Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Uno studio pubblicato su Nature dimostra come le scottature favoriscano la disseminazione del melanoma in chi è già colpito dalla malattia.
Dodici anni fa un gruppo di ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano, anche grazie a un finanziamento di AIRC, scopriva una proteina, chiamata HMGB1, rilasciata dalle cellule quando muoiono. Ora lo stesso gruppo, coordinato da Marco Bianchi, professore di biologia molecolare all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e vicedirettore della Divisione di genetica e biologia cellulare dell'omonimo ospedale, è coautore, insieme a scienziati dell'Università di Bonn, di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature che dimostra come l'esposizione alla luce solare possa facilitare la formazione di metastasi nelle persone che sono già colpite da un melanoma della pelle.
"La proteina che abbiamo individuato anni fa è stata soprannominata 'allarmina' perché è il principale segnale che avverte il sistema immunitario della presenza di cellule morte o moribonde" spiega Bianchi.
Quando la pelle viene esposta troppo alla luce solare, si arrossa e le cellule, danneggiate dal calore e dai raggi, rilasciano allarmina che richiama sul luogo le cellule del sistema immunitario (in particolare i linfociti neutrofili), il cui compito in genere è far fronte alle infezioni. In questo caso, però, il sistema immunitario diventa complice del tumore e, se nel punto danneggiato è presente un melanoma, persino in forma iniziale, anche le cellule tumorali rilasciano allarmina. Questa richiama i neutrofili che producono il fattore di necrosi tumorale, una sostanza che induce le cellule di melanoma a disseminarsi.
"Le metastasi del melanoma possono fermarsi ai linfonodi vicini ma più spesso invadono organi distanti, come il polmone, il fegato, il cervello o le ossa" continua Bianchi.
Da alcuni anni le ricerche avevano ridotto il ruolo del sole nella genesi del melanoma: in questo tumore infatti sono coinvolti aspetti genetici (lo dimostra il fatto che il melanoma si presenta anche in parti mai esposte al sole come la pianta del piede), mentre le ustioni solari, specie in età infantile e giovanile, aumentano il rischio di sviluppare le altre forme di tumore della pelle, meno aggressive.
Diverso è quindi il ruolo del sole nel rendere la malattia più aggressiva: una volta presente, ma magari non ancora diagnosticato, il melanoma risponde all'attacco dei raggi metastatizzando rapidamente. E poiché sono le metastasi a preoccupare maggiormente i medici, dal momento che sono difficili da trattare chirurgicamente e rispondono poco alle cure, controllare l'esposizione al sole è una necessità.
Questo processo, del tutto distinto dall'insorgenza del tumore, spiega come da un melanoma primario si diffondano le metastasi, in particolare quelle verso il polmone" afferma Bianchi. "Una scottatura per troppo sole è sempre da evitare, a maggior ragione se sulla pelle è presente un melanoma". Ciò significa che le persone a rischio (per tipologia di carnagione, per storia familiare o perché guarite da un precedente melanoma) devono raddoppiare le cautele.
La ricerca si sposta ora sullo sviluppo di farmaci capaci di bloccare l'allarmina: "Se riuscissimo a fermare la proteina appena rilasciata dalla pelle irritata dall'insolazione, potremmo fermare sul nascere le metastasi del melanoma. E forse potremmo bloccare anche le metastasi di altri tumori in altre situazioni in cui è coinvolta l'infiammazione".
Evitare di andare al sole nella bella stagione non ha senso (anche perché la sintesi di vitamina D, necessaria a mantenersi in buona salute, è legata ai raggi solari), a meno che non si faccia parte di una categoria ad altissimo rischio per i tumori cutanei, come alcuni individui con nevi displasici (un'alterazione della pelle che deve essere identificata dal dermatologo).
In linea generale è sufficiente:
Redazione