Ultimo aggiornamento: 1 novembre 2021
I dati di studi recenti sono stati presentati al congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO), dove si è discusso anche di quanto il virus sia pericoloso per questi pazienti.
Se si ammalano di COVID-19, i pazienti con tumore corrono un rischio di morire più alto rispetto agli altri. Invece i pazienti oncologici che si sono vaccinati hanno ottenuto una protezione contro COVID-19 paragonabile a quella di persone vaccinate che non avevano il cancro, protezione che mette al riparo dalle conseguenze peggiori della malattia. Sono questi i messaggi che vengono da alcuni studi scientifici presentati di recente durante il congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO).
Per valutare quanto il COVID-19 rappresenti un grave pericolo per i pazienti oncologici sono stati analizzati alcuni registri internazionali. I dati raccolti provano ciò che si era ipotizzato fin dall’inizio della pandemia: essere in età avanzata, soffrire di altre patologie, avere un tumore in crescita attiva o in stadio avanzato ed essersi sottoposti a chemioterapia sono tutte condizioni associate a un aumentato rischio di contrarre una forma grave dell’infezione da SARS-CoV-2.
Il Clinical Characterisation Protocol (CCP)-CANCER-UK è il database europeo che ha raccolto la casistica più numerosa di pazienti ricoverati per COVID-19, tra cui oltre 20.000 pazienti con tumore. Lo studio è stato condotto dall’Università di Oxford. Analizzando i numeri si è scoperto che i pazienti ricoverati per COVID-19 che si stavano sottoponendo a cure oncologiche avevano un rischio di morire 5 volte più alto rispetto ai coetanei malati di COVID-19 ma non di cancro. In uno studio in cui sono stati esaminati i dati riferiti alla Svizzera, condotto dallo Swiss Clinical Cancer Research Group (SAKK), il tasso di mortalità per COVID-19 nei pazienti con tumore è risultato addirittura 12 volte più alto del tasso di mortalità nella popolazione generale.
L’analisi dei dati raccolti dal registro europeo OnCovid, effettuata da un gruppo di epidemiologi dell’Imperial College di Londra, mostrano che il tasso di mortalità per COVID-19 tra i pazienti con tumore era particolarmente alto nella prima fase della pandemia (febbraio-marzo 2020), ma a distanza di un anno (febbraio-marzo 2021) è un po’ diminuito, molto probabilmente perché le conoscenze acquisite e le risorse messe in campo hanno migliorato la capacità di arginare il contagio. La situazione ora è probabilmente ancora migliore, considerato il fatto che quando sono stati raccolti quei dati i vaccini anti-COVID-19 erano appena stati approvati dalle autorità regolatorie e non era ancora iniziata la campagna vaccinale.
I vaccini anti-COVID-19 proteggono dalle forme gravi della malattia, quelle che portano al ricovero e in alcuni casi alla morte. Alcuni studi presentati durante il congresso hanno dimostrato l’efficacia dei vaccini nei pazienti oncologici. Questa è un’ottima notizia, visto che si tratta di persone con un sistema immunitario indebolito o fortemente compromesso a causa sia della malattia sia delle cure. ESMO raccomanda che i malati di cancro si sottopongano alla vaccinazione.
La risposta ai vaccini nelle persone che hanno un tumore è risultata simile a quella di chi non è colpito dal cancro. In uno studio sponsorizzato da Pfizer-BioNTech, l’efficacia misurata era in entrambi i casi superiore al 91 per cento. In un altro studio indipendente sul vaccino Moderna, condotto dall’University Medical Center Groningen, in Olanda, dopo due dosi aveva raggiunto un livello di anticorpi anti-SARS-CoV-2 considerato protettivo il 99,6 per cento degli individui senza tumore, il 93,1 per cento dei pazienti con tumore solido trattato con l’immunoterapia, l’88,8 per cento di quelli trattati con una combinazione di chemioterapia e immunoterapia e l’83,8 per cento di quelli curati con la chemioterapia. Gli autori della ricerca pensano che per la minoranza di pazienti che non mostra una risposta adeguata possa essere necessaria una terza dose di vaccino.
Altri studi, come quelli condotti rispettivamente dalla Masaryk University nella Repubblica Ceca e dal Cancer Research Fund in Israele, mostrano che la risposta anticorpale dei pazienti oncologici possa essere ritardata rispetto a quella di chi non ha un tumore e che avere contratto il virus in precedenza favorisca la risposta alla vaccinazione. Infine, lo studio CAPTURE, sostenuto dal Royal Marsden NHS Foundation Trust, è stato progettato in modo da caratterizzare la risposta al virus e ai vaccini nei pazienti oncologici. I risultati di questo studio hanno mostrato che la presenza di anticorpi in grado di neutralizzare il virus dipende in parte dal tipo di tumore (appare più bassa in caso di tumori ematologici) e dalla variante del virus. Circa tre quarti dei partecipanti allo studio CAPTURE avevano ricevuto il vaccino AstraZeneca, un quarto il vaccino Pfizer e una esigua minoranza gli altri vaccini approvati. Il 78 per cento di tutti i partecipanti ha risposto alla vaccinazione producendo anticorpi neutralizzanti.
Da sottolineare il fatto che, oltre a dare prova dell’efficacia dei vaccini, tutti questi studi hanno dimostrato che i vaccini sono sicuri e che la frequenza e il tipo di eventi avversi nei pazienti oncologici non sono diversi da quelli riscontrati nella popolazione generale.
Agenzia ZOE