Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Il melanoma prende origine dai melanociti, cellule presenti sia nello strato superficiale della pelle (epidermide) sia in altri tessuti come le mucose e parti dell'occhio.
Henry Lancaster, medico e statistico australiano, associa per la prima volta l’esposizione alla radiazione ultravioletta al rischio di sviluppare il melanoma. I suoi dati sono sostanzialmente corretti, ma ottenuti nella popolazione australiana, che ha origini britanniche e caratteristiche genetiche comuni. Oggi si sa che alcuni geni predispongono all’insorgenza di tumori e che il sole ha un ruolo relativamente marginale nella genesi del melanoma, contrariamente a quanto avviene per altri tumori cutanei di cui è il primo fattore causale.
Viene identificata la famiglia degli oncogeni RAS, spesso mutati nel melanoma.
Lo studio di famiglie con elevata incidenza di melanoma consente di individuare alcuni geni chiave nello sviluppo della malattia. Nel 2002 si scopre che il gene BRAF è mutato in una percentuale elevata di melanomi.
È l’anno decisivo per lo sviluppo dell’immunoterapia contro il melanoma. Vengono pubblicati i risultati del primo studio, che dimostrano l’efficacia del farmaco vemurafenib in questi pazienti.
Lo stesso anno Patrick Hwu dell’Università del Texas pubblica sul New England Journal of Medicine i dati della prima sperimentazione con un vaccino terapeutico contro il melanoma. Si tratta di un farmaco che attiva il sistema immunitario contro le cellule maligne, e che viene preparato con materiale ottenuto dal paziente stesso.
Infine viene approvato dalla FDA l’ipilimumab. Si tratta di un anticorpo monoclonale che stimola i linfociti T a combattere contro il tumore. Queste cellule esprimono sulla loro superficie la proteina CTLA-4 che “spegne” il linfocita T quando non serve più. L’ipilimumab agisce tenendo il linfocita sempre attivo in modo che possa combattere più efficacemente il melanoma.
Numerosi studi sulla relazione tra melanoma e sistema immunitario dimostrano che le cellule di questo tumore sono particolarmente abili nell’inibire le difese naturali dell’organismo e in particolare l’azione anticancro dei linfociti T. Per questo il melanoma è, al momento, il tumore che meglio risponde all’immunoterapia.