Cancro al fegato: il ruolo dell’alimentazione

Ultimo aggiornamento: 11 marzo 2025

Cancro al fegato: il ruolo dell’alimentazione

Una dieta varia ed equilibrata potrebbe prevenire danni genetici che favoriscono i casi di tumore epatico.

I risultati di una recente ricerca condotta da un gruppo di scienziati dell’Università della California a San Diego, negli Stati Uniti, ha chiarito un meccanismo che porta allo sviluppo del cancro al fegato. Il tumore epatico è il sesto tipo di cancro più diagnosticato al mondo e la quarta causa principale di decessi oncologici su scala globale. I principali fattori di rischio noti per questo tipo di tumore sono le infezioni virali all’origine delle epatiti e le cirrosi che seguono sia a tali infezioni, sia all’abuso di alcolici e grassi. Nel meccanismo individuato a San Diego sembrano avere un ruolo chiave, oltre ai grassi, anche gli zuccheri. In effetti, uno dei modi per ridurre il rischio di tumore al fegato in persone a rischio è evitare per quanto possibile il cosiddetto “fegato grasso”, in gergo medico chiamato steatosi epatica non alcolica, grazie a un’alimentazione più equilibrata.

 

I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Nature, hanno rivelato una complessa interazione tra il metabolismo cellulare e i danni al DNA. Il meccanismo coinvolto sembra essere essenziale nella progressione della steatosi epatica verso il carcinoma epatocellulare (HCC). Le implicazioni di questa scoperta potrebbero aprire nuove prospettive per la prevenzione e la cura del cancro al fegato e offrire una nuova comprensione dei possibili danni genetici causati da una dieta poco varia ed equilibrata.

L’incidenza in aumento e il ruolo della MASH

Negli ultimi vent’anni l’incidenza del carcinoma epatocellulare è aumentata di circa il 25-30%. La crescita è attribuita principalmente al preoccupante aumento della steatosi epatica, il cosiddetto “fegato grasso”. Questa condizione, che si stima colpisca oltre il 22% degli adulti nel nostro Paese, consiste nell’accumulo eccessivo di grasso all’interno delle cellule del fegato. Circa il 20% delle persone con fegato grasso sviluppa una forma più grave della malattia, nota come steatoepatite associata a disfunzione metabolica (MASH), che comporta un rischio significativamente maggiore di tumore al fegato.

Capire i meccanismi alla base di questa trasformazione, ancora poco chiari, è molto importante. Infatti, la MASH rischia di compromettere fortemente la funzionalità del fegato, rendendo a volte necessario un trapianto, o di provocare una forma di cancro spesso difficile da curare.

Il ruolo della dieta

I ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto epatico ottenuti sia da pazienti sia da topi di laboratorio. Ne hanno studiato la trascrittomica e la proteomica, ovvero l’insieme di RNA messaggeri e proteine da essi prodotti. Hanno così potuto far luce su quali fossero i principali geni e molecole espressi dagli epatociti malati.

Questi sono risultati implicati in meccanismi associati a diete molto caloriche. Un’alimentazione ricca di grassi e zuccheri sembra infatti favorire danni al DNA delle cellule epatiche: pare inducano le cellule del fegato a entrare in uno stato di senescenza, in cui cioè le cellule restano vive e metabolicamente attive, ma perdono la capacità di riprodursi. In condizioni normali, la senescenza può costituire un meccanismo protettivo contro lo sviluppo di tumori, dato che l’organismo può avere il tempo di riparare i danni o eliminare le cellule compromesse prima che possano proliferare e diventare cancerose. Tuttavia, alcune cellule epatiche (anche chiamate epatociti) sopravviverebbero alla senescenza, trasformandosi in potenziali minacce latenti per la salute del fegato, pronte a riprendere a proliferare e diventare cancerose in qualsiasi momento.

Nuove prospettive per il trattamento e la prevenzione

I meccanismi molecolari scoperti nel corso di questo studio aprono nuove strade per lo sviluppo di terapie mirate a prevenire o invertire i danni al DNA, un approccio che potrebbe rivelarsi particolarmente efficace per i pazienti affetti da MASH.

I dati hanno inoltre evidenziato l’impatto concreto di una dieta poco salutare sull’integrità del DNA degli epatociti. Le ipotesi sul meccanismo, su cui lavorano i ricercatori, comprendono la possibilità che una dieta ricca di grassi alteri la disponibilità delle “materie prime” che le cellule utilizzano per costruire e riparare il DNA. Le abitudini alimentari moderne, caratterizzate da un eccesso di grassi, zuccheri e cibi ultra-processati, rappresentano dunque un fattore di rischio spesso sottovalutato.

 

Le potenzialità di queste ricerche non si limitano al cancro al fegato, ma si estendono anche alla comprensione del legame tra invecchiamento e oncogenesi. L’invecchiamento è infatti un fattore di rischio per la maggior parte dei tumori e i risultati di questo studio suggeriscono alcuni meccanismi con cui le cellule potrebbero tornare a replicarsi dopo essere entrate in senescenza.

Come si fa a sapere se si ha il fegato grasso?

La steatosi epatica e la steatoepatite sono condizioni sempre più diffuse, spesso associate, oltre che alle epatiti, anche a diabete, ipertensione, dislipidemia, sedentarietà e obesità, ossia a quella che è nota come sindrome metabolica. Secondo diverse stime, questa condizione interessa tra il 13 e il 36% della popolazione europea.

La sindrome metabolica è in genere asintomatica e, quando provoca sofferenza al fegato, può essere scoperta casualmente, per esempio con un’ecografia o con esami del sangue che mostrano valori di transaminasi elevati. Nei casi dubbi la biopsia epatica può offrire ulteriori informazioni importanti.

 

Poiché non esistono terapie farmacologiche specifiche per trattare il fegato grasso, il trattamento si basa su modifiche dello stile di vita, prevedendo un’alimentazione equilibrata, con un ridotto apporto di grassi, zuccheri e alcol, un’attività fisica regolare e il controllo del peso. In caso di malattie associate, come diabete e obesità, interventi mirati possono essere utili anche nella gestione della steatosi.

Referenze

  • Gu L., Zhu Y., et al., 2025. FBP1 controls liver cancer evolution from senescent MASH hepatocytes. Nature 637, 461-469. Doi: 10.1038/s41586-024-08317-9
  • Associazione italiana per lo studio del fegato (AISF), Società italiana di diabetologia (SID), Società italiana dell’obesità (SIO). Steatosi epatica non alcolica 2021: linee guida per la pratica clinica. Sistema nazionale linee guida ISS, ultimo aggiornamento 2023.
  • Cristina Da Rold

    Cristina Da Rold (Belluno, 1988) è data-journalist dal 2012. Si occupa di sanità con approccio data-driven, principalmente su Infodata – Il Sole 24 Ore Le Scienze. Scrive prevalentemente di disuguaglianze sociali, epidemiologia e nuove tecnologie in medicina. Consulente e formatrice nell’ambito della comunicazione sanitaria digitale, dal 2015 è consulente per la comunicazione/social media presso l’Ufficio italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal 2021 anche presso la Fondazione Pezcoller per la ricerca sul cancro di Trento. Nel 2015 ha pubblicato il libro “Sotto controllo. La salute ai tempi dell’e-health”(Il Pensiero Scientifico Editore). È docente presso il Master in comunicazione della scienza e della salute dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e presso il Master in comunicazione della scienza dell’Università di Parma.