Ultimo aggiornamento: 5 aprile 2023
Con la maggiore diffusione delle conoscenze sul cambiamento di genere, si comincia a comprendere meglio l’importanza degli screening anche per le persone transgender
Ha 65 anni, un marito e due figli nati da una precedente unione del compagno. Insegna storia in un liceo del centro Italia, ma Mariangela (il nome è di fantasia per rispettare la sua privacy) sta vivendo un dramma nel dramma: da due mesi le hanno diagnosticato un cancro al seno in forma avanzata, e a spaventarla, oltre alla prognosi, sono le cure che la attendono. Mariangela infatti è nata maschio, come racconta, “in un corpo sbagliato”, e ha scelto il cambiamento di genere all’età di 25 anni.
Per lei, la diagnosi di cancro al seno (per il quale aveva una predisposizione genetica di origine familiare), significa, con grande probabilità, dover rinunciare alle cure ormonali che da ormai 40 anni le consentono di vivere come donna. “Ci sono molte persone che non sanno della mia transizione di genere e i medici non sono in grado di rassicurarmi al 100 per cento per quel che riguarda il mantenimento delle caratteristiche fisiche femminili. Mi trovo nella situazione drammatica di dover combattere un cancro e di dover considerare gli ormoni femminili, finora i miei migliori amici, come i peggiori nemici.” Mariangela non si è sottoposta a screening per il cancro del seno, pur sapendo di essere a rischio. “Era troppo complicato dover spiegare che sono nata uomo in una famiglia ad alta prevalenza di cancro del seno, che sono portatrice di una mutazione del gene BRCA e che oggi sono una donna esposta ad alte dosi di ormoni femminili. Ho fatto finta di niente e quando mi sono accorta che qualcosa non andava la malattia era già piuttosto avanzata.”
Stigma e pregiudizi agiscono quindi non solo sugli operatori sanitari, che spesso non sanno come interagire con i pazienti transgender, ma anche sulle persone transgender stesse. Eppure i dati dicono che si tratta di una popolazione a rischio di morte più elevato rispetto alla media: le persone transgender che si sottopongono a terapia ormonale dovrebbero essere monitorate più attentamente, in particolare per quanto riguarda la salute cardiovascolare e oncologica. “Poiché le donne transgender (persone cui è stato assegnato il genere maschile alla nascita ma che si riconoscono in quello femminile) sono a rischio di sviluppare un cancro al seno, le raccomandazioni di screening si applicano anche a questa popolazione” ha spiegato Marie D’Assigny (medico del Dipartimento di endocrinologia dell’Ospedale universitario di Poitiers, in Francia, e una delle massime esperte europee del tema) durante un recente congresso di ginecologia.
I problemi non riguardano solo la prevenzione del cancro. Le persone transgender, in particolare le donne trans, “dovrebbero essere considerate ad alto rischio, in alcuni casi ad altissimo rischio, per le malattie cardiovascolari”, ha spiegato ancora l’esperta. La pressione arteriosa deve quindi essere strettamente controllata, poiché aumenta nel contesto della terapia ormonale.
La terapia ormonale femminilizzante si basa sull’uso di antiandrogeni, al fine di azzerare o quasi il livello di testosterone, l’ormone maschile. Nel caso della terapia ormonale maschilizzante si ricorre invece al testosterone stesso. Poter vivere in un corpo congruente con la propria identità percepita non è però a costo zero.
Un recente studio retrospettivo, pubblicato sulla rivista Lancet Diabetes and Endocrinology, ha fatto luce sul tasso di mortalità e sulle cause di morte nelle persone transgender in terapia ormonale. In questa indagine, condotta per oltre 50 anni (1972-2018) in una clinica specializzata del Centro medico universitario di Amsterdam, in Olanda, sono state incluse più di 4.500 persone transgender, molte delle quali in fase di transizione da maschio a femmina. Nel periodo esaminato, la mortalità è risultata doppia nelle persone transgender rispetto alla popolazione non sottoposta alla terapia. Il tasso di mortalità è stato del 10,8 per cento per le donne trans e del 2,7 per cento per gli uomini trans.
Durante i 50 anni di osservazione, l’andamento della mortalità non ha mostrato miglioramenti, nemmeno negli ultimi dieci anni, quando si è iniziato ad affrontare con più efficacia le questioni legate alla trans-identità. Sempre secondo lo studio, le principali cause di morte nella popolazione esaminata sono le malattie cardiovascolari, soprattutto tra le donne trans, il cancro ai polmoni, dovuto all’abitudine al fumo più frequente in questa popolazione, le malattie legate all’HIV e il suicidio, che rimane molto frequente tra le persone trans.
“Queste cause di morte non sono legate a un effetto specifico del trattamento ormonale, ma dimostrano che il monitoraggio da parte del medico è essenziale” hanno commentato gli autori dello studio.
La probabilità di sviluppare un cancro al seno non è trascurabile nelle donne transgender, sebbene sia inferiore a quella delle donne cisgender. Questo rischio è stato evidenziato in un altro studio condotto da un’équipe dell’University Medical Centre di Amsterdam che ha coinvolto più di 2.260 donne transgender. Dopo una media di 18 anni di trattamento ormonale, sono stati segnalati 18 casi di cancro al seno, di cui 15 invasivi: un’incidenza 46 volte superiore a quella attesa negli uomini cisgender della stessa età, ma tre volte inferiore a quella delle donne cisgender.
Nelle donne transgender, il rischio di cancro al seno aumenta dopo un periodo relativamente breve di terapia ormonale, notano gli autori. Questi risultati suggeriscono l’utilità di estendere le raccomandazioni per lo screening del cancro al seno alle persone transgender in terapia ormonale.
Lo screening mammografico dovrebbe quindi essere effettuato a partire dai 50 anni sia per le donne trans, tenendo conto dell’eventuale presenza di protesi, sia per gli uomini trans che non hanno subito una mastectomia. Le donne trans sono anche a rischio di sviluppare il cancro alla prostata. Le analisi da fare per questo tipo di tumore sono basate su una valutazione individuale del rischio, come nella popolazione maschile cisgender.
Per quanto riguarda il cancro dell’utero, non c’è consenso sul monitoraggio degli uomini trans in terapia ormonale. Tuttavia, il rischio esiste, perché il testosterone provoca l’assottigliamento dell’endometrio, una condizione che aumenta il rischio di un’evoluzione maligna.
Gli esami di screening sono però mal accettati dalle persone trans, perché legati al sesso biologico di origine. “Per questo è importante sensibilizzare questa popolazione sul valore degli screening oncologici, anche quando sono vissuti male sia fisicamente sia emotivamente” insiste D’Assigny. “I ritardi nella diagnosi sono comuni tra le persone transgender.”
A dimostrazione della volontà di migliorare l’assistenza a questa popolazione, l’Istituto superiore di sanità (ISS) ha pubblicato nel 2020 un documento chiamato Standard di Cura per la salute di persone transessuali, transgender e di genere non-conforme, che include una lunga parte dedicata proprio alla prevenzione oncologica e cardiovascolare.
“Lo scopo di questo documento è di fornire una guida clinica per gli specialisti nell’assistenza alle persone transessuali, transgender e di genere non-conforme, con percorsi efficaci e sicuri, per garantire loro il duraturo benessere personale nel genere prescelto e per accrescere lo stato di salute generale, psicologico e di realizzazione personale” recita il sito dell’ISS.
Agenzia Zoe