L'American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha stilato un elenco di "campanelli d'allarme" riservato alle donne per orientarsi tra giusto allarme per disturbi anche banali e il rischio di sopravvalutare determinate sensazioni e di angosciarsi per nulla.
Le donne prestano mediamente più attenzione degli uomini alla prevenzione, un fatto che è dimostrato anche da numerose indagini epidemiologiche. Si sottopongono ai controlli consigliati con maggiore frequenza e, soprattutto, sono più capaci di riconoscere i segnali precoci che il corpo manda quando qualcosa non va.
Tra la giusta attenzione da dedicare a disturbi anche banali, ma che non passano, e il rischio di sopravvalutare determinate sensazioni e di angosciarsi per nulla, l’equilibrio da trovare è sottile. Qualche anno fa l’American Society of Clinical Oncology (ASCO) aveva stilato un elenco di “campanelli d’allarme” specifici per le donne. Si trattava di un insieme di segni e sintomi legati a tumori non solo esclusivamente femminili, ma anche a neoplasie in aumento tra le donne, come il cancro del colon o del polmone. Oggi purtroppo sappiamo che queste neoplasie sono ampiamente diffuse: dopo il cancro al seno, che rimane al primo posto per incidenza tra i tumori che colpiscono le donne, il tumore del colon e del polmone occupano infatti rispettivamente il secondo e il terzo posto nella classifica internazionale Globocan. Globocan è un database dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, l’ente dell’Oms che, tra le altre cose, fornisce stime sui casi di tumore in 186 Paesi del mondo (dati del 2020). In Italia, in particolare, nel 2020 il tumore del seno (con 54.976 nuovi casi stimati) è seguito da quello al colon-retto (con 20.282 nuovi casi), al polmone (13.328), alla tiroide (9.850) e all’endometrio (corpo dell’utero, 8.335), secondo i dati AIRTUM 2020. Inoltre, in Italia vivono 834.154 donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore di mammella, seguite da quelle sopravvissute al cancro del colon-retto (233.245), della tiroide (166.914) e dell’endometrio (122.553). E sempre nel genere femminile sono in aumento i tassi di mortalità per il tumore del polmone e del pancreas (dati AIRTUM 2021).
La prima raccomandazione è di non farsi prendere dal panico. Quelli che vengono descritti di seguito sono infatti sintomi comuni a moltissime malattie, la maggior parte delle quali benigne. Dare loro ascolto, andando dal medico, può essere un modo semplice per restare a lungo in salute.
L'oncologa Lucia Del Mastro fa il punto sui 13 sintomi a cui prestare attenzione.
Molte donne sarebbero davvero felici di perdere peso senza ragione e, soprattutto, senza fatica. Fluttuazioni di piccola entità della massa corporea sono normali e possono dipendere da fattori stagionali, ormonali o persino emotivi, legati allo stress. Tuttavia un dimagrimento consistente merita una visita di controllo, se è, per esempio, di cinque o più chilogrammi in un mese, o del cinque per cento del proprio peso in meno di sei mesi, in assenza di una dieta o di un aumento sostanziale dell’esercizio fisico, e se è anche accompagnato da perdita di appetito. Le cellule cancerose sono infatti dotate di un metabolismo molto attivo e un aumentato consumo energetico da parte dell’organismo è un segno che qualcosa non va per il verso giusto. Attenzione però: prima di pensare a un tumore, bisogna escludere altre patologie più comuni, come un disturbo della tiroide (molto frequente nel sesso femminile) oppure una patologia gastrointestinale che interferisce con l’assorbimento delle sostanze nutritive.
Per accertarsene, il medico potrà prescrivere alcuni esami del sangue, con cui verificare l’eventuale presenza di carenze, di anemia o di infiammazione in corso. Inoltre verranno valutati i livelli degli ormoni tiroidei. Solo se gli esami del sangue non saranno risolutivi e se la perdita di peso continuerà ad aumentare, il medico potrà prescrivere esami strumentali di imaging, come ecografie, radiografie e TC.
Prima di attribuire una perdita di peso immotivata a un fenomeno neoplastico, il medico indagherà alcuni aspetti importanti che possono spiegare il fenomeno. È bene, prima della visita, essere pronti a rispondere alle seguenti domande:
La maggior parte delle donne convive costantemente col gonfiore addominale, che segue andamenti periodici legati all'alimentazione e alle fasi del ciclo. Eppure, la pancia molto gonfia, specie se accompagnata da dolore addominale o pelvico, sembra essere uno dei pochi segni indicatori della possibile presenza di un tumore ovarico. Altri elementi che caratterizzano questa malattia – si legge sul sito dell’American Cancer Society – sono: la sensazione di pienezza anche dopo aver consumato pochi bocconi di cibo, difficoltà urinarie, come il bisogno di correre in bagno più spesso del solito, un’aumentata circonferenza addominale in assenza di un aumento di peso, eccessiva stanchezza, cambiamenti del ciclo mestruale, mal di schiena, dolore durante i rapporti sessuali, mal di stomaco o costipazione. In un recente studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cancer, alcuni ricercatori hanno valutato il tempo che intercorre da quando le donne con questi sintomi si rivolgono al medico a quando ricevono la diagnosi di cancro negli Stati Uniti. Gli autori hanno scoperto che tale intervallo di tempo dipende da fattori clinici e demografici e sottolineano l’importanza di educare tutti i medici affinché possano riconoscere questi sintomi.
Ovviamente questo quadro sintomatologico è da considerarsi preoccupante e meritevole di un controllo medico solo se è persistente e protratto nel tempo. Le società scientifiche raccomandano di non andare nel panico: è possibile che gli stessi sintomi siano il segnale di malattie molto più benigne o sindromi come quella del colon irritabile. In ogni caso, a dirimere ogni dubbio spesso basta un’ecografia addominale. Il ginecologo, oltre all’ecografia addominale, procederà probabilmente con un esame della pelvi e con un’ecografia transvaginale. Inoltre, potrà richiedere, tra gli esami del sangue, anche la misurazione di eventuali marcatori tumorali. Solo in caso di dubbi ulteriori si procederà con una TC addominale o con una risonanza magnetica.
La maggior parte delle donne conosce bene la conformazione del proprio seno anche quando non ha l’abitudine (peraltro molto utile) di praticare l’autopalpazione. Gli esperti segnalano però un’eccessiva attenzione alla presenza di noduli e formazioni solide e una scarsa attenzione ad altre manifestazioni che possono essere indicative di un cancro del seno, come un arrossamento persistente della cute in una determinata zona della mammella e un ispessimento della pelle (che talvolta assume il tipico aspetto a buccia d’arancia). In ambedue i casi questi sintomi potrebbero essere un segnale di una forma di neoplasia con una forte componente infiammatoria.
Anche cambiamenti a carico del capezzolo meritano una visita dal medico. Modifiche della forma (retrazioni o protrusioni inusuali), così come la perdita di sangue, siero o latte (ovviamente in un momento in cui non si sta allattando) vanno verificate con un esperto. Questi procederà a esaminare il seno al tatto, farà alcune domande riguardanti la salute della donna in generale e il suo stato ormonale in particolare. In caso di perdite dal capezzolo vengono richiesti anche alcuni esami del sangue, tra i quali la misurazione della prolattina, un ormone che stimola la produzione di latte e la cui concentrazione può aumentare anche in alcuni tumori benigni o in seguito ad alcune terapie farmacologiche.
In caso sospetti la presenza di un tumore, il medico prescriverà, a seconda dell’età e del sintomo, una mammografia o un’ecografia del seno. Tra i 50 e i 70 anni la mammografia va fatta comunque, ogni due anni, come screening per la diagnosi precoce anche in assenza di disturbi.
Sentire qualcosa sotto le dita quando si palpa il seno è sempre un generatore di ansia per una donna. Eppure i cosiddetti "noduli" non sono, nella maggior parte dei casi, sintomi preoccupanti. Come è spiegato dalle linee guida del Collegio italiano dei senologi, le lesioni benigne rappresentano circa il 90 per cento delle condizioni che portano una donna a una visita senologica e si manifestano di solito tra i 30 e i 50 anni. Compito del senologo è escludere che la lesione possa essere un cancro e calcolare l’eventuale rischio che da tale lesione si sviluppi un tumore. Per esempio, nelle donne in età fertile, soprattutto prima dei 30 anni, sono comuni i fibroadenomi, duri e fibrosi, una variante dei quali, il fibroadenoma giovanile, può apparire anche fra i 10 e i 18 anni. Le dimensioni possono aumentare nel corso del tempo, soprattutto durante la gravidanza e l’allattamento, mentre tendono a ridursi, fino quasi a non essere più palpabili, dopo la menopausa. Fra i 35 e i 50 anni, ma anche oltre se si assume una terapia ormonale sostitutiva, sono invece comuni le cisti, che possono comparire anche in pochi giorni, soprattutto per effetto delle variazioni ormonali, provocando in tal caso dolore. Il medico esperto è capace, già alla palpazione, di distinguere in molti casi una formazione benigna da una maligna. La prima in genere si muove se spostata con i polpastrelli, mentre una formazione maligna rimane aderente al piano sottostante. Inoltre fibroadenomi e cisti hanno un contorno regolare, mentre spesso le neoformazioni maligne hanno bordi irregolari.
Qualsiasi perdita di sangue al di fuori delle mestruazioni merita un controllo ginecologico, a qualsiasi età. In particolare è bene farsi controllare se il ciclo è già scomparso, quindi se la donna è in menopausa.
Le donne più giovani tendono a non preoccuparsi per questo tipo di disturbo. Nella stragrande maggioranza dei casi è infatti dovuto a variazioni ormonali fisiologiche. Più raramente può essere invece un segnale della presenza di patologie benigne come formazioni endocavitarie (polipi endometriali o miomi), oppure di cancro dell’endometrio. È possibile assistere a sanguinamenti anomali anche in presenza di cancro della cervice uterina.
Il ginecologo, in questi casi, procede a una normale visita, esegue un’ecografia di controllo e spesso anche un Pap-test, per verificare che non vi siano lesioni nelle cellule cervicali.
Il sanguinamento tra due cicli non è un evento raro e molte possono essere le cause non oncologiche di tale fenomeno. Ecco le più comuni:
Come ben sanno le donne, la pelle, specie quella del viso e delle altre parti del corpo esposte alla luce solare, subisce continui cambiamenti. Molti prestano giustamente attenzione alle modificazioni dei nei, minore attenzione ricevono invece i cambiamenti nella pigmentazione della cute o nel suo aspetto. Se la pelle è eccessivamente arrossata in un punto preciso, se desquama e non tende alla guarigione spontanea in breve periodo, ma tende anzi a peggiorare, allora è possibile che la causa sia un tumore cutaneo diverso dal melanoma. Esempi sono il carcinoma basocellulare (o basalioma), che negli stadi avanzati può sanguinare e provocare prurito o dolore, e il carcinoma spinocellulare (o a cellule squamose), che può apparire sotto forma di chiazze rosse, piaghe aperte, pelle ruvida, ispessita o simile a una verruca. Per fortuna si tratta di forme maligne a bassissima invasività, che nella stragrande maggioranza dei casi si asportano senza bisogno di ulteriori cure. Entro quanto tempo dalla comparsa di una di queste lesioni è opportuno rivolgersi al medico? La risposta degli esperti non è univoca, ma è consigliabile consultare un dermatologo se il problema persiste oltre 6-8 settimane.
Come riconoscere alla vista i diversi tipi di tumori della pelle? Ecco qualche indicazione molto generale sull’aspetto dei diversi tumori della pelle.
Melanoma:
Basalioma:
Carcinoma spinocellulare:
Perdere sangue (tranne ovviamente durante il ciclo mestruale) è sempre un segno di qualcosa che non va. E se la perdita ematica con le feci, specie se rossa, è spesso dovuta a emorroidi infiammate (ma merita, almeno fino alla diagnosi, un controllo più approfondito), la presenza di sangue nelle urine richiede un esame delle stesse e un’ecografia renale.
Il sangue nelle feci può in alcuni casi essere dovuto a un cancro del colon, il secondo tumore più frequente nella popolazione femminile, la cui mortalità rimane ancora piuttosto alta. Fra le donne residenti in Italia, a fronte di circa 20.300 nuove diagnosi all’anno, si stimano circa 10.200 decessi (dati AIRTUM, 2021). Di fronte a un sintomo di questo tipo il medico può prescrivere la ricerca del sangue occulto nelle feci anche se si è al di sotto dei 50 anni, l’età a partire dalla quale tale esame è consigliato come screening per la diagnosi precoce anche in assenza di sintomi. La tappa successiva è l’ecografia addominale o, più spesso, la colonscopia, che permette di fugare ogni dubbio.
In caso di sangue nelle urine, il medico prescriverà un esame delle urine e l’eventuale analisi di cellule epiteliali staccatesi dalla parete della vescica. In questo modo è possibile diagnosticare eventuali infezioni ed escludere un tumore della vescica. Con l’ecografia renale si studia invece l’intero apparato urinario e si può anche evidenziare l’eventuale presenza di calcoli renali.
A volte il dentista si accorge di una piccola piaga all’interno della mucosa della bocca, di un “brufolo” sulla lingua o di una escoriazione della gengiva… Quando questi disturbi non scompaiono nel giro di qualche giorno, spontaneamente o con trattamenti disinfettanti o spennellature apposite, allora è il caso di farsi controllare da un medico.
I tumori della bocca sono, infatti, in aumento tra le donne anche a causa dell'abitudine al fumo e dell'incremento nel consumo di alcol e superalcolici. Individuare precocemente un’alterazione della mucosa o della gengiva (per esempio una leucoplachia, che costituisce una forma precancerosa relativamente semplice da trattare) consente di evitare cure invasive, chirurgie demolitive e gravi difficoltà conseguenti.
È bene ricordare che a volte i tumori del cavo orale sono collegati all’infezione da alcuni ceppi di Papillomavirus. Anche per questa ragione è buona norma sottoporsi annualmente a una visita dal dentista, che provvederà anche a esaminare tutto il cavo orale.
Si dice sempre che se fa male, non è un cancro. Una voce popolare non priva di fondamento, che però non tiene conto di alcuni casi nei quali un dolore sordo e persistente può essere un campanello d'allarme per una malattia neoplastica. Per esempio, un dolore durante la deglutizione, se non scompare e peggiora nel tempo, potrebbe essere una spia per un possibile tumore dell’esofago. Un mal di testa che dura più di due settimane e non risponde ai soliti farmaci, o anche il dolore osseo, specie alla schiena, meritano sempre un approfondimento se non scompaiono nel giro di qualche settimana o con l’aiuto di farmaci antinfiammatori.
Il dolore è un sintomo molto complesso da inquadrare, come ben sanno i medici, poiché può avere molte cause. Ciò non significa che non sia necessario indagarne approfonditamente i motivi, anche solo per non trascorrere troppo tempo in sofferenza, senza poter accedere alla terapia corretta.
È bene ricordare che, quando si nota un linfonodo ingrossato, nella maggioranza dei casi la causa del disturbo è infettiva. Questi piccoli organi posti nelle intersezioni strategiche del corpo umano (alla base del collo, sotto le ascelle, nell’inguine, nel torace tra i due polmoni) hanno infatti il compito principale di filtrare gli agenti infettivi e favorire la produzione di anticorpi in grado di combatterli.
Trovare un linfonodo ingrossato è quindi un’evenienza piuttosto comune. I linfonodi sono anche importanti in un gran numero di malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso sistemico, e ciò proprio per il loro ruolo di sentinelle del sistema immunitario.
Quando bisogna preoccuparsi? Secondo gli esperti dell'ASCO, bisogna far valutare dal medico qualsiasi linfonodo che non diminuisca di volume nel giro di qualche giorno. Inoltre, se un linfonodo continua ad aumentare di volume, è necessaria una ecografia di controllo ed eventualmente una biopsia. I linfonodi possono aumentare di volume sia a causa di neoplasie del sistema linfatico stesso (come le leucemie), sia per l’invasione da parte di cellule maligne provenienti da neoformazioni di organi vicini.
La febbre non è un sintomo tipico delle malattie oncologiche, almeno in fase iniziale. È più comune nelle forme metastatiche e per questo in genere non la si considera allarmante. Nonostante ciò, è possibile che in alcuni casi un tumore alteri i sistemi di controllo della temperatura corporea. Può accadere, per esempio, nel caso di tumori del fegato, del pancreas o del sangue, come leucemie e linfoma.
Una stanchezza anomala che perduri a lungo può essere provocata da carenze nutrizionali o da anemia. Ma anche l’anemia stessa è un sintomo che può essere un campanello d’allarme per una malattia oncologica. Ecco perché qualsiasi senso di spossatezza che duri oltre due settimane, in assenza di una malattia o di una situazione oggettiva che lo giustifichi, deve essere riferito al medico, che valuterà la necessità di procedere con altri esami.
La tosse persistente è tipica del fumatore e proprio per questa ragione è di scarsissima utilità nella diagnosi precoce del tumore del polmone. È talmente frequente che un fumatore soffra di infiammazioni dei bronchi da rendere pressoché inefficace il naturale campanello d'allarme costituito dalla tosse. C'è però una caratteristica che deve spingere tutti, fumatori compresi, a fare un ulteriore controllo ed eventualmente, su prescrizione del medico, una radiografia del torace: se la tosse è secca, dura da settimane o mesi e se si presenta in piccoli accessi circoscritti, per pochi minuti al giorno.
Durante la menopausa capita di svegliarsi nel cuore della notte completamente bagnate di sudore per via dei cambiamenti ormonali. Popolarmente si parla in questo caso di “vampate”. Ma se non si è in menopausa e sono presenti altri sintomi, come un gonfiore indolore di un linfonodo, un prurito persistente diffuso su tutto il corpo, febbre, spossatezza o perdita di peso, è opportuno rivolgersi al medico. Se lo ritiene opportuno, il medico può in tal caso prescrivere esami di approfondimento per escludere la presenza di un tumore del sangue, come il linfoma di Hodgkin.
Agenzia Zoe
Articolo pubblicato il:
9 maggio 2022