Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Una percentuale molto elevata di ex malati di cancro consuma alcol in quantità superiore a quella raccomandata, ma avere già sconfitto un tumore non mette al riparo dai danni che questa sostanza provoca all’organismo.
Uno studio americano, che ha analizzato le abitudini di più di 34.000 adulti a cui era stato diagnosticato un tumore, ha rivelato che molti di loro non hanno smesso di bere alcol e, talvolta, lo fanno addirittura in modo eccessivo. Uno su due, infatti, dichiara di consumare alcolici, uno su tre ammette di superare le quantità di alcol considerate accettabili e uno su cinque confessa di cedere al binge drinking (bere grandi quantità di alcol in pochissimo tempo). È la prima volta che uno studio su larga scala restituisce un’istantanea del consumo di alcol tra chi ha avuto una diagnosi di cancro, e l’immagine che ne emerge, secondo i ricercatori, è preoccupante.
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of the National Comprehensive Cancer Network, è basato sui dati raccolti dal National Health Interview Survey, un programma che, attraverso questionari annuali, monitora lo stato di salute della popolazione americana.
La probabilità di eccedere con l’alcol e di darsi al binge drinking risulta più alta tra i giovani e tra i fumatori. Il binge drinking in particolare è più comune tra i pazienti con una diagnosi di melanoma, tumore della cervice, tumore del testicolo e tumore testa-collo, anche se questo potrebbe dipendere dal fatto che sono tumori diffusi tra i giovani, più che dalle caratteristiche intrinseche dei tumori stessi.
Vi sono sempre più studi che dimostrano che bere dopo la diagnosi di un tumore può influire negativamente sul successo delle cure, ma questo è il primo studio che dimostra che aver avuto già la malattia non rende necessariamente più attenti a evitare fattori di rischio per ricadute o nuovi tumori. Il rischio è ancora maggiore per i giovani, visto che le abitudini pericolose si protraggono per più anni nel corso della vita.
Esistono, tra l’altro, dati analoghi per quanto riguarda il fumo, il più grande fattore di rischio oncologico. Continuare a fumare accentua gli effetti tossici delle terapie, riduce la sopravvivenza e aumenta il rischio di un secondo tumore. Eppure sono molti i pazienti che non rinunciano alla sigaretta. Proprio per questo, nel 2019 l’Associazione internazionale per lo studio del tumore del polmone (IASLC) ha stilato un documento in cui raccomanda agli oncologi di parlare con i pazienti del consumo di tabacco, per far comprendere loro come smettere di fumare sia una componente essenziale delle cure.
Gli autori dell’indagine sull’alcol giungono a conclusioni simili: il momento della diagnosi di un tumore è un’occasione privilegiata per esaminare abitudini e comportamenti. Alcuni cambiamenti avranno effetti benefici non solo nella lotta contro il cancro, ma sulla salute generale del paziente prima e del cancer survivor. Ecco perché è importante informare i pazienti sui rischi dell’alcol.
Agenzia Zoe