Il fumo passivo aumenta il rischio di tumore al seno

Ultimo aggiornamento: 3 ottobre 2024

Il fumo passivo aumenta il rischio di tumore al seno

Titolo originale dell'articolo: Exposure to second-hand smoke and breast cancer risk in non-smoking women: a comprehensive systematic review and meta-analysis

Titolo della rivista: British Journal of Cancer

Data di pubblicazione originale: 28 giugno 2024

Secondo una recente metanalisi, l’esposizione al fumo passivo aumenta il rischio di sviluppare il tumore al seno per le donne non fumatrici. L’incremento della percentuale di rischio è paragonabile a un consumo moderato e quotidiano di alcolici.

Il rischio di sviluppare un tumore al seno è di quasi il 25 per cento in più per le donne che, pur non fumando, sono esposte al fumo passivo, rispetto a coloro che non lo sono. Il dato è riportato in un’ampia e aggiornata metanalisi condotta dal gruppo di ricerca di Silvano Gallus e Alessandra Lugo presso l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Lo studio è nato dal confronto di più di 60 studi epidemiologici i cui risultati sono stati raccolti nel corso degli ultimi vent’anni. In tutti gli lavori analizzati è stata valutata l’associazione tra esposizione al fumo passivo e insorgenza del tumore al seno. Alcune delle variabili considerate sono il luogo e gli anni di esposizione, ma anche fattori genetici e fisiologici, compresa la menopausa. I risultati dello studio, svolto con il sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sul British Journal of Cancer.

“Il fumo passivo contiene oltre 4.000 composti, di cui almeno 40 sono potenzialmente cancerogeni per gli esseri umani” spiega Lugo. Sostanze come la nicotina, il benzene o l’arsenico possono raggiungere le cellule del tessuto mammario ed essere attivate da specifici enzimi che promuovono l’insorgenza neoplastica. Se l’esposizione continua per mesi o anni, il rischio di sviluppare un tumore al seno aumenta in modo progressivo. Quanto più a lungo si è esposti, tanto più cresce la probabilità che si verifichi una qualche alterazione genetica o epigenetica che non viene riparata e per questo persiste” spiega Lugo. “Dalla nostra metanalisi emerge che, dopo 40 anni di esposizione al fumo passivo, il rischio di cancro al seno per una donna non fumatrice cresce fino a quasi il 30 per cento in più rispetto a una donna che non è esposta.”

Gran parte degli studi presi in considerazione nell’analisi ha riportato come principali luoghi di esposizione la casa e il posto di lavoro. “Gli ambienti chiusi sono sempre stati di particolare interesse per gli epidemiologi, perché gli effetti del fumo passivo in questi spazi sono più rilevanti rispetto che all’aria aperta.” Lugo aggiunge: “Per le persone a cui è richiesto di riportare il proprio tipo di esposizione, per esempio in un questionario di uno studio epidemiologico, è spesso più semplice descrivere quella avvenuta nei luoghi in cui trascorre la maggior parte del tempo, come appunto la casa e il posto di lavoro”.

Altri risultati della metanalisi relativi alla menopausa sono invece ancora da chiarire. “È emerso che l’eccesso di rischio di tumore al seno associato all’esposizione al fumo passivo è più alto nelle donne in pre-menopausa rispetto a quelle in post-menopausa, ma la differenza non è statisticamente significativa” riporta Lugo. Rispetto ai risultati sui tempi e i luoghi a maggiore rischio di esposizione, i pochi studi che hanno analizzato queste variabili non permettono di giungere a solide conclusioni, ma indicano gli ambiti di ricerca da approfondire nei prossimi anni. “Questi dati potranno essere confermati soltanto con metanalisi basate su un maggiore numero di studi originali sul tema” commenta la ricercatrice.

Rimane però la certezza che il fumo passivo è uno dei principali fattori di rischio per il tumore al seno: comporta un aumento del rischio paragonabile al consumo moderato e quotidiano di alcol (all’incirca un bicchiere di vino o una lattina di birra al giorno). Conclude Lugo: “Il fumo passivo è ancora più rilevante se si considera la sua diffusione a livello globale: il 35 per cento delle donne non fumatrici è esposto a questo fattore di rischio, un numero ben superiore al 25 per cento delle donne che consumano bevande alcoliche”.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/