Ultimo aggiornamento: 11 novembre 2022
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Se un tempo in questa fascia d’età i tumori femminili costituivano una rarità, oggi i risultati di diversi studi mostrano che le pazienti giovani sono in crescita rispetto al passato. In particolare, nelle donne tra i 20 e i 40 anni i tumori della mammella sembrano essere in aumento, come mostrano i dati ottenuti da un recente studio americano, pubblicati sulla rivista JCO Oncology Practice. I risultati in particolare hanno indicato un aumento, a partire dal 2004, di nuovi casi di cancro tra i 15 e i 39 anni di età, la maggior parte dei quali presenta metastasi già al momento della diagnosi. Questo è un aspetto da indagare meglio anche in Italia, sebbene non esistano dati dettagliati su donne così giovani.
Anche in questa fascia d’età è molto importante fare la cosiddetta prevenzione primaria, ossia adottare abitudini e comportamenti salutari per ridurre il rischio che insorga un tumore. Sappiamo che il cancro è causato da alterazioni nel patrimonio genetico di una cellula, che in genere devono coinvolgere più di un gene per costituire un pericolo concreto. Anche per questo motivo il tempo di latenza di un tumore, prima che dia segni e sintomi, può essere molto lungo. Ciò significa che i primi danni alla cellula possono avvenire già in età giovanile. Tuttavia i processi di trasformazione tumorale possono essere bloccati sul nascere, per esempio dall’azione del sistema immunitario. Tali azioni sono più efficienti quando si adottano abitudini e comportamenti salutari e per questo in grado di ridurre il rischio di sviluppare un tumore.
È tra i 40 e i 50 anni che si registra un significativo aumento dell’incidenza dei tumori femminili. In questo decennio – che con l’allungamento della vita media nei Paesi occidentali spesso corrisponde al periodo più intenso nella vita di una donna – non bisogna abbandonare le buone abitudini in materia di prevenzione.
Dopo i 50 anni si verifica un picco di incidenza dei tumori femminili. Per questo motivo la prevenzione diventa ancora più importante. Questo decennio è anche quello durante il quale, più comunemente, si verifica la menopausa, un cambiamento importante per il corpo femminile, che va seguito con l’aiuto di un medico esperto. Contrariamente a quanto spesso si pensa, la menopausa non è un momento drammatico, ma solo una modificazione degli equilibri che, attraverso adeguati interventi e con abitudini e comportamenti salutari, può essere superata senza troppi disturbi.
Un tempo una donna di 60 anni era considerata anziana, ma le sessantenni di oggi sono attive, intraprendenti e piene di vita. È quindi ovvio che anche la medicina si sia adeguata a questi cambiamenti sociali positivi, raccomandando le misure di prevenzione dei tumori femminili anche alle persone nelle fasce di età più avanzate. Poiché questi sono anche gli anni nei quali è più frequente che compaiano tumori, la diagnosi precoce, attraverso la prevenzione secondaria, assume una rilevanza ancora maggiore. Il Pap test, il test per l’individuazione del sangue occulto nelle feci e la mammografia sono strumenti indispensabili di prevenzione secondaria: un tumore diagnosticato nelle fasi iniziali, anche in una persona molto anziana, può essere curato efficacemente senza lasciare sequele dolorose.
Il tumore della mammella è molto diffuso: colpisce una donna su 8 ed è il tumore più frequente nel sesso femminile (anche gli uomini possono esserne colpiti, ma con un’incidenza notevolmente più bassa). Nel 2020 è stato il tumore più comune tra la popolazione femminile di tutto il mondo, rappresentando circa il 25 per cento del numero totale di tutti i tumori diagnosticati (dati del Global Cancer Statistics 2020). Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 55.000 nuovi casi. Nonostante il continuo aumento dell’incidenza, il tumore della mammella è oggi sempre più curabile rispetto al passato, grazie anche ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce tramite mammografia.
Per questo tumore sono stati identificati numerosi fattori di rischio, alcuni modificabili, come alcune abitudini, e altri non modificabili, come l’età (la maggior parte dei tumori del seno colpisce donne oltre i 40 anni) e i fattori genetico-costituzionali. Il 10 per cento circa dei tumori del seno è favorito da fattori ereditari, come la presenza nel DNA di mutazioni in alcuni geni: quelli più frequentemente coinvolti sono BRCA1 e BRCA2.
Tra i comportamenti che aumentano il rischio di ammalarsi si possono citare, per esempio, un’alimentazione ricca di grassi animali e povera di frutta e verdura, il fumo e una vita particolarmente sedentaria: abitudini insalubri che possono essere modificate senza eccessivi sacrifici per limitare le probabilità di avere un cancro.
Anche alcuni fattori legati alla vita riproduttiva possono influenzare il rischio di sviluppare un tumore del seno: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovanissima età sono fattori protettivi, così come l’allattamento. In quest’ultimo caso l’effetto protettivo si ottiene in modo significativo se si è allattato per lunghi periodi (oltre un anno).
Il tumore dell’ovaio colpisce gli organi responsabili della produzione degli ormoni sessuali e delle cellule riproduttive (ovociti). Occupa l’ottavo posto tra i tumori femminili più frequentemente diagnosticati in tutto il mondo e rappresenta il 3,4 per cento di tutte le diagnosi di cancro, con 5.200 nuovi casi diagnosticati ogni anno nel nostro Paese (dati AIOM 2021).
Questo tipo di tumore colpisce soprattutto dopo i 60 anni, sebbene alcune forme possano svilupparsi – con una minore frequenza – anche nelle donne al di sotto dei 40 anni. Nonostante i continui progressi della medicina e della ricerca, la diagnosi precoce del tumore ovarico è ancora molto difficile poiché non esistono esami di screening validati e poiché questo tipo di cancro raramente dà sintomi precoci. Di conseguenza, spesso non è possibile iniziare le terapie in modo tempestivo e riuscire a debellare definitivamente la malattia.
I principali fattori di rischio per il tumore ovarico sono l’età avanzata, una vita fertile lunga (prima mestruazione precoce e menopausa tardiva) e l’assenza di gravidanze, mentre l’aver avuto molti figli, l’utilizzo della pillola anticoncezionale, che mette a riposo le ovaie, e un’alimentazione ricca di frutta e verdura rappresentano fattori di protezione. Infine, in una piccola percentuale di tumori ovarici, meno del 10 per cento, sono presenti fattori genetici ereditari, spesso rappresentati da una mutazione nei geni BRCA1 e BRCA2, coinvolti anche nel tumore del seno. Le donne che hanno o hanno avuto, per esempio, la madre o una sorella malate di cancro ovarico o di un altro tumore associato alla stessa mutazione (come quello del seno) sono maggiormente a rischio di sviluppare questo tumore e devono pertanto sottoporsi ai controlli (visita ginecologica ed ecografia) con una frequenza più elevata, valutando altri metodi di prevenzione quali la chirurgia profilattica.
Il tumore della cervice uterina (o del collo dell’utero) è stato per molto tempo il più frequente nel sesso femminile, associato a un’alta mortalità. Oggi è al quarto posto nel mondo tra i tumori femminili.
La situazione è ancora molto preoccupante nei Paesi in via di sviluppo. Questa malattia è infatti la principale causa di morte per cancro in almeno 36 Paesi, la maggior parte dei quali si trova nell’Africa subsahariana, nella Melanesia, nel Sud America e nel Sud-Est asiatico. I tassi di incidenza e di mortalità più elevati si registrano nel continente africano (il Malawi ha il più alto tasso di incidenza e mortalità al mondo). Nel mondo occidentale, invece, si assiste a una continua diminuzione di tali indici (in Italia vengono diagnosticati 2.400 nuovi casi ogni anno) grazie soprattutto all’introduzione del Pap-test, un metodo estremamente efficace per la diagnosi precoce di questo tumore o addirittura delle lesioni precancerose. L’eventuale esito positivo del pap-test consente di avviare tempestivamente una terapia efficace e spesso risolutiva.
Il cancro della cervice dell’utero è legato, nella maggior parte dei casi, all’infezione del virus del papilloma umano (HPV), che si contrae per via sessuale: comportamenti che tendono a limitare le possibilità di infezioni, come la vaccinazione contro l’HPV per i ragazzi molto giovani, sono dunque protettivi. È bene comunque ricordare che la maggior parte delle donne che contrae un’infezione da HPV non sviluppa il tumore della cervice. Esso è infatti un importante fattore di rischio, ma non in tutti i casi si sviluppano lesioni che portano a un tumore. Verosimilmente un efficace sistema immunitario può contribuire a tenere a bada il virus e le sue conseguenze. La vaccinazione, da questo punto di vista, è un fondamentale aiuto in più perché permette al sistema immunitario stesso di prepararsi a riconoscere il virus prima di un’eventuale infezione.
Questo tumore è anche uno dei pochi prevenibili con una vaccinazione contro un agente infettivo (un altro è il tumore del fegato che può essere evitato con la vaccinazione contro l’epatite B). L’OMS ha lanciato una strategia globale per eliminare il tumore della cervice nel mondo entro il 2030. Probabilmente l’Australia, che già nel 2007 ha introdotto un programma nazionale di vaccinazione contro l’HPV, sarà il primo Paese a raggiungere l’obiettivo.
Il Pap test, quando è associato all’HPV test (ricerca del DNA dell’HPV, cioè del materiale genetico del virus del papilloma umano), rimane lo strumento più efficace per la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero.
Grazie al progetto “The Cancer Genome Atlas”, nel 2017 sono state individuate mutazioni in alcuni geni associate allo sviluppo del tumore.
Il tumore dell’endometrio si colloca al sesto posto tra i tumori femminili più frequentemente diagnosticati e in Italia si stimano circa 8.300 i nuovi casi ogni anno. Si tratta di un tumore che colpisce soprattutto le donne dopo la menopausa, con un picco dopo i 60 anni. I tassi d’incidenza sono in aumento nel mondo occidentale a causa dell’allungamento della vita media e verosimilmente di un’alimentazione eccessivamente ricca di grassi.
Nel 2013, sempre grazie al progetto “The Cancer Genome Atlas”, sono stati individuati quattro diversi sottogruppi di tumori dell’endometrio che coinvolgono determinati geni alterati. L’età è il principale fattore di rischio per questo tumore, piuttosto raro prima dei 50 anni. Esistono poi fattori ereditari che possono predisporre allo sviluppo della malattia: in particolare la sindrome di Lynch, a trasmissione ereditaria e associata a un elevato rischio di altri tumori, come quello del colon, può comportare un rischio del 40-60 per cento circa di ammalarsi di tumore dell’endometrio. Altri importanti fattori di rischio sono il sovrappeso e l’obesità: per questo motivo è importante limitare il numero di calorie assunte giornalmente e prediligere una dieta povera di grassi e ricca di frutta e verdura.
Agenzia Zoe