Enza ha deciso di onorare la memoria del marito completando il suo lavoro di ricerca storica, ma anche sostenendo e dedicando a lui un Investigator Grant di Fondazione AIRC. Conosce la ricercatrice che ne è destinataria, scoprendo che con lei ha molte affinità.
Sabato 2 agosto 1494 un medico di Norimberga, il dottor Hieronymus Münzer, lasciava la sua città per un lungo viaggio attraverso tutta l'Europa occidentale. Più di cinque secoli dopo, un ex imprenditore con la passione per la storia ha ricostruito il suo peregrinare. L’ex imprenditore si chiamava Silvio, è mancato a causa di un tumore nel 2019. E oggi è sua moglie Enza ad aver raccolto il suo lavoro da storico, non di professione ma tutt’altro che dilettante, per dargli la forma di un libro e farlo conoscere.
“Era figlio unico. Quando suo padre si è ammalato di cancro ai polmoni è stato necessario abbandonare la storia e dedicarsi all’azienda di famiglia”, ricorda Enza.
Anche lei, che aveva lavorato nello studio dell’architetto Osvaldo Borsani per qualche anno, lo segue. Cominciano la loro vita insieme. Fatta di quotidianità, lavoro e tanti viaggi. Per le attività legate all’azienda, per vacanza. Ma non solo: la passione per la storia non aveva abbandonato Silvio. “C’era sempre un libraio, un mercatino o un museo da visitare perché mio marito accarezzava l’idea di studiare il Rinascimento italiano”, ricorda Enza. “È stata una vita abbastanza unica, me ne rendo conto solo ora. Ma allora mi sembrava l’unico modo di vivere il matrimonio”.
Alla soglia dei 70 anni, Silvio decide di cedere l’azienda e dedicarsi finalmente anima e corpo alla storia. Ma proprio quando aveva appena pubblicato il suo primo lavoro arriva il cancro.
“Si immagina sempre di andare avanti insieme. Tra mille acciacchi, sì. Ma insieme. A un certo punto si scopre che non è così”, dice Enza per cui la perdita del compagno di una vita è un colpo durissimo. Ma è forte e riesce a darsi una scossa: portare a termine il lavoro di ricerca storica che Silvio aveva lasciato incompiuto a un passo dal traguardo diventa la sua più forte motivazione. «È sempre stato un intellettuale: voglio che non vada completamente dimenticato», dice.
Enza decide di perpetuare la memoria di Silvio anche in un altro modo: sostenendo un importante progetto di ricerca di Fondazione AIRC con un finanziamento in memoria di Silvio. In questo caso, però, non è solo la volontà di onorare la memoria del marito a muoverla: «Ho deciso che si deve fare qualcosa perché in futuro qualcuno in più possa essere curato. Non possiamo sconfiggere la morte, ma la malattia sì, la malattia dobbiamo cercare di sconfiggerla”, dice. Il suo sostegno alla ricerca, prosegue Enza, “è dare una possibilità di vita a persone che non conoscerò mai perché sarò su una nuvoletta. Sostenendo la ricerca diamo vita”.
Il progetto di ricerca sostenuto da Enza è l’Investigator Grant, un finanziamento rivolto a ricercatori consolidati della durata di 5 anni e che la comunità di ricercatori AIRC considera la “spina dorsale” della ricerca oncologica italiana. La destinataria del finanziamento è Licia Rivoltini, all’Istituto dei Tumori di Milano, che col suo progetto sta cercando di capire in che modo si possa rendere il cancro più vulnerabile alle cure.
“Nel corso degli anni abbiamo identificato una particolare popolazione di cellule immunitarie nel sangue che influenzano in negativo la capacità dell’organismo di combattere i tumori”, spiega Rivoltini. “I pazienti con molte cellule di questo tipo tendono a non rispondere ai trattamenti, per esempio alle immunoterapie”. Lo studio sta verificando se cambiamenti di breve termine negli stili di vita, come pochi giorni di regime alimentare a bassissimo contenuto calorico o l’attività fisica moderata, siano in grado di ridurre la quantità di queste cellule. “I primi dati già pubblicati mostrano che queste cellule infiammatorie negative si riducono, mentre aumenta la risposta contro il tumore”, prosegue la ricercatrice. “Se questi risultati saranno confermati è possibile ipotizzare che in futuro, queste misure, possano essere integrate nei trattamenti”.
Nei mesi scorsi, Licia Rivoltini ha aperto le porte del suo laboratorio a Enza.
“C’è stata subito empatia”, ricorda la donatrice. “Mi è piaciuta come persona oltre che come ricercatrice e ho scoperto che, per certe cose, la sua vita era molto simile alla mia: era una donna indipendente, avrebbe voluto dipingere e frequentare l’accademia di Brera come me; insieme con suo marito ha potuto vivere una vita dedicata a ciò che le piaceva”. E anche lei ha perso il marito Enzo a causa del cancro.
Per la dottoressa Rivoltini le sensazioni sono speculari. E coglie perfino un’altra affinità nelle loro storie: suo figlio, Zeno, studia storia, quella che era stata la grande passione di Silvio.
Per la ricercatrice c’è però qualcosa in più: “Sentiamo sempre la responsabilità di ricevere nelle nostre piccole mani la speranza di tanta gente che condivide i nostri obiettivi e ci aiuta, spesso perché ha vissuto storie familiari e sa che c’è bisogno di supportare la ricerca”, dice.
Ma questa volta è diverso: il donatore è uno soltanto e ha un volto: “la signora ha scelto il nostro progetto rispetto ad altri investendo molto. Questo mi ha fatto emozionare e caricato di ulteriore responsabilità. Allo stesso tempo, però, è stato gratificante sentire che qualcuno ringraziava per lo sforzo e la fatica che mettiamo nel nostro lavoro”, conclude. “Ci ha fatto sentire orgogliosi”.