve sequenza peptidica, in grado di attraversare le membrane cellulari e di portare quindi altre molecole all’interno delle cellule”. Grazie a questo mezzo di trasporto, i peptidi individuati riuscivano a produrre un effetto antineoplastico in cellule tumorali in coltura.

“Le 3 molecole hanno mostrato di poter uccidere diversi tipi di cellule neoplastiche. L’attività citotossica si può ricondurre a un meccanismo che dipende dalla stabilizzazione delle G4 a livello dei telomeri” commenta il ricercatore. “Questi peptidi potrebbero essere efficaci contro diversi tipi di tumori ed essere promettenti candidati per lo sviluppo di nuove terapie antitumorali.” Dunque, i risultati dello studio da un lato hanno provato in laboratorio l’efficacia del trattamento, dall’altra suggeriscono la direzione futura della ricerca in questo ambito. Perché i 3 agenti terapeutici possano entrare nella pratica clinica, la loro efficacia e sicurezza dovrà essere testata in ulteriori esperimenti con cellule in coltura e animali di laboratorio, e successivamente in studi clinici con pazienti oncologici.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/