Ultimo aggiornamento: 6 dicembre 2024
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Con qualche differenza da Paese e Paese, si stima che nel mondo circa 1 persona su 3 svilupperà un tumore nel corso della propria esistenza, con incidenza maggiore nel sesso maschile. Nelle persone con sindrome di Li-Fraumeni, una condizione genetica che predispone allo sviluppo di tumori, questo rischio aumenta ulteriormente: si stima che tra le persone con questa sindrome 7 uomini su 10 e 9 donne su 10 svilupperanno un tumore nel corso della loro vita, spesso prima dei 45 anni, e a volte anche con tumori multipli in siti diversi. Tra i tipi di cancro più frequenti nelle persone portatrici di questa sindrome ci sono il tumore al seno, il sarcoma dei tessuti molli, l’osteosarcoma, i tumori cerebrali, il tumore del surrene e le leucemie. Ma possono comparire anche linfomi, melanoma, tumore allo stomaco, al colon, ai testicoli e all’ovaio e tumori rari, come il carcinoma del plesso coroideo e il radbomiosarcoma, entrambi più comuni nei bambini.
La sindrome di Li-Fraumeni è una malattia rara: si stima che colpisca circa 1 persona ogni 5.000-20.000 individui per anno. È nota almeno dalla fine degli anni Settanta, grazie agli studi di Frederick Pei Li e Joseph F. Fraumeni Jr, due scienziati del National Cancer Institute statunitense. Fino agli anni Novanta, però, le componenti ereditarie della malattia erano sconosciute, anche se Li e Fraumeni avevano già dei sospetti in proposito. Avevano osservato infatti la presenza di sarcomi dei tessuti molli in alcuni bambini i cui i genitori o altri membri della famiglia avevano sviluppato tumori precocemente, perciò avevano ipotizzato che la malattia potesse essere di origine ereditaria.
La contemporanea presenza di ricorrenza familiare per tumori, anche multipli, soprattutto sarcomi (tra i più caratteristici della sindrome di Li-Fraumeni), e la precoce età di insorgenza, sono ancora oggi tra i criteri clinici definiti dagli esperti per diagnosticare la malattia. Nella quasi totalità dei casi è possibile identificare la presenza di mutazioni in un gene, tra i più noti quando si parla di tumori: TP53. Questo gene contiene le informazioni per produrre la corrispondente proteina P53, che agisce come un oncosoppressore, impedendo la trasformazione tumorale quando funziona correttamente e il gene non è mutato. In particolare, P53 esercita un’attività di controllo: in presenza di danni al DNA può orchestrarne la riparazione, o se questo non è possibile, dare istruzioni alla cellula affinché non si divida. In questo modo l’azione di P53 impedisce sia l’accumulo di mutazioni sia il rischio di trasformazione e proliferazione tumorale.
Le mutazioni del gene TP53 possono essere ereditate dai genitori con un meccanismo di trasmissione autosomico dominante, cioè ogni figlio di un genitore portatore della mutazione ha il 50 per cento di probabilità di ereditare tale mutazione. Oppure possono presentarsi spontaneamente, per errori casuali durante la formazione dei gameti da cui si svilupperà l’individuo.
Malgrado l’elevato rischio di insorgenza di un tumore, non tutti i pazienti con la sindrome di Li-Fraumeni svilupperanno una neoplasia. Tuttavia, sapere di avere una predisposizione ereditaria consente di accedere a programmi potenziati di diagnosi precoce e controlli medici, perseguendo una strategia di sorveglianza attiva che si è mostrata efficace per aumentare la sopravvivenza di questi pazienti. Nelle donne, in alcuni casi, può anche essere discussa la mastectomia profilattica per ridurre il rischio di tumore al seno.
Sebbene la malattia sia collegata principalmente alla presenza di mutazioni o alterazioni a carico del gene TP53, TP53 non è mutato in tutti i casi. Questo significa che, molto probabilmente, altri geni, ancora sconosciuti, contribuiscono alla malattia.
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Anna Lisa Bonfranceschi