La possibile seconda vita del budesonide per la cura del tumore al pancreas

Ultimo aggiornamento: 5 settembre 2024

La possibile seconda vita del budesonide per la cura del tumore al pancreas

Titolo originale dell'articolo: Three-dimensional environment sensitizes pancreatic cancer cells to the anti-proliferative effect of budesonide by reprogramming energy metabolism

Titolo della rivista: Journal of Experimental & Clinical Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 14 giugno 2024

È stata identificata in laboratorio una promettente azione antitumorale nel budesonide, un farmaco antinfiammatorio comunemente usato per prevenire l’asma cronico.

Il budesonide è uno dei farmaci più comunemente usati per prevenire l’asma cronico, ma potrebbe essere efficace anche per curare il tumore al pancreas, un tipo di neoplasia di solito molto aggressivo e difficile da trattare. È quanto emerge dal recente studio del gruppo di ricerca di Gabriella Minchiotti, dell’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Napoli. Nei loro esperimenti di laboratorio il budesonide sembra avere ridotto la crescita delle cellule di tumore al pancreas. I risultati della ricerca, svolta con il sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati a giugno 2024 sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.

L’effetto antitumorale del budesonide è una novità per la comunità scientifica. “Oggi negli studi sul budesonide si considera soprattutto la sua azione antinfiammatoria nel contesto delle malattie dell’apparato respiratorio o gastrointestinale. Con il nostro lavoro, abbiamo dimostrato che questo farmaco può fare qualcosa in più” afferma Gabriella Minchiotti. Per lei e i suoi colleghi, dedicarsi a questo progetto è stato come unire alcuni punti tra evidenze scientifiche e circostanze fortuite. Nel 2017 i risultati di uno studio spagnolo avevano mostrato che la percentuale di casi di tumore al pancreas è minore tra i pazienti con asma cronica, che spesso assumono budesonide, rispetto alla popolazione generale. Due anni più tardi, il gruppo di ricerca di Minchiotti aveva osservato che il medicinale poteva produrre effetti cellulari diversi da quelli già noti, antinfiammatori. Come spesso succede, il progetto è poi partito da uno scambio di idee tra colleghi. “In occasione di un seminario nel nostro istituto, abbiamo presentato i nostri risultati a un collega esperto di tumore pancreatico. È stato lui a esortarci ad approfondire la relazione tra budesonide e tumore al pancreas” racconta la ricercatrice.

In genere, nelle prime fasi di ricerca, le nuove terapie vengono studiate in cellule tumorali in coltura. In pratica si tratta di cellule che crescono, immerse in un apposito terreno di coltura in una capsula di plastica, chiamata piastra Petri, in un singolo strato. Secondo i primi risultati, in queste condizioni il budesonide era in grado di ridurre la capacità delle cellule tumorali di muoversi, e quindi potenzialmente di formare metastasi, ma non di bloccarne la proliferazione. A questo punto, i ricercatori hanno deciso di cambiare strategia, perché “nella realtà le cellule non crescono così semplicemente, ma sono immerse in una complessa struttura in tre dimensioni, con molti altri tipi di cellule”, come ha commentato la ricercatrice. “Negli ultimi anni la comunità scientifica si sta rendendo conto che la condizione tridimensionale offre maggiori possibilità di riprodurre come le cellule crescono nell’organismo, e dunque anche di studiarne diversi aspetti, tra cui, come nel nostro caso, il metabolismo.” Il gruppo di ricerca ha così valutato il budesonide in colture cellulari in tre dimensioni, dove hanno assunto una forma simile a una sfera. Hanno così osservato una significativa capacità del farmaco di bloccare la proliferazione delle cellule tumorali. In animali di laboratorio, il farmaco ha poi prodotto un effetto paragonabile a quello della gemcitabina, il chemioterapico più utilizzato per il trattamento del cancro al pancreas. “In base ai nostri risultati sperimentali, il budesonide è in grado di innescare una sorta di conflitto metabolico, che impedisce la crescita delle cellule cancerose quando queste si trovano in una coltura tridimensionale” spiega Minchiotti.

I risultati hanno quindi mostrato che questo medicinale potrebbe avere un’azione antitumorale. Tuttavia, sono ancora presenti diversi interrogativi sulla sua efficacia e modalità d’uso. “Al momento stiamo studiando come il farmaco influenza il comportamento delle cellule cancerose e la loro capacità di formare metastasi. Vorremmo poi analizzare il suo effetto in altri tipi di neoplasie” specifica Minchiotti.

Se i risultati venissero confermati anche nei pazienti, in oncologia il budesonide potrebbe essere usato per trattare il tumore al pancreas, per esempio in combinazione alla gemcitabina, o per prevenirne lo sviluppo. Dal momento che il farmaco è già in commercio, anche se per un utilizzo diverso, e produce effetti collaterali contenuti, potrebbe anche essere possibile ridurre i tempi del lungo e articolato percorso che separa la ricerca di laboratorio dall’approvazione per uso clinico di nuove terapie. Come conclude la ricercatrice: “Così si accelera il passaggio dal laboratorio al letto del paziente”.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/