Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Dagli Stati Uniti arriva un’altra buona ragione per portare in tavola broccoli e cavoli: un composto presente in questi vegetali spesso poco amati potrebbe diventare la base di nuove strategie per tenere a bada i tumori
Una molecola chiamata indolo-3-carbinolo (I3C) – presente nelle crocifere, famiglia di cui fanno parte broccoli, cavoli e cavolini di Bruxelles – sarebbe in grado di ripristinare l’attività di un gene che contrasta la crescita del tumore.
“Si tratta di PTEN, uno dei geni oncosoppressori più potenti nella storia della genetica del cancro” spiega Pier Paolo Pandolfi, del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, negli Stati Uniti, coordinatore di uno studio i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Science.
Come ricordano i ricercatori, forme mutate o comunque malfunzionanti di PTEN possono far sì che il tumore si sviluppi e riesca a crescere, e per questa ragione sono già state elaborate terapie che vanno ad agire proprio su quel gene. Lavorando con cellule umane in coltura e animali di laboratorio, Pandolfi e colleghi hanno identificato un enzima chiamato WWP1 che interferirebbe con l’attività anticancro di PTEN. In seguito, attraverso complesse analisi di simulazione al computer e basate sulla struttura fisica dell’enzima, è stato possibile individuare una molecola capace di legare e bloccare WWP1. Questa molecola è proprio I3C che, in esperimenti condotti dal gruppo di Pandolfi con animali di laboratorio, ha permesso di “risvegliare” PTEN. “Questi risultati aprono la strada allo sviluppo di nuove terapie che agiscano sul gene passando attraverso I3C e l’enzima WWP1” affermano gli autori, ricordando che PTEN è coinvolto anche in altre patologie oltre al cancro, come per esempio disturbi dello sviluppo e problemi metabolici.
Anche se i risultati sono incoraggianti, i ricercatori spiegano che non è il caso di puntare su scorpacciate di crocifere per ricreare l’effetto antitumorale osservato in laboratorio: le dosi che si sono rivelate efficaci nello studio non sono infatti raggiungibili con l’alimentazione. Bisognerà quindi aspettare che la molecola venga eventualmente sintetizzata e approvata come farmaco dalle autorità regolatorie, solo se si rivelerà promettente come sembra anche nelle fasi successive della sperimentazione preclinica e clinica.
Agenzia Zoe