Tutti gli anni a primavera, quotidiani, riviste, siti internet si riempiono di indicazioni su come abbronzarsi senza rischi, soprattutto con riferimento agli orari in cui ci si può esporre al sole. Anche le indicazioni delle più autorevoli istituzioni scientifiche internazionali sono però spesso contraddittorie a questo riguardo: c’è chi dice di stare attenti quando il sole è a picco, chi raccomanda di restare all'ombra dalle 10 del mattino alle 5 del pomeriggio, chi dalle 11 alle 3. Quel che è certo è che l’irradiazione più forte si concentra dalle 10 del mattino alle 4 del pomeriggio, e per valutare l’intensità dei raggi solari l’American Cancer Society suggerisce il “test dell’ombra”: se la vostra ombra è più corta di voi, significa che il sole è al suo culmine ed è fondamentale proteggersi.
Le indicazioni su come comportarsi, oltre che dal fototipo, dipendono da diversi fattori, di cui occorre tener conto con buon senso.
È evidente che in una bella giornata invernale si può fare una passeggiata al parco nelle ore centrali della giornata senza timore di scottarsi, ma il primo sole di primavera può cogliere impreparate le persone con i fototipi più chiari, che rischiano scottature anche in aprile in città. Il periodo in cui bisogna stare più attenti, nell'emisfero settentrionale, va comunque da maggio a settembre; nell'emisfero meridionale, da novembre a marzo.
Gli effetti dei raggi UV sono maggiori in alta montagna, perché lo strato di atmosfera che può assorbire le radiazioni nocive provenienti dal sole è più sottile. Qui occorre proteggersi anche in inverno, tanto più che la neve, come la sabbia o l’acqua del mare o dei laghi, riflette i raggi solari aumentandone la potenza. Si calcola che la neve rifletta il 75 per cento dei raggi capaci di provocare scottature, la sabbia il 15 per cento, il calcestruzzo il 10 per cento e la schiuma del mare il 25 per cento.
Il grado di protezione necessaria e gli orari in cui ci si può esporre al sole in sicurezza cambiano moltissimo in relazione alla distanza dall'equatore del luogo in cui ci si trova. Quanto più i raggi del sole sono perpendicolari alla superficie terrestre, tanto più sottile è lo strato di ozono che devono attraversare: le regole non possono quindi essere le stesse se ci si trova sulla spiaggia di Brighton o in un atollo delle Maldive.
Se il sole è nascosto da uno spesso strato di nuvoloni neri, come nel corso di acquazzoni e temporali estivi, è difficile che possa fare danni. Un compatto strato nuvoloso permette però il passaggio del 30-40 per cento dei raggi UV. Se quindi le nuvole si alternano a sprazzi di sereno, il livello di irradiazione può aumentare molto, raggiungendo l’80 per cento se il cielo è coperto solo a metà.
In queste condizioni è quindi più facile scottarsi, soprattutto perché si tende a sottovalutare il tempo di esposizione rispetto a quando il tempo è sereno.
La crescente consapevolezza dei rischi legati a un’eccessiva esposizione al sole ha spinto molti giornali a pubblicare, accanto alle previsioni del tempo, quelle del grado di irradiazione solare. Come leggerle?