Ultimo aggiornamento: 22 novembre 2024
L’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato il rapporto dal titolo “Global status report on alcohol and health and treatment of substance use disorders”, in cui sono illustrate le tendenze del consumo di alcol in Europa e le più recenti stime dei disturbi dovuti all’alcol.
Ogni 10 secondi nel mondo una persona muore per cause legate all’alcol. Nel 2023 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) era stata chiara: dai più recenti esami della letteratura scientifica emerge che non esiste un livello consumo di alcol senza effetti sulla salute. Per questo le ultime raccomandazioni dell’OMS suggeriscono di non consumare per nulla bevande alcoliche. Forse non tutti sanno che, successivamente a questo annuncio, l’alcol è stato bandito da tutti gli eventi organizzati dall’OMS stesso.
È vero, queste raccomandazioni sembrano cozzare con le linee guida nazionali, che solitamente suggeriscono di non consumare più di 10 bevande alcoliche standard a settimana. Il motivo è che le raccomandazioni nazionali sono linee guida per un basso rischio, mentre quelle dell’OMS partono dal presupposto che la situazione ideale per la salute sia non consumare affatto alcol perché il consumo di alcolici è sempre associato a un rischio potenziale per la salute, anche se si tratta di minime quantità.
In effetti le evidenze scientifiche che mostrano un’associazione fra il consumo di qualsiasi quantità di alcol e la salute sono pubbliche da tempo, nonostante il luogo comune largamente diffuso, anche dai media, secondo cui un bicchiere di vino rosso a pasto farebbe bene al cuore. Non è così, e infatti l’Istituto superiore di sanità include questa massima tra i falsi miti legati all’alcol. L’ente sottolinea che dire che un bicchiere di vino protegge dalle patologie cardiovascolari non è corretto e che, come largamente sottolineato e diffuso dalla Federazione mondiale dei cardiologi e dalla Società europea di categoria, l’idea che un bicchiere di vino rosso faccia bene al cuore è infatti privo di evidenze scientifiche e distoglie l’attenzione dai danni associati all’alcol.
Sono molti i composti contenuti nelle bevande alcoliche che influiscono sulla salute, come l’acetaldeide (un metabolita dell’alcol), il metanolo e il carbammato di etile. Inoltre, vi si trovano alcuni metalli pesanti (inclusi rame, ferro, manganese, nichel, stagno e zinco) che possono essere presenti sia nei prodotti commerciali, sia nelle bevande alcoliche prodotte in modo informale (a casa) o illegale.
Il 25 giugno 2024 l’Organizzazione mondiale della sanità ha reso noto il “Global status report on alcohol and health and treatment of substance use disorders”. Nel rapporto un gruppo di esperti ha presentato gli ultimi dati disponibili, forniti dagli Stati membri, sulle tendenze del consumo di alcol, le stime sulle malattie attribuibili all’alcol e le risposte politiche a livello mondiale. Il consumo di alcol è associato a oltre 200 problemi di salute, tra cui malattie infettive, cancro, disturbi mentali e comportamentali, disturbi neurologici, malattie cardiovascolari, malattie gastrointestinali e lesioni a organi e tessuti.
Chiaramente gli effetti negativi dell’alcol dipendono dalla quantità consumata e dalla frequenza degli eccessi. Per le persone che consumano basse quantità di alcol e che non bevono pesantemente in modo episodico (rispetto agli astemi per tutta la vita), il rischio di diabete mellito, di cardiopatia ischemica e di ictus ischemico è inferiore rispetto a chi consuma alcol tutti i giorni o si ubriaca periodicamente. Sebbene le meta-analisi degli studi sul tema abbiano osservato un effetto protettivo solo per le donne, ciò potrebbe essere dovuto al fatto che gli uomini sono più propensi a bere pesantemente in modo episodico. Questo, per esempio, può portare a un aumento del rischio di diabete per gli uomini che non si osserva per le donne. A livello di causa specifica, il contributo dell’alcol agli oneri sanitari specifici per malattie e infortuni è stato del 100 per cento per i disturbi da uso di alcol (AUD) e per la cardiomiopatia alcolica.
L’OMS ha stimato che circa 2,6 milioni di decessi sono associati al consumo di alcol: si tratta del 4,7 per cento circa di tutte le morti a livello mondiale. Se consideriamo il totale dei decessi correlati all’alcol, all’incirca il 22 per cento è dovuto a malattie all’apparato digerente, il 20 per cento a incidenti, il 17,8 per cento a malattie cardiovascolari o diabete, il 15 per cento a tumori maligni, il 10,8 per cento a patologie perinatali connesse all’uso di alcol in gravidanza e il 7,7 per cento a episodi di violenza intenzionale. Considerando i decessi per tutte le cause, l’alcol ha contribuito al 2,8 per cento circa di tutti i decessi e di tutti gli anni di vita con disabilità o persi per morte prematura (DALY), dovuti a condizioni trasmissibili, materne, perinatali e nutrizionali. Ha inoltre contribuito al 4 per cento circa di tutti i decessi per malattie non trasmissibili, al 16,4 per cento delle morti per infortunio o incidente, al 4,3 per cento delle morti per cancro, al 2,7 per cento di quelle per problemi cardiovascolari e addirittura al 23 per cento dei decessi per malattie del tratto digerente. In particolare, l’alcol è implicato nel 42 per cento circa dei decessi dovuti alla cirrosi epatica; inoltre, è coinvolto nel 2 per cento circa delle morti per cardiopatia ischemica.
Nonostante i dati mostrino i danni provocati dagli alcolici, chi vive in Italia non ha ridotto il consumo di alcol negli ultimi 20 anni. Nel 2022, nel nostro Paese, un uomo su 5 e poco meno di una donna su 10 hanno consumato alcol in modalità che espongono a un maggior rischio per la salute. Oltre 3 milioni di persone, pari a una persona su 20, hanno bevuto per ubriacarsi – la modalità del cosiddetto “binge drinking”. Il 12,7 per cento degli uomini e il 6,1 per cento delle donne di età superiore a 11 anni hanno dichiarato di aver abitualmente ecceduto nel consumare bevande alcoliche, per un totale di circa 5 milioni di persone, un po’ meno rispetto al 2011. Il 28 per cento circa delle persone che vivono in Italia è astemio, con variazioni che vanno dal 21 per cento in Alto Adige al 35 per cento in Calabria. Si tratta sostanzialmente della stessa percentuale di 20 anni fa. I dati provengono dal Sistema di monitoraggio alcol (SISMA) dell’Istituto superiore di sanità.
La cattiva notizia che emerge dal rapporto OMS è che in Italia, come in molte altre nazioni, non riusciremo a raggiungere l’obiettivo previsto per il 2025 di riduzione della mortalità da consumo dannoso di alcol pro capite. Le tendenze attuali indicano infatti che l’obiettivo globale di riduzione del 20 per cento del consumo dannoso di alcol non potrà essere raggiunto entro il 2030. La situazione potrebbe migliorare a fronte di un forte impegno politico di sensibilizzazione, promozione e mobilitazione di risorse, per garantire la piena implementazione del Piano d’azione globale sull’alcol 2022-2030, con particolare attenzione alle misure a maggiore impatto (presenti nel pacchetto SAFER dell’OMS).
Dal 2010 è stata registrata una riduzione del consumo di alcol e dei danni a esso associati a livello mondiale. Ciò nonostante gli oneri sanitari e sociali dovuti al consumo di alcol rimangono inaccettabilmente elevati. Peraltro, i più colpiti sono i giovani: nel 2019 la percentuale più alta di morti attribuibili all’alcol (13 per cento) ha interessato individui di età compresa tra i 20 e i 39 anni.
Cristina Da Rold