Ultimo aggiornamento: 14 marzo 2025
Un’iniziativa per potenziare la capacità di rispondere alla crescente sfida rappresentata dalle neoplasie pancreatiche.
L’incidenza dei tumori al pancreas è in aumento. Il problema è particolarmente rilevante, dal momento che si tratta di un tipo di cancro ancora difficile da curare. Le cause principali sono le diagnosi spesso tardive, dovute al fatto che all’inizio il tumore del pancreas dà scarsi sintomi, la notevole aggressività e il fatto che non tutti i pazienti rispondono alle terapie disponibili. Per cercare di dare almeno qualche risposta a queste criticità, il Ministero della salute ha istituito, il 4 febbraio 2025, una cabina di regia composta da esperti che ha prodotto un documento per l’implementazione di una rete di centri denominati “Pancreas unit”. L’obiettivo è istituire una rete nazionale di centri specializzati che offriranno ai pazienti un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale (abbreviato con PDTA). Tale percorso strutturato potrà essere erogato ai pazienti da centri dotati di tecnologie avanzate, personale altamente qualificato e con un elevato volume di trattamenti eseguiti.
Nel documento, la cabina di regia ha definito una serie di standard e criteri per la creazione di questi centri regionali, affinché siano in grado di garantire cure più efficaci e uniformi su tutto il territorio nazionale. Il traguardo non rappresenta solo un passo avanti nella qualità dell’offerta di assistenza oncologica, ma anche un segnale di impegno concreto nella riduzione delle disuguaglianze territoriali.
L’iniziativa è stata presentata in occasione del convegno “Costruire una comunità resiliente contro il tumore al pancreas”, che si è tenuto il 19 febbraio 2025 presso il Senato della Repubblica. La direttrice scientifica di AIRC, Anna Mondino, è intervenuta sottolineando l’impegno di AIRC in favore della ricerca sul tumore al pancreas (8 milioni di euro solo per il 2025) e auspicando una sempre maggiore integrazione tra i centri clinici e i laboratori: “Molti laboratori che fanno ricerca sul pancreas lavorano a stretto contatto con ospedali dove si tratta questo tipo di tumore. La nascita delle Pancreas Unit, a mio parere, rappresenta un’opportunità addizionale di confronto e di condivisione di competenze, di informazioni e di dati clinici e sperimentali tra medici e ricercatori, così importante per progresso della ricerca scientifica”.
Con questa iniziativa, il Ministero della salute punta a costruire una rete di cure più omogenea ed efficace, capace di rispondere in maniera adeguata alle sfide poste dalla crescente incidenza del tumore al pancreas. Le neoplasie pancreatiche, tra le più complesse da diagnosticare e trattare, richiedono peraltro competenze mediche altamente specializzate. In questo scenario le Pancreas unit sono proposte come presidi fondamentali affinché i pazienti possano affrontare la malattia attraverso percorsi diagnostico-terapeutici integrati. I pazienti sono posti al centro del percorso di cura, favorendo un miglioramento sia degli esiti clinici sia della qualità dei servizi offerti.
La cabina di regia si è posta obiettivi chiari: definire criteri e standard per i centri di riferimento regionali e concentrare gli interventi di chirurgia pancreatica nelle Pancreas unit, con il fine principale di ridurre la mortalità operatoria.
La letteratura scientifica internazionale ha infatti documentato ampiamente e da tempo il fatto che i pazienti operati in centri con i maggiori numeri di interventi chirurgici al pancreas hanno una minore mortalità operatoria. La ragione è che la chirurgia del pancreas è estremamente complessa e per questo richiede che sia effettuata da équipe chirurgiche altamente specializzate e con grande esperienza e casistica. Per esempio, i dati di uno studio svolto in Italia, pubblicati nel 2008 sul British Journal of Surgery, mostravano che in strutture con meno di 5 interventi annui per questo tipo di cancro la mortalità operatoria raggiungeva il 12,4%, mentre la stessa scendeva al 2,6% nei centri che effettuano tra i 90 e i 100 interventi all’anno. Dati non ancora pubblicati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) mostrano risultati simili per il periodo tra il 2020 e il 2022. Li riporta il documento del Ministero della Salute: “La mortalità operatoria complessiva dopo resezione pancreatica in Italia è risultata pari al 9%, con una mortalità media del 17% nei centri che eseguono meno di 10 resezioni all’anno”. Da qui è emersa la necessità di una riorganizzazione che valorizzi le competenze esistenti e favorisca la nascita di centri ad alta specializzazione.
Un’analisi pubblicata nel 2020 ha evidenziato anche che il numero di interventi non può essere l’unico parametro per identificare i centri di riferimento, dato che occorrono anche importanti capacità tecniche. L’indagine ha infatti messo in evidenza che alcuni ospedali registravano comunque tassi di mortalità operatoria superiori al 10%, con picchi che arrivavano fino al 40%, nonostante volumi numericamente adeguati.
Per ottenere l’accreditamento come Pancreas Unit di I livello, le strutture dovranno soddisfare specifici requisiti di qualità. Sarà necessario effettuare almeno 30 resezioni pancreatiche all’anno, con una progressiva crescita fino a 50 entro i successivi 3 anni. La mortalità post-operatoria a 90 giorni dovrà mantenersi al di sotto del 10%, con l’obiettivo di ridurla al 5% nello stesso arco temporale. Infine, i pazienti operati nei centri dovranno raggiungere sopravvivenze medie a 3 anni dall’intervento pari o superiori al 35%. Le strutture che non rispettano ancora questi parametri avranno un periodo transitorio di 3 anni per adeguarsi, grazie a programmi di formazione mirati e al supporto delle reti regionali.
Referenza:
Cristina Da Rold