Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Non tutti lo sanno, ma molti dei farmaci attualmente in uso per le terapie anticancro hanno un’origine naturale, ovvero derivano da piante o altri organismi viventi, e altri potrebbero arrivare in futuro.
Ostriche e cozze: cosa c’entrano con la ricerca oncologica e con la farmacologia? Stando ai risultati di un articolo recentemente pubblicato dai ricercatori del Bigelow Laboratory for Ocean Science, negli Stati Uniti, i molluschi bivalvi – appunto cozze, ostriche e simili – potrebbero rappresentare il punto di partenza di nuove e importanti scoperte nel campo della medicina applicata agli esseri umani. L’idea è capire come facciano questi organismi a contrastare gli attacchi di nemici quali batteri e virus con i quali vengono quotidianamente in contatto. “I molluschi non hanno un sistema immunitario come quello dei mammiferi, basato per esempio sull’azione degli anticorpi” spiegano gli esperti, che poi aggiungono: “Capire come si difendono potrebbe essere utile a sviluppare nuove strategie da utilizzare contro molte patologie degli esseri umani, dall’influenza ai tumori”.
Guardare al mondo che ci circonda per trovare nella natura rimedi contro le malattie è una pratica antica e i risultati di questo tipo di ricerca sono oggi sotto gli occhi di tutti anche in campo oncologico. I risultati di uno studio pubblicati su Plos One nel 2017 mostrano che circa il 60 per cento dei farmaci anticancro deriva da fonti naturali. Per rimanere nel mare, si può citare per esempio la trabectedina, un composto estratto appunto da organismi invertebrati marini caraibici, in particolare dalla Ecteinascidia turbinata. Oggi la molecola attiva non viene più estratta da questi organismi, ma è sintetizzata in laboratorio ed è approvata per l’utilizzo nella terapia di tumori come i sarcomi delle parti molli e il tumore ovarico. Sempre dal mare, e in particolare dalla spugna caraibica Tethya crypta, sono partite le ricerche che hanno portato all’identificazione della citarabina, utilizzata soprattutto per le leucemie mieloidi acute e alcuni linfomi. Dalla citarabina è stata sviluppata anche la gemcitabina, impiegata nel trattamento di molti tumori come quelli di pancreas, vescica, mammella e ovaio.
Il mondo vegetale è certamente una delle principali fonti di molecole attive utilizzate dai farmacologi per “confezionare” nuove terapie, inclusi numerosi trattamenti anti-tumorali. I primi farmaci anti-tumorali di origine naturale sono i cosiddetti alcaloidi della vinca (vincristina e vinblastina): si tratta di molecole derivate dalla pervinca del Madagascar (Catharanthus roseus G. Don.), capaci di interferire con il ciclo cellulare e di portare la cellula alla morte. Sono utilizzate per il trattamento di linfomi, del carcinoma del testicolo e del tumore mammario. Dal Podophyllum peltatum L. (mandragola americana) e Podophyllum emodii derivano invece etoposide e teniposide, farmaci impiegati in alcuni tumori del polmone e nel tumore del testicolo e in alcune leucemie infantili. Anche i tassani, una delle più importanti classi di chemioterapici disponibili, sono di origine vegetale. Paclitaxel è stato isolato dalla corteccia del tasso del Pacifico (Taxus brevifolia Nutt.) e viene oggi impiegato contro diversi tumori come il carcinoma ovarico, quello della mammella e quello del polmone non a piccole cellule, oltre che nel sarcoma di Kaposi. Docetaxel, un analogo semisintetico, deriva invece dalle foglie del tasso Europeo (Taxus baccata) e viene utilizzato per il tumore della mammella, del polmone non a piccole cellule oltre che nell’adenocarcinoma dello stomaco, nel carcinoma della prostata e in alcuni tumori testa-collo. Infine, ma non certo per importanza, topotecan e irinotecan sono analoghi delle campotecine, molecole isolate da una pianta ornamentale cinese (Camptotheca acuminata Decne) e oggi in clinica soprattutto per contrastare il tumore della cervice, dell’ovaio e del polmone a piccole cellule. La lista è ancora lunga e la ricerca non si ferma anche perché gli scienziati cercano costantemente di migliorare l’efficacia e ridurre gli effetti collaterali delle molecole originali attraverso il perfezionamento della sintesi farmacologica.
Cristina Ferrario – Agenzia Zoe