Ci stiamo proteggendo abbastanza dalle infezioni che causano tumori?

Ultimo aggiornamento: 24 aprile 2025

Ci stiamo proteggendo abbastanza dalle infezioni che causano tumori?

Qual è la copertura vaccinale in Italia contro HPV ed epatite B? Gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità mostrano che siamo ancora indietro con la profilassi contro infezioni che possono causare alcuni tipi di tumori.

In Italia sono disponibili programmi di vaccinazione gratuita per prevenire 2 infezioni virali che possono causare alcuni tipi di tumore: i vaccini contro il Papillomavirus (HPV) e l’epatite B. Entrambe le vaccinazioni rappresentano strumenti essenziali di prevenzione oncologica, ma i più recenti dati dell’Istituto superiore di sanità mostrano che la copertura non è uguale per le due vaccinazioni: se quella per il vaccino contro l’epatite B è ormai consolidata nella popolazione, la sfida per arrivare a vaccinare molte più persone contro l’HPV è ancora aperta. Ne parliamo in occasione della Settimana mondiale dell’immunizzazione, che si tiene tra il 24 e il 30 aprile.

La copertura contro l’HPV è ferma al 35%

La vaccinazione anti-HPV in Italia viene offerta gratuitamente a ragazzi e ragazze intorno al dodicesimo anno di vita, con alcune variazioni a seconda delle Regioni. Il vaccino ha un elevato profilo di sicurezza e protegge dai ceppi di Papillomavirus più in grado di provocare tumori – sono infatti la principale causa del carcinoma della cervice uterina e dei tumori dell’ano, e possono causare tumori della vulva, della vagina, di orofaringe e laringe e del pene, oltre che condilomi genitali. Tuttavia, l’adesione alla vaccinazione anti-HPV si è arrestata a circa il 38% tra le ragazze e il 31% tra i ragazzi. Peraltro, tra i maschi la copertura è aumentata nel tempo, tra le ragazze è in calo. Dieci anni fa, il 70% circa delle nate nel 2001 (oggi ventiquattrenni) risultava vaccinato, mentre tra le nate nel 2010 la percentuale si è dimezzata.

Perché conviene vaccinarsi contro l'HPV, anche da adulti

L’infezione da HPV è molto diffusa: si stima che oltre il 50% delle donne sessualmente attive contragga almeno una volta nella vita un ceppo oncogeno ad alto rischio. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi (CDC), i ceppi HPV 16 e HPV 18 sono responsabili di circa il 70% dei tumori cervicali. Fortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi il virus viene eliminato spontaneamente dal sistema immunitario, ma nelle infezioni persistenti il rischio di sviluppare lesioni precancerose aumenta, con la possibilità che un carcinoma si sviluppi e manifesti anche a distanza di decenni dall’infezione. Eppure, grazie alle vaccinazioni e ai programmi di screening il cancro della cervice uterina potrebbe essere eliminato a livello mondiale entro la fine del XXI secolo. Alcune stime mostrano che se entro il 2030 il 90% delle ragazze fosse vaccinato contro l’HPV, i casi di tumore della cervice si ridurrebbero dell’89% circa nei Paesi a basso e medio reddito, dove la malattia è più diffusa. Il dato salirebbe al 97% se il 70% delle donne si sottoponesse allo screening per il tumore della cervice almeno 1-2 volte nell’arco della sua vita.

L’efficacia della vaccinazione contro l’HPV è massima se il vaccino viene somministrato prima dell’inizio dell’attività sessuale, quindi nelle fasce di età raccomandate tra gli 11 e i 13 anni. Tuttavia, ci si può vaccinare anche successivamente, dato che la vaccinazione può comunque prevenire infezioni da ceppi oncogeni di HPV non ancora incontrati. Inoltre, sembra avere anche un effetto terapeutico in caso di infezioni in corso.

Ancora troppi casi di epatite B in Italia

Il vaccino contro l’epatite B è stato il primo sviluppato per prevenire un tumore. Grazie all’immunizzazione che conferisce, il rischio di sviluppare un carcinoma epatico si riduce del 70% circa. Inoltre, offre anche protezione contro l’epatite D, un’infezione che può manifestarsi solo in presenza del virus dell’epatite B, aggravando il danno epatico e aumentando il rischio di tumore.

Per chi non è stato vaccinato nell’infanzia, la vaccinazione è raccomandata a tutte le età. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità (ISS), dal 2001 i casi di epatite B prevenibili con il vaccino sono diminuiti. Ciononostante, negli ultimi anni si è osservato un lieve aumento di tali casi. Infatti, i dati del sistema di sorveglianza per le epatiti dell’ISS, SEIEVA, pubblicati a novembre 2024, hanno riportato 153 nuovi casi di epatite B acuta in Italia nel 2023, in aumento rispetto ai 109 del 2022. Inoltre, già nel 2022 si era registrata una crescita rispetto al biennio 2020-2021. Il motivo di questi numeri in leggera crescita potrebbe essere un calo nelle segnalazioni dei casi di epatite B dovuto all’emergenza pandemica. Occorre però anche considerare che, dopo anni di copertura vaccinale superiore al 95%, si è verificato un calo delle adesioni alle campagne di vaccinazione anti-epatite B. In precedenza, un aumento era stato registrato dopo la legge del 2017, che aveva reso obbligatorie le vaccinazioni infantili quale requisito per l’accesso alle scuole pubbliche e paritarie. Tuttavia, la copertura per i nati nel 2019 (94%) è rimasta sotto il livello raccomandato, il cui raggiungimento è fondamentale raggiungere per ridurre il numero dei casi di infezione.

  • Cristina Da Rold

    Cristina Da Rold (Belluno, 1988) è data-journalist dal 2012. Si occupa di sanità con approccio data-driven, principalmente su Infodata – Il Sole 24 Ore Le Scienze. Scrive prevalentemente di disuguaglianze sociali, epidemiologia e nuove tecnologie in medicina. Consulente e formatrice nell’ambito della comunicazione sanitaria digitale, dal 2015 è consulente per la comunicazione/social media presso l’Ufficio italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal 2021 anche presso la Fondazione Pezcoller per la ricerca sul cancro di Trento. Nel 2015 ha pubblicato il libro “Sotto controllo. La salute ai tempi dell’e-health”(Il Pensiero Scientifico Editore). È docente presso il Master in comunicazione della scienza e della salute dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e presso il Master in comunicazione della scienza dell’Università di Parma.