Ultimo aggiornamento: 20 dicembre 2024
Una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Public Health aiuta a prevedere quanto potrebbero ridursi i fumatori nel 2050 e l’impatto di questa riduzione sulla salute della popolazione mondiale.
Nei prossimi 25 anni il numero di fumatori nel mondo si potrebbe ridurre significativamente, con effetti positivi importanti sulla salute della popolazione globale. È quanto mostrano i risultati di una ricerca dei Tobacco Forecasting Collaborator, un gruppo di ricercatori che studia i futuri impatti dell’uso del tabacco sulla salute e la mortalità nell’ambito del Global Burden of Disease Study.
Obiettivi del loro lavoro, un ampio studio di revisione, erano stimare la prevalenza del fumo dal 2022 al 2050 nel mondo, ovvero quante persone fumeranno in percentuale rispetto alla popolazione globale, e capire come questo influirà sull’aspettativa di vita. I risultati, pubblicati sulla rivista The Lancet Public Health, hanno mostrato che la prevalenza del fumo potrebbe diminuire del 25,9 per cento circa tra i maschi e del 30 per cento tra le femmine e che in questo scenario l’aspettativa di vita alla nascita aumenterebbe significativamente, passando da 73,6 anni nel 2022 a 78,3 anni nel 2050. Si tratta di stime che si riferiscono alla popolazione mondiale presa nel suo complesso; l’aspettativa di vita media attuale in Italia è già oggi ben più alta di quella mondiale, sfiorando gli 84 anni.
La revisione è basata sugli articoli sul tema pubblicati negli ultimi 10 anni, per un totale di 1.098 studi considerati, e fornisce stime sul futuro impatto sanitario del fumo, valutando diversi scenari di prevalenza del fumo di tabacco in 204 Paesi e per 365 malattie e lesioni, disaggregati per fascia di età e sesso. Ricordiamo che, oltre a incidere pesantemente sul rischio di sviluppare un cancro al polmone, fumare aumenta la probabilità di ammalarsi di almeno altri 11 tipi di tumore, e ha conseguenze importanti e ben note a livello cardiovascolare.
I ricercatori hanno anche provato a stimare quanti anni di vita si potrebbero guadagnare se la popolazione mondiale abbandonasse l’abitudine al fumo. In particolare, hanno elaborato due diversi scenari.
Nel primo scenario, Elimination 2023, si immagina che i fumatori attuali diventino tutti ex fumatori dal 2023 in avanti, fino al 2050. In questo caso, l’aspettativa di vita media alla nascita nel mondo aumenterebbe a 77,6 anni tra i maschi e a 81 anni tra le femmine.
Il secondo scenario, Elimination 2050, presuppone invece che gli individui di età compresa tra 0 e 19 anni nel 2023 non inizino mai a fumare e che negli adulti la prevalenza dell’abitudine al fumo si riduca in modo lineare a partire dal 2023, arrivando al 5 per cento di fumatori attivi entro il 2050. In questo caso, l’aspettativa media di vita globale nel 2050 salirebbe a 77,1 anni per gli uomini e 80,8 anni per le donne.
Entrambi gli scenari sono naturalmente molto ottimistici. Perché diventino realistici, “servono politiche sul tabacco che riescano ad accelerare il ritmo di eliminazione del fumo”, come scrivono gli autori. Insomma, non basta quello che stiamo facendo. Serve anche consapevolezza per le future generazioni, che invece a quanto pare non stanno prendendo ancora sul serio il problema del fumo.
Quanto è realistico arrivare a zero fumatori tra le nuove generazioni? Nel 2022 la prevalenza globale del fumo standardizzata per età è stata stimata al 28,5 per cento tra i maschi e al 5,9 per cento tra le femmine. In Italia i dati sono scoraggianti: fuma il 28,3 per cento degli uomini e il 20 per cento delle donne. Un italiano adulto su 4 è fumatore, e tra le nuove generazioni purtroppo la situazione non è più rosea. Infatti, fuma il 27,7 per cento dei ragazzi e delle ragazze tra i 18 e i 24 anni e il 28 per cento dei ragazzi e delle ragazze tra i 25 e i 34 anni. L’abitudine al fumo sembra peraltro più diffusa tra le persone meno abbienti – più di 1 su 3 fuma – rispetto a chi non ha difficoltà economiche – tra loro, 1 persona su 5 è fumatrice.
Un rapporto datato 2024 dell’Organizzazione mondiale della sanità prevede che nel 2030, praticamente dopodomani, la prevalenza del fumo nel mondo sarà del 30,6 per cento tra gli uomini e del 5,7 per cento tra le donne.
Poi c’è l’elefante nella stanza: la sigaretta elettronica. Nel 2016 in un’indagine è stato chiesto a un campione di 94.000 non fumatori britannici quanti di loro “svapavano”, cioè fumavano sigarette elettroniche. Risultato: una persona su 200, cioè lo 0,5 per cento dei partecipanti al sondaggio. Un dato che è rimasto stabile fino al 2020. Nel 2024, invece, nello stesso gruppo di 94.000 persone, gli svapatori erano il 3,5 per cento, cioè 7 persone su 200. Una crescita significativa, in particolare dopo i lockdown del 2020. Anche questi risultati sono stati pubblicati a ottobre 2024 su The Lancet Public Health.
Tra le persone intervistate tra il gennaio 2023 e l’aprile 2024, il 55,6 per cento dei non fumatori abituali che svapavano ha dichiarato di farlo quotidianamente. I dispositivi più utilizzati in tale periodo erano quelli usa e getta (50,2%) e i liquidi per e-cig più comunemente utilizzati contenevano comunque 20 milligrammi per millilitro o più di nicotina, una quantità considerata pericolosa. Questo aumento riguarda soprattutto i giovani adulti e chi consuma quantità elevate di alcolici.
In Italia sono 16 su 200 i giovani tra i 18 e i 24 anni che svapano, 15 su 200 quelli tra i 25 e i 34 anni, 8 su 200 quelli tra i 35 e i 44 anni e 5 su 100 le persone più anziane. Questo numero comprende però anche persone che fumano sia sigarette sia dispositivi elettronici. Solo il 3,1 per cento, cioè 6 adulti su 200, fumano unicamente e-cig. I dati sono raccolti periodicamente dalla rilevazione PASSI dell’Istituto superiore di sanità.
Al momento non disponiamo ancora di dati affidabili sugli effetti a lungo termine sulla salute, anche oncologici, delle e-cig. Sono infatti sul mercato da un periodo ancora troppo breve rispetto ai tempi lunghi necessari a studi epidemiologici affidabili di questo tipo. Le premesse però non sono confortanti. Quasi tutte le e-cig contengono una quantità variabile di nicotina, in genere tra 6 e 20 milligrammi, e possono contenere molte altre sostanze. Secondo una ricerca del 2017, queste sarebbero addirittura oltre 7.000, delle quali si conoscono ben poco gli effetti. In altre parole, non sappiamo quanto la sigaretta elettronica possa davvero fare meno danni del fumo, né quanti possa farne di diversi.
Quello che invece possiamo calcolare è la differenza in termini di anni di vita persi fra fumare sigarette e non fumare. Secondo i dati di una ricerca pubblicati sull’American Journal of Preventive Medicine, smettere di fumare si traduce in un vantaggio in termini di potenziali anni di vita, sia che si smetta a 35 anni che a 75 anni. Un fumatore che smette a 35 anni guadagna 8 anni di vita in salute; uno che smette a 45, 5,6 anni, uno che smette a 55, 3,4 anni, uno che smette a 65, 1,7 anni.
Cristina Da Rold