Covid-19 e riduzione delle visite: rischio davvero qualcosa?

Ultimo aggiornamento: 6 aprile 2020

Covid-19 e riduzione delle visite: rischio davvero qualcosa?

Per far fronte all’epidemia anche i reparti di oncologia si sono riorganizzati, talvolta posticipando visite e screening. Ma non vi sono rischi per i pazienti e le valutazioni vengono fatte su base individuale

Slittamento delle visite di follow-up e di screening e (talvolta) allungamento dei tempi tra due sedute di chemioterapia o revisione del piano terapeutico: sono queste le strategie che la maggior parte degli ospedali hanno messo in atto per consentire ai pazienti oncologici di rispettare le regole di limitazione dei contatti sociali e degli spostamenti, in modo da ridurre il carico di lavoro dei medici già provati dalla gestione dell’epidemia e contrastare il rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV2, il virus che provoca la Covid-19. I cambiamenti nei piani di cura hanno interessato specialmente le Regioni del Nord, più colpite dal contagio e con sistemi ospedalieri sotto stress, ma non sono mancati anche al Centro e al Sud, nell’ottica di ridurre i rischi per i pazienti.

Con l’aiuto di alcuni esperti, AIRC ha cercato di capire in che modo queste modifiche possono influire (sempre che influiscano) sul decorso della malattia.

 

Screening: spostare i test di screening (mammografie, Pap test eccetera) di qualche settimana o persino di qualche mese non ha un impatto misurabile sul numero di tumori identificati, purché si recuperi l’esame perduto non appena la situazione torna alla normalità. In alcuni soggetti ad alto rischio (come per esempio le donne positive per i geni BRCA o le donne positive per HPV), i test non rientrano nella definizione generale di screening ma sono giustificati dalla maggiore probabilità di sviluppare un tumore. In genere, il medico che ha in carico i soggetti ad alto rischio valuterà caso per caso se è opportuno ritardare l’esame oppure se è meglio farlo comunque.

 

Follow-up: si chiamano così gli esami che vengono eseguiti periodicamente, spesso per molti anni, dopo la fine della fase acuta della diagnosi e del trattamento del tumore. Il timore espresso dai pazienti è che l’annullamento della visita di controllo possa ritardare la diagnosi di una eventuale recidiva. Ciò non può accadere perché gli ospedali che hanno annullato le visite hanno stabilito altri metodi per mettersi in contatto con i pazienti. Per esempio, in alcuni casi questi possono mandare al medico di riferimento gli esami clinici effettuati. Vengono richiamati telefonicamente per una migliore comprensione del problema e, se compare qualche elemento che richiede maggiore approfondimento, convocati di persona, altrimenti la visita viene riprogrammata.

 

Distanziare nel tempo le chemioterapie: le chemioterapie sono trattamenti necessari e salvavita ma hanno alcuni effetti collaterali. Tra questi, un abbassamento delle difese immunitarie che può esporre il paziente a maggiori rischi in caso di contagio virale. Per questa ragione (e, in alcuni casi, per evitare che pazienti già immunocompromessi debbano uscire di casa e recarsi in ospedale) i medici possono decidere di distanziare nel tempo i cicli di chemioterapia. Anche in questo caso viene valutato cosa è più sicuro per il paziente. Il rischio di contrarre il virus e quindi di sviluppare Covid-19 è diventato, purtroppo, uno degli elementi che influenzano le decisioni terapeutiche, alla stregua dell’età del malato o della presenza di altre malattie. Non si può fare a meno di prenderlo in considerazione ma non è l’unico elemento sulla base del quale si prendono le decisioni.

 

Modifiche del piano di trattamento: in alcuni casi, gli oncologi possono scegliere di ridurre i dosaggi dei farmaci per limitare gli effetti sul sistema immunitario oppure di cambiare terapia, passando, se possibile, a trattamenti somministrabili per bocca. Nella valutazione entrano in gioco gli elementi già espressi sopra ma anche la situazione logistica del paziente: per chi abita in luoghi isolati o deve affrontare lunghi viaggi per raggiungere l’ospedale, oppure ancora non ha a disposizione mezzi di trasporto propri, potrebbe essere più sicuro evitare di uscire di casa, sempre che tale scelta sia possibile.

 

Cambio di medico: è possibile che in questi giorni chi arriva in ospedale non trovi il medico che lo segue abitualmente ma un sostituto. Questo è dovuto alla riorganizzazione interna necessaria ad affrontare l’emergenza. A volte, specie nel Nord Italia, può essere una misura di protezione. Alcuni oncologi sono stati chiamati a occuparsi anche di casi di Covid-19 ed è opportuno che stiano lontani dai propri pazienti. Per quanto comprensibilmente difficile questo possa essere, è una misura necessaria. I medici in servizio sono in ogni caso pienamente informati della situazione dei singoli pazienti, hanno accesso alle cartelle cliniche e, se necessario, possono sempre contattare l’oncologo di riferimento per un consulto.

 

Con la consulenza di Francesco Perrone (Fondazione Pascale, Napoli); Paolo Casali (INT); Saverio Cinieri (presidente eletto AIOM).

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