Tre sperimentazioni cliniche che porteranno le prossime innovazioni in oncologia secondo Nature

Ultimo aggiornamento: 20 gennaio 2025

Tre sperimentazioni cliniche che porteranno le prossime innovazioni in oncologia secondo Nature

Sono in corso 3 sperimentazioni cliniche molto promettenti per la prevenzione e il trattamento di alcuni tipi di tumore, secondo alcuni esperti intervistati sulla rivista Nature Medicine.

Nei prossimi anni, i risultati di 3 studi clinici in corso potrebbero cambiare la cura del tumore alla prostata e la prevenzione del tumore al seno e alla cervice uterina, secondo un gruppo di esperti intervistati sulla rivista Nature medicine. In attesa della pubblicazione dei risultati definitivi, già oggi queste sperimentazioni promettono una ricerca oncologica sempre più precisa e mirata, grazie all’utilizzo di nuovi dati e tecnologie.

La possibile svolta dei radiofarmaci

Secondo Oliver Sartor, oncologo clinico della Mayo Clinic di Rochester (Minnesota, Stati Uniti d’America), il radiofarmaco 177Lu-PSMA-617 potrebbe portare un’innovazione nella cura del tumore alla prostata. Presente in commercio con il nome Pluvicto, il medicinale è conosciuto e studiato da una quindicina di anni, ma solo di recente il suo sviluppo ha subito una forte accelerazione.

Nel 2022 l’ente statunitense per la regolamentazione dei farmaci, l’FDA (Food and Drug Administration), ha approvato l’utilizzo del radiofarmaco dopo la chemioterapia, per determinati pazienti con tumore alla prostata. In seguito, il farmaco è stato approvato da parte di EMA, e in Italia AIFA ne ha approvato la possibile rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale. Ora in diversi studi clinici, tra cui PSMAfore, coordinato da Sartor e sponsorizzato dall’azienda farmaceutica Novartis, si sta valutando l’efficacia del radiofarmaco in una fase precedente del percorso di cura. La speranza è che la nuova terapia possa far aumentare la sopravvivenza dei pazienti con tumore alla prostata. In tal caso potrebbe anche diventare una valida alternativa alla cura ormonale standard con gli inibitori del recettore degli androgeni, che per gli effetti secondari scoraggia molti pazienti. Si potranno trarre conclusioni, però, soltanto dopo la diffusione dei risultati delle sperimentazioni ancora in corso.

Prevedere il rischio individuale di tumore, non solo in base all’età

Effettuare gli screening del tumore al seno in maniera più precisa e mirata è l’obiettivo dello studio clinico coordinato da Suzette Delaloge, dell’istituto Gustave Roussy di Parigi, in Francia.

I servizi sanitari di diversi Paesi stabiliscono le età a cui iniziare gli esami di screening per la diagnosi precoce e i tempi in cui ripetere gli esami, in base a stime sulle fasce di età a maggiore rischio di sviluppare un tumore. In Italia le donne sono invitate a sottoporsi alla mammografia ogni 2 anni a partire dai 50 anni fino ai 69 circa (in alcune Regioni dai 45 o fino ai 74 anni). La frequenza e il tipo di esami da effettuare possono variare in caso di familiarità per la malattia o di mutazioni predisponenti. Questo tipo di screening è stato messo a punto nel tempo, con lo scopo di diagnosticare precocemente il maggior numero di tumori al seno ed essere allo stesso tempo sostenibile e realizzabile su larga scala, dato che la popolazione a cui viene offerto è molto vasta. È comprensibile quindi che si rischi così di trascurare alcune variazioni del rischio a livello individuale. L’obiettivo dello studio clinico MyPeBS è invece calcolare il rischio di tumore mammario di ciascuna paziente, considerando non soltanto soltanto l’età, ma numerosi altri parametri, come la densità del seno, l’assetto genetico e la storia riproduttiva e ormonale.

Come sottolinea Suzette Delaloge, lo scopo ultimo è individuare le donne tra i 40 e 70 anni che sono ad alto o basso rischio di tumore al seno al fine di introdurre misure più intensive per le prime ed evitare esami non necessari alle seconde. Solo al termine dello studio clinico, previsto per la fine del 2027, si potrà verificare l’efficacia e la sostenibilità del possibile nuovo metodo, rispetto al programma di screening tradizionale, ed eventualmente valutare in quali contesti utilizzarlo.

Una chat per facilitare lo screening

In Francia, uno studio clinico sperimenterà se una chatbot, un sistema automatizzato di messaggistica, possa aumentare l’adesione al programma nazionale di screening per il tumore alla cervice uterina. Secondo Farida Selmouni, a capo del progetto presso l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione, questo sistema potrebbe aiutare a ridurre l’incidenza e la mortalità per questa patologia oggi prevenibile.

In Italia e altri Paesi il servizio sanitario nazionale invita con regolarità le donne dai 30 anni in su a svolgere il test HPV per la prevenzione del tumore alla cervice uterina. In Francia è prevista una spinta in più: a coloro che non svolgono l’esame in una struttura ospedaliera entro un anno dal primo invito, viene consegnato per posta un kit per effettuarlo in autonomia da casa. Per ricevere l’esito è richiesto alle persone di inviare in laboratorio il campione raccolto in autonomia. Nonostante l’incentivo, però, continuano a essere poche le donnemeno di 1 su 5che partecipano al programma di prevenzione.

Sono svariate le cause che intervengono nella percezione e accettazione degli esami medici, e includono possibili fattori culturali e sociali. Grazie allo studio clinico AppDate you, si sta cercando di capire meglio gli ostacoli e come agire per superarli. Nell’ambito della sperimentazione, un gruppo di donne di 30-65 anni che vivono in Occitania, una regione della Francia, riceverà insieme al kit la possibilità di accedere a una chatbot. A questa applicazione potranno domande, per esempio su come e perché effettuare il test HPV, e ottenere risposte in breve tempo. Il completamento dello studio è previsto per la fine del 2025.

Referenza

Webster, P., Healey, N. Eleven clinical trials that will shape medicine in 2025. Nat Med 30, 3384–3388 (2024). https://doi.org/10.1038/s41591-024-03383-y

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/