Istituita per volontà dell’imprenditrice Alessandra Panciera, sostiene la ricerca sul cancro attraverso l’erogazione di borse di studio per l’estero destinate a giovani ricercatori.
A Padova in molti la chiamavano “la Signorina” perché non si era sposata e non aveva avuto figli. Ma l’appellativo rende poco alla figura di Alessandra Panciera, una donna che alla morte del padre, a 26 anni, aveva preso le redini dell’azienda di famiglia dedita all’estrazione del caolino. Lei, donna - e per giunta giovane - in un mondo di uomini.
Persona colta, originale e sensibile, con una grande passione per la caccia e l’equitazione, alla sua morte, nel febbraio 2018, Alessandra Panciera, ha disposto che una parte dei suoi averi confluisse in una fondazione che perseguisse fini di utilità sociale. Tra queste, anche la ricerca sul cancro, che la “Fondazione Ezio, Maria e Bianca Panciera” sostiene attraverso l’erogazione di borse di studio per l’estero destinate a giovani ricercatori selezionati dalla Fondazione AIRC.
«Quella della fondazione era un’idea che la dottoressa Panciera aveva già fatto trapelare in vita», racconta l’avvocato Andrea Cevese, esecutore testamentario e presidente della fondazione. «Ma ne abbiamo scoperto i dettagli soltanto al momento dell’apertura del testamento». In esso veniva indicata la volontà di istituire borse di studio, con particolare interesse alla cura del cancro, al fine di permettere agli studenti di frequentare specializzazioni all’estero.
«Alessandra aveva a cuore i giovani. Essendo di grandissima intelligenza e molto aperta, riteneva che la possibilità di andare all’estero costituisse un passaggio cruciale per la formazione professionale», spiega Cevese. «Soprattutto, credeva nella “religione” della meritocrazia».
«Nella sua famiglia, così come nella mia, si dava molto importanza a questa parola. Che in quegli anni non godeva di molto favore», ricorda l’avvocato Francesca Mazzonetto, esecutrice testamentaria e vicepresidente della fondazione, ma anche cugina di Alessandra Panciera.
È questa attenzione al merito che nell’ottobre 2019 ha portato la fondazione a rivolgersi a Fondazione AIRC.
«All’inizio non escludevamo di creare un comitato scientifico che valutasse le richieste di borse di studio», ricorda l’avvocato Cevese. «Ci siamo confrontati con alcuni docenti universitari, finché uno di essi ci ha assicurato che il lavoro di selezione fatto da AIRC è molto rigoroso. Ci è sembrato saggio non duplicare una funzione che già AIRC faceva egregiamente».
Ci si capisce subito: «AIRC mi ha colpita perché si è subito dimostrata pronta ad ascoltarci e fare proposte», ricorda Francesca Mazzonetto. E Cevese aggiunge: «È importante che anche le realtà del terzo settore valorizzino l’efficienza, la professionalità e la velocità tipica del mondo imprenditoriale».
In pochi mesi si concretizza la prima collaborazione: una borsa di studio bandita nel 2020 e vinta da una giovane ricercatrice vicentina, Roberta Peruzzo, che trascorrerà due anni negli Stati Uniti, alla University of California di Berkeley, per studiare come il metabolismo tumorale contribuisca alla crescita di alcuni tipi di cancro aggressivi, come quello al rene e al pancreas.
A partire dal 2021, invece, le borse bandite ogni anno saranno tre: come voluto dalla dottoressa Panciera, due intitolate a Ezio, Maria e Bianca Panciera e una intitolata al Professor Piergiuseppe Cevese, grande amico della dottoressa e celebre chirurgo dell’Università di Padova.
Intanto, i due rappresentanti della fondazione hanno già conosciuto la ricercatrice che ha beneficiato della borsa bandita nel 2020. «Mi è sembrata una persona determinata e coraggiosa. Credo che sarebbe piaciuta alla dottoressa Panciera», dice l’avvocato Mazzonetto.
Positivo il giudizio anche di Cevese: «Per noi è importante poter avere un riscontro di come vengono spesi i soldi. Le risorse della fondazione non sono illimitate e perciò sono preziose. È fondamentale sapere che sono spese bene e investite nelle persone giuste. Inoltre, ci ha fatto piacere che ad aggiudicarsi la borsa sia stata una persona laureata in un’università del Veneto», aggiunge l’avvocato. «E che sia una donna. Alessandra Panciera si lamentava spesso della fatica e degli ostacoli che ha dovuto superare, in quanto donna, per potersi affermare come imprenditrice. È bello vedere che, finalmente, nel mondo della ricerca e del lavoro le cose stanno cambiando».