Ultimo aggiornamento: 11 maggio 2020
A due mesi dall’inizio dell’emergenza COVID-19, gli esperti nella cura del cancro hanno individuato i punti critici e proposto soluzioni per la salvaguardia dei pazienti oncologici
A due mesi dall’inizio dell’emergenza, è ormai chiaro che la pandemia COVID-19 ha effetti su tutti gli ambiti della vita quotidiana. La sanità è il settore messo più duramente alla prova e difficilmente potrà tornare a breve alla piena normalità. Alla luce delle esperienze accumulate e delle iniziative di maggiore successo, anche le metodologie di assistenza ai pazienti oncologici sono cambiate e le società scientifiche italiane e internazionali hanno messo a punto alcune importanti linee guida che potranno essere valide in futuro. Vediamo quali sono le misure adottate per limitare l’impatto sui malati di cancro.
I pazienti oncologici sono particolarmente vulnerabili all’infezione perché spesso, a causa della malattia e delle cure, sono immunodepressi, anche se, in base ai report scientifici pubblicati praticamente ogni giorno man mano che le conoscenze si accumulano, forse la malattia in sé non è un fattore di rischio per complicanze. Queste compaiono, infatti, soprattutto in pazienti che hanno altre malattie concomitanti o si trovano nelle fasi immediatamente successive alla chemioterapia, come segnala una recente pubblicazione su Nature Medicine.
D’altra parte, non sempre il tumore può aspettare: alcuni interventi chirurgici e trattamenti vanno praticati con tempistiche non differibili. Dopo un primo momento di comprensibile incertezza, il messaggio fondamentale arrivato da varie società scientifiche e organizzazioni dedicate alla cura del cancro è che ogni decisione va presa considerando le caratteristiche individuali del singolo paziente: bisogna bilanciare i potenziali benefici delle terapie oncologiche con il rischio di ammalarsi di COVID-19, basandosi sui dati disponibili e sull’esperienza e usando buon senso.
Per esempio, per un paziente che ha terminato le terapie andare in ospedale ed entrare in contatto con persone potenzialmente contagiose è più pericoloso che rimandare una visita di controllo. Al contrario, per un paziente con diagnosi recente l’intervento di rimozione del tumore può fare la differenza in termini di prognosi. Sta ai medici definire, caso per caso, la scelta più vantaggiosa per il paziente e stabilire le priorità in base al tipo di tumore, allo stadio della malattia e alle opzioni terapeutiche.
L’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), l’Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica (AIRO) e la Società italiana di ematologia (SIE) in un appello congiunto hanno ribadito che il cancro va curato in tutte le fasi di malattia e hanno incoraggiato i pazienti a rivolgersi con fiducia e serenità alle loro strutture di riferimento. Hanno inoltre invitato le istituzioni nazionali e regionali a facilitare l’attivazione di protocolli specifici per la protezione dal contagio per i pazienti malati di cancro (come per tutti i pazienti particolarmente vulnerabili).
Tutte le strutture sanitarie hanno dovuto introdurre una serie di misure precauzionali per evitare di diventare luoghi di diffusione del virus. Questi provvedimenti sono particolarmente importanti per tutelare la salute di soggetti a rischio come i malati oncologici.
La Società americana di oncologia clinica (ASCO) ha elaborato diverse indicazioni utili per riorganizzare adeguatamente gli spazi e gli appuntamenti.
Raccomandazioni molto simili a quelle prodotte da ASCO sono state formulate dall’AIOM in associazione con il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (CIPOMO) e dal Collegio degli oncologi medici universitari (COMU). È importante che le persone colpite da un tumore vengano correttamente informate sui cambiamenti nelle strategie di cura e sulle ragioni per cui questi cambiamenti sono stati decisi.
Un consorzio di grandi centri oncologici di tutto il mondo, di cui fa parte anche l’Istituto dei tumori di Milano, ha pubblicato su Nature Medicine le proprie raccomandazioni, frutto dell’esperienza pratica accumulata in questi mesi. Queste le loro raccomandazioni talora aggiuntive rispetto a quanto finora già detto:
Lo stesso consorzio di centri ha adottato uno schema prodotto dal National Health Service (il sistema sanitario pubblico della Gran Bretagna) che consente di valutare quanto urgente è una terapia farmacologica, la radioterapia o un intervento chirurgico, sulla base delle sue probabilità di successo e dei rischi che corrono i malati se viene rimandata. In questo modo il medico e il paziente possono scegliere insieme cosa è meglio fare con il supporto di linee guida appropriate.
Per garantire l’assistenza ai pazienti gli ospedali devono funzionare. Bisogna però impedire che il coronavirus entri nei luoghi di cura e si diffonda al loro interno. Il personale deve essere ben addestrato su come prevenire e controllare l’infezione e devono essere utilizzati dispositivi di protezione individuale di qualità.
La Società europea di oncologia medica (ESMO) ha suggerito di far ruotare il personale che assiste i malati di cancro su turni che tengano conto del periodo di incubazione del virus: in questo modo, l’eventuale contagio di un medico o di un infermiere renderebbe necessario mettere in quarantena solo un gruppo di operatori sanitari, mentre gli altri rimarrebbero a disposizione del reparto. Anche alcuni centri italiani stanno adottando questa precauzione.
Affrontare una diagnosi di tumore è sicuramente un trauma. Lo stress psicologico legato alla scoperta di essere malati si somma a quello sperimentato da tutta la popolazione per via della pandemia e delle sue conseguenze.
Le società scientifiche raccomandano di tener conto di questa problematica: fornire alla persona che si ammala tutte le informazioni, nel modo più chiaro possibile, è uno strumento per migliorarne il benessere. Allo stesso tempo, i malati devono essere aiutati ad accettare gli inevitabili cambiamenti, come quello di non poter parlare sempre con lo stesso medico per via dei cambi nei turni: si tratta di una scelta per proteggere i medici, ma anche i pazienti.
Molti centri oncologici italiani hanno potenziato i servizi informativi e quelli di supporto psicologico, forniti via telefono o videochiamata, per i pazienti con tumore e per le loro famiglie.
Il contesto che si è venuto a creare ha in effetti accelerato quella che potrebbe essere un’evoluzione delle prestazioni sanitarie a distanza, attraverso telefono, computer e app che consentono di registrare i sintomi dei pazienti e i risultati degli esami del sangue o di altre prestazioni di controllo. In un articolo pubblicato sulla rivista ESMO Open, un gruppo di giovani medici italiani ha scritto: “Da giovani oncologi che vivono nell’era della tecnologia e dei social media, questo momento difficile può servire per introdurre la telemedicina, quando è possibile e fattibile”.
L’Istituto superiore di sanità ha prodotto un documento di guida all’uso della telemedicina che contempla espressamente il caso dei pazienti oncologici e sottolinea come il consulto a distanza possa essere attuato solo se sussistono determinate condizioni: la connettività e le dotazioni tecniche della persona malata devono essere sufficienti per il teleconsulto e la persona deve essere in grado di gestire il collegamento. Per queste ragioni, specie nel caso di persone anziane, è meglio usare la classica telefonata, piuttosto che la videochiamata, anche se quest’ultima consente una maggiore interazione.
I pazienti possono essere monitorati mediante contatti regolari tramite telefono, SMS, posta elettronica o app. Diversi studi dimostrano che essere contattati dal proprio medico o dal proprio reparto di riferimento è molto rassicurante ed è anche un sollievo dalla sensazione di solitudine.
È bene ricordare anche che tutte le Regioni italiane hanno accelerato la dematerializzazione delle ricette: questo significa che, a seconda del sistema regionale, il malato può ricevere le ricette via mail, via sms o richiederne l’invio direttamente presso la farmacia più vicina (una soluzione molto utile per le persone anziane o non abituate agli strumenti tecnologici). In questo modo si possono avere i farmaci e le impegnative per eventuali esami del sangue senza doversi recare dal medico.
La telemedicina non può essere l’unico futuro della medicina, data l’importanza del rapporto che, soprattutto in oncologia, si instaura tra medico e paziente, ma gli esperti sottolineano il valore della comunicazione elettronica come strumento per far fronte alle emergenze e migliorare l’assistenza in questo momento difficile.
ESMO ha pubblicato anche alcune indicazioni generali per le sperimentazioni farmacologiche in oncologia, in cui sottolinea, di nuovo, la necessità, nel valutare eventuali cambiamenti nelle strategie di cura, di considerare il rapporto tra rischi e benefici per il singolo paziente.
Agenzia Zoe