Approccio multidisciplinare in oncologia: il lavoro di squadra nella cura del cancro

Ultimo aggiornamento: 11 dicembre 2024

Approccio multidisciplinare in oncologia: il lavoro di squadra nella cura del cancro

Un approccio basato sulla collaborazione multidisciplinare di diversi specialisti migliora gli esiti delle cure e la qualità di vita dei pazienti.

La complessità dei tumori e della loro cura richiede oggi il contributo di più specialisti che lavorano insieme nei cosiddetti gruppi o team multidisciplinari (in inglese multidisciplinary team, abbreviato in MDT). In questo modo non ci si limita più a curare soltanto la malattia che colpisce uno specifico organo, ma ci si prende cura delle molteplici esigenze dei pazienti

Negli ultimi anni, il campo dell’oncologia ha visto un significativo cambio di paradigma nella gestione dei pazienti, con il passaggio a una visione più olistica delle patologie tumorali. Il cambiamento è legato al fatto che il cancro è visto oggi come una malattia complessa che richiede un approccio multidisciplinare” 

scrivono alcuni medici ricercatori italiani, tra cui Antonino Neri e Fortunato Morabito, a lungo sostenuti da AIRC, in un articolo pubblicato sulla rivista Annals of Research in Oncology. Nell’articolo, gli autori fanno il punto sull’approccio di collaborazione tra specialisti e sugli evidenti vantaggi per i pazienti.

Cos’è un team multidisciplinare e chi ne fa parte

Chi fa parte del team multidisciplinare? Non è stabilita una composizione fissa: gli specialisti che si riuniscono periodicamente per discutere ciascun caso possono essere diversi a seconda del tipo di tumore e della fase della malattia. Nella maggior parte dei casi, il team è tuttavia composto da un gruppo principale, sempre presente, al quale si possono aggiungere altri specialisti a seconda delle situazioni e delle esigenze.

Per esempio, nella gestione del tumore del seno, l’équipe multidisciplinare può comprendere, tra gli altri:

  • un chirurgo, 
  • un radiologo, 
  • un medico di medicina nucleare, 
  • un anatomo-patologo, 
  • un radioterapista, 
  • un oncologo medico 
  • e un infermiere. 

A questi si possono aggiungere, laddove necessario:

  •  un genetista, 
  • un biologo molecolare, 
  • uno psicologo, 
  • un fisioterapista, 
  • un nutrizionista o un medico di cure palliative. 

Nel caso del tumore del polmone non mancherà la figura dello pneumologo, mentre nel caso di tumori che colpiscono il sistema nervoso sarà presente un neurologo.

Insomma, il gruppo si definisce in base alle necessità di ciascun caso e ciascun paziente, dato che l’obiettivo principale dei consulti tra specialisti è la cura e il benessere di chi ha ricevuto una diagnosi di tumore.

Certo non è semplice passare da un approccio tradizionale a uno multidisciplinare, per cui sono previste riunioni periodiche per discutere i casi e possibili cambiamenti nelle scelte terapeutiche proprio in seguito alla discussione collettiva. Servono infatti una riorganizzazione interna del lavoro e la volontà di collaborare da parte dei diversi specialisti. I traguardi che si possono ottenere non possono però che incoraggiare tale approccio.

I vantaggi dell’approccio multidisciplinare: esiti migliori e pazienti soddisfatti

Una cosa è certa: l’approccio multidisciplinare in oncologia funziona. Numerosi studi internazionali hanno infatti dimostrato che quando i pazienti sono presi in carico da un MDT si riducono le recidive, quanto meno nel cancro del seno e del colon-retto, e cala la mortalità per cancro del polmone. Inoltre, nel tumore dell’ovaio un approccio multidisciplinare è stato associato a un aumento del 40 per cento circa dei tassi di sopravvivenza, oltre che a una riduzione delle recidive, soprattutto quando ci si rivolge a centri specializzati.

I risultati ottenuti in Italia vanno nella stessa direzione. Solo per citare alcuni esempi, i dati raccolti in uno studio condotto presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano hanno mostrato che la discussione multidisciplinare dei casi ha portato a cambiamenti nei piani di trattamento per il 69 per cento circa dei pazienti con tumori della testa e del collo coinvolti nella ricerca. 

Interessante anche il lavoro svolto dalla AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, riportato nell’articolo citato: i medici emiliani hanno cercato di quantificare l’impatto del MDT su specifici aspetti della cura, come l’incidenza delle recidive e i tassi di mortalità nei pazienti oncologici. Dai dati raccolti su pazienti con tumori dell’endometrio, dell’ovaio e del colon-retto emerge chiaramente che l’approccio multidisciplinare migliora i risultati ottenuti in queste persone.

Ma cosa ne pensano i pazienti? Secondo quanto riferisce uno studio italiano, condotto con pazienti con tumore del colon-retto, nell’89,5 per cento dei casi le persone intervistate hanno avuto la percezione di essere state assistite in modo completo durante il trattamento e nel 93,5 per cento dei casi hanno espresso un alto livello di soddisfazione per l’iniziativa. Il risultato è probabilmente legato anche al fatto che con l’approccio multidisciplinare si cerca di tenere conto anche dell’impatto sociale e psicologico della malattia, e non solo degli aspetti strettamente clinici.

Referenze

  • Agenzia Zoe

    Agenzia di informazione medica e scientifica