Ultimo aggiornamento: 5 dicembre 2024
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L’epatite B è una malattia infettiva e infiammatoria del fegato causata dal virus dell’epatite B (abbreviato in HBV dall’inglese, Hepatitis B virus). In genere negli adulti l’epatite B acuta guarisce spontaneamente in pochi mesi. Ma può anche diventare cronica, quando l’infezione non si risolve spontaneamente nel giro di qualche mese e il virus rimane nell’organismo. Il rischio che questo accada è tanto più elevato quanto più è bassa l’età in cui ci si infetta: si stima capiti a circa 9 neonati su 10 contro 5 adulti su 100.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono più di 300 milioni le persone nel mondo con epatite B cronica, anche se appena un terzo ne è consapevole. Spesso, infatti, l’infezione non dà sintomi, anche se il virus continua a moltiplicarsi, con il rischio che nel tempo compaiano complicanze quali cirrosi, insufficienza epatica e tumore al fegato. Quest’ultimo è responsabile di gran parte delle oltre 800.000 morti che possono essere associate all’epatite B ogni anno.
Per l’epatite B esistono trattamenti in grado di inibire la capacità del virus di produrre copie di sé. Tuttavia, una volta contratto, se non è stato eliminato spontaneamente dall’organismo è assai difficile se non impossibile eliminarlo del tutto con i farmaci. Anche per questo tutte le forme di prevenzione sono molto importanti.
Contro il virus dell’epatite B esiste un apposito vaccino che viene effettuato a tutti i bambini nell’ambito dei programmi di vaccinazione infantile. Per chi non avesse ricevuto il vaccino da bambino, la vaccinazione è raccomandata a tutte le età. Sicuro e ben tollerato, il vaccino è anche molto efficace, dato che offre un elevatissimo tasso di protezione dalla malattia. Inoltre, riduce il rischio che un’eventuale infezione diventi cronica e che vi siano complicanze come la cirrosi e il tumore al fegato.
L’invito alla vaccinazione contro l’epatite B come strategia di prevenzione dei tumori è incluso nella lista del Codice Europeo Contro il Cancro. Peraltro, il vaccino permette anche di scongiurare il rischio di epatite D, dato che il virus responsabile di questa infezione (HDV, da Hepatitis D virus) può replicarsi solo in presenza del virus dell’epatite B, amplificando il danno epatico e rendendo più facile la comparsa del tumore.
La prevenzione dell’infezione con il virus HBV può avvenire anche prestando attenzione all’igiene ed evitando i comportamenti a rischio. L’epatite B si trasmette infatti tramite contatto con il sangue, con altri fluidi corporei infetti e con oggetti contaminati con tali fluidi, come gli aghi per tatuaggi e i rasoi che non sono stati sterilizzati dopo l’uso.
Si stima che circa un quarto dei pazienti con forme croniche di epatite B svilupperà un tumore del fegato, in genere un epatocarcinoma che nella stragrande maggioranza dei casi è preceduto dalla cirrosi. Quest’ultima comporta la compromissione della funzionalità epatica causata da fibrosi, la formazione di tessuto cicatriziale dovuta ai danni causati da una malattia del fegato.
Come per l’epatite C, i meccanismi con cui l’infezione da HBV aumenta il rischio di trasformazione tumorale sono molteplici. Secondo i risultati di numerosi studi sul tema, questo virus può alterare sia il funzionamento delle cellule del fegato sia l’ambiente circostante, favorendo l’insorgenza di alcune delle caratteristiche tipiche del cancro, i cosiddetti hallmark of cancer (14 a oggi quelli riconosciuti). Agisce sia in modo diretto, stimolando la proliferazione di cellule tumorali, sia in modo indiretto, innescando meccanismi che favoriscono l’insorgenza di tumori.
Uno dei meccanismi con cui l’HBV facilita la trasformazione tumorale è dovuto alla sua capacità di integrarsi nel DNA delle cellule dell’ospite. Questo virus, infatti, è costituito da DNA ed è capace di inserirsi nel genoma delle cellule epatiche. In questo modo, il virus può modificare le sequenze del DNA, alterando direttamente o indirettamente il funzionamento e l’espressione di oncogeni e geni oncosoppressori, influenzando la proliferazione cellulare e causando instabilità genomica. In altre parole, l’HPV rende la cellula ad alto rischio di accumulare mutazioni, che possono dare origine a tumori.
Anche alcune proteine prodotte dal virus, tra cui in particolare la proteina HBx, possono promuovere la trasformazione tumorale. Le proteine virali possono infatti attivare alcune vie metaboliche che favoriscono la crescita cellulare, rimodellare la struttura dei tessuti favorendo la formazione di vasi sanguigni, stimolare l’apertura di varchi in cui le cellule possono insinuarsi e migrare, dando così origine a metastasi. Le proteine virali possono anche inattivare alcuni circuiti molecolari in grado di frenare la crescita incontrollata delle cellule. Inoltre, possono influenzare l’espressione di alcuni geni cruciali per la trasformazione tumorale intervenendo su meccanismi epigenetici, che cioè non agiscono sulla sequenza dei geni stessi ma su fattori regolatori. Per esempio, alcune proteine di HBV possono agire su gruppi chimici, detti metili, che si trovano sul DNA.
Ma non solo: la presenza del virus può anche stimolare lo stress ossidativo, favorendo l’accumulo di mutazioni e danni tissutali. Infine, l’infiammazione cronica dovuta alla moltiplicazione del virus può creare un microambiente che inibisce le attività del sistema immunitario, anche per quanto riguarda l’eliminazione delle cellule malate, favorendo ulteriormente la crescita del tumore.
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Anna Lisa Bonfranceschi