Ultimo aggiornamento: 4 aprile 2023
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Ogni donna dovrebbe sottoporsi con regolarità e con cadenza annuale a una visita ginecologica, anche in assenza di particolari problemi o sintomi.
Con questa semplice visita è infatti possibile prevenire molti disturbi legati alla sfera ginecologica e verificare, per esempio, la regolarità del ciclo mestruale o la presenza di infezioni batteriche, fungine e virali, come da Candida o da Trichomonas, molto comuni tra le donne con una vita sessuale attiva. Il ginecologo è inoltre la persona più adatta alla quale chiedere consigli e chiarimenti su contraccezione e gravidanza, sugli strumenti più adatti per affrontare la menopausa in modo sereno e limitare gli effetti fastidiosi, o sulla eventuale necessità di eseguire controlli oncologici particolari.
Per quanto riguarda la prevenzione oncologica, sulla base della propria storia familiare lo specialista è in grado di determinare il rischio individuale di sviluppare un tumore e di programmare di conseguenza un calendario preciso degli esami di controllo da svolgere con regolarità.
Il Pap test è un esame di screening proposto a tutte le donne fin dall’inizio dell’attività sessuale, di solito dai 25 fino ai 64 anni di età. È utilizzato per la prevenzione del tumore del collo dell’utero in quanto consente di individuare le anomalie delle cellule della cervice uterina che precedono di molti anni l’insorgenza di un tumore. Questo tipo di tumore nella maggior parte dei casi è causato dall’infezione del virus del papilloma umano (HPV), trasmesso sessualmente, ma esistono alcune forme, sebbene rare, che hanno un’origine differente. Per questo motivo, l’esame può essere indicato anche nel caso in cui non si abbiano mai avuto rapporti sessuali.
Il test si ripete una volta ogni tre anni, a meno che l’esame non mostri anomalie che richiedono un controllo più frequente.
In anni recenti è stato introdotto anche il termine oltre il quale questo esame non è più necessario. Secondo gli studi una donna che risulta negativa intorno ai 70 anni ha bassissime probabilità di sviluppare in seguito un tumore del collo dell’utero e può quindi sospendere i controlli. Questi vanno invece portati avanti se c’è qualcosa che non va o se risulta positiva per l’HPV. Inoltre, è bene ricordare che il medico potrebbe consigliare di eseguire un esame citologico anche nelle donne che sono state sottoposte ad asportazione dell’utero (isterectomia) per altre patologie abbastanza frequenti, come i leiomiomi (tumori benigni) sintomatici. In tal caso si esegue il Pap test della cupola vaginale, ovvero la parte profonda della vagina dove si trovava il collo dell’utero. Infatti, sebbene con un’incidenza di gran lunga inferiore, anche questa sede può essere interessata dall’infezione da HPV.
Nella maggior parte dei casi le cellule che possono portare al tumore della cervice non danno immediatamente origine al cancro vero e proprio, ma generano quelle che i medici chiamano lesioni precancerose, che possono progredire lentamente verso la forma tumorale o regredire spontaneamente senza alcun trattamento. Prevenire la formazione di tali lesioni, o diagnosticarle e curarle precocemente, permette di ridurre drasticamente fino quasi a eliminare l’insorgenza del tumore della cervice. Va detto che contro il virus del papilloma umano abbiamo un’arma efficace, e cioè la vaccinazione, in grado di proteggere dai ceppi virali più aggressivi, all’origine del 70 per cento circa dei tumori della cervice. La vaccinazione contro l’HPV è offerta gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale a ragazze e ragazzi, dall’età di 11 anni. I vaccini attualmente in uso proteggono dai 9 ceppi di HPV, compresi quelli ad alto rischio oncologico e quelli responsabili di lesioni benigne del basso tratto genitale, come i condilomi.
Proprio perché l’infezione da HPV è considerata la causa principale del tumore della cervice uterina, a partire dal 2016 è stato introdotto progressivamente il test HPV DNA come analisi primaria di screening rispetto al Pap test. Come indicato nel Piano nazionale di prevenzione 2014-2019, tutte le regioni entro la fine del 2019 avrebbero dovuto introdurlo. A questo scopo è stata necessaria una fase di riorganizzazione, ma esistono ancora importanti disparità regionali.
I due esami vanno ripetuti secondo diversi intervalli di tempo: il Pap test va eseguito ogni tre anni, mentre l’HPV test ogni cinque anni, se negativo. Se il test per l’HPV risulta positivo, si procede con il Pap test. Se questo risulta normale, si ripete il test per l’HPV dopo un anno: nella maggior parte dei casi l’infezione scompare in questo lasso di tempo, altrimenti si continuano i controlli serrati o, in relazione all’esito del Pap test, si procede con esami di secondo livello, come la colposcopia.
Attualmente lo screening per l’HPV è raccomandato solo dopo i 30 anni perché nelle donne più giovani le infezioni da HPV sono molto frequenti, ma nella maggior parte dei casi regrediscono spontaneamente. Sotto quell’età si rischierebbe quindi di trattare lesioni in grado di guarire da sole.
Si stima che in Italia nel 2017‐2019 quattro donne su cinque di età compresa tra i 25 e i 64 anni abbiano eseguito un Pap test o un test dell’HPV a fini di prevenzione entro i tempi raccomandati. Nel 2020 le donne che hanno effettuato un test di screening sono state quasi un milione e mezzo, con una partecipazione complessiva media del 40 per cento della popolazione interessata, ma con differenze molto rilevanti tra Nord (51 per cento), Centro (41 per cento) e Sud (30 per cento), secondo i dati AIOM del 2021.
Agenzia Zoe