Ultimo aggiornamento: 14 novembre 2024
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Una delle domande più frequenti che le donne e ragazze si sentono rivolgere durante le prime visite dal ginecologo è se hanno dei familiari, specialmente quelli più stretti come mamma e sorelle, che si sono ammalati di tumore, in particolare di cancro al seno o alle ovaie. È noto infatti che avere uno o più familiari che hanno sviluppato uno di questi tumori è un fattore di rischio individuale.
In alcuni casi tale rischio aumentato è dovuto a mutazioni genetiche specifiche ed ereditarie che predispongono allo sviluppo di tumori. Tra i geni di questo tipo, i più noti, complici le notizie dell’attrice Angelina Jolie e della modella Bianca Balti che hanno annunciato pubblicamente di esserne portatrici, sono BRCA1 e BRCA2, acronimi di BReast CAncer gene 1 e BReast CAncer gene 2. Queste mutazioni genetiche possono influenzare il rischio di sviluppare tumori anche in sedi diverse dal seno e non solo tra le donne, per esempio alla prostata, all’ovaio, allo stomaco e al pancreas. Per questo motivo il ginecologo potrebbe fare domande anche su eventuali casi di queste neoplasie tra i familiari, per avere un’idea più completa del rischio di suscettibilità familiare al cancro.
Normalmente, le proteine codificate dai geni BRCA1 e BRCA2 aiutano a mantenere l’integrità del genoma, intervenendo in caso di danni al DNA da riparare. Quando invece questi geni sono mutati, le proteine corrispondenti funzionano male o sono addirittura assenti e dunque non riescono a svolgere il proprio ruolo protettivo, così le cellule accumulano errori nel proprio DNA che non vengono riparati. Alcuni di questi errori possono avvenire in geni che favoriscono la trasformazione delle cellule in senso tumorale e una moltiplicazione incontrollata.
Non è ancora chiaro in quale misura la presenza o meno di una di queste mutazioni aumenti il rischio di sviluppare tumori rispetto a chi non ne è portatore. Probabilmente l’effetto è molto variabile, a seconda di quali ulteriori mutazioni si accumulano. Peraltro, non tutti gli effetti delle mutazioni sono noti né prevedibili.
Esistono però alcune stime. Secondo il National Cancer Institute statunitense, mutazioni a carico di BRCA1 e BRCA 2 aumentano di circa 5 volte il rischio di tumore al seno nelle donne rispetto alla popolazione che non ne è portatrice. Da 5 a 7 donne su 10 con queste mutazioni svilupperanno un tumore al seno nel corso della loro vita, a fronte di una media di poco più di una donna su 10 nel resto della popolazione. Il rischio di tumore alle ovaie, meno diffuso rispetto a quello al seno, può aumentare da 10 a 40 volte in presenza di mutazioni del gene BRCA1, fino a interessare 4 donne colpite da questa mutazione su 10, mentre la popolazione che non ne è portatrice e che ha invece un rischio pari a circa l’1 per cento.
Questi geni, come accennato, possono influenzare il rischio di sviluppare tumori anche in altre sedi: secondo i risultati di uno studio pubblicati nel 2022 sul Journal Of Clinical Oncology, mutazioni a carico di questi geni raddoppiano il rischio relativo di sviluppare un tumore al pancreas (poiché è un tumore raro, il rischio aumenta da circa l’1,5 al 3 per cento entro gli 80 anni d’età). BRCA2, ma non BRCA1, fa crescere anche le probabilità di sviluppare un tumore alla prostata o del seno maschile. In quest’ultimo caso l’aumento di rischio relativo è di oltre 40 volte, ma poiché è un tumore molto raro, le stime parlano comunque di un caso diagnosticato ogni 60.000 uomini.
Alle persone considerate più a rischio può essere consigliato un test genetico per verificare la possibile presenza di queste mutazioni. Le indicazioni allo screening genetico sono riassunte dall’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) e tengono conto sia della storia personale sia di quella familiare della persona. Tra i criteri per l’indicazione al test ci sono lo sviluppo di tumori al seno o all’ovaio, al pancreas e alla prostata, la presenza di casi di questi stessi tumori in famiglia, l’età di insorgenza della malattia, lo sviluppo di malattie multiple e la presenza di mutazioni genetiche predisponenti al cancro già diagnosticate, soprattutto tra i parenti di primo grado. Casi ricorrenti di alcuni tumori in famiglia, soprattutto se a insorgenza precoce, possono infatti far sospettare l’esistenza di una predisposizione genetica. Scoprire di essere portatori di mutazioni ai geni BRCA può consentire, ancora prima che la malattia eventualmente si presenti, di aumentare l’attività di sorveglianza e prevenzione. In caso di tumori già diagnosticati, è possibile ottimizzare le scelte terapeutiche.
Le opzioni per chi non ha ancora sviluppato un cancro sono diverse: oltre a intensificare la prevenzione primaria e gli esami di diagnosi precoce, per individuare al più presto eventuali tumori, esistono strategie che possono essere usate a scopo profilattico. Per esempio, si può decidere di asportare chirurgicamente i tessuti a rischio, soprattutto seno, ovaie e tube di Falloppio. Una strada scelta, tra le altre, da Angelina Jolie e, più recentemente, da Bianca Balti.
La presenza di versioni mutate di questi geni, pur aumentando significativamente il rischio di sviluppare alcune forme di tumori, non significa che questi necessariamente si svilupperanno. Allo stesso modo gli interventi di profilassi o riduzione del rischio non possono scongiurare del tutto la possibilità di ammalarsi, neanche nel caso di operazioni radicali. Come ricordano gli esperti del National Cancer Institute statunitense, piccole porzioni di tessuto suscettibile di trasformazione neoplastica possono rimanere anche dopo la chirurgia.
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Anna Lisa Bonfranceschi