Ultimo aggiornamento: 18 settembre 2018
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Il tumore del colon-retto ha origine quasi sempre da polipi adenomatosi, tumori benigni dovuti al proliferare delle cellule della mucosa intestinale, che impiegano mediamente tra i 7 e i 15 anni per trasformarsi in forme maligne.
È in questa finestra temporale che lo screening consente di fare una diagnosi precoce ed eliminare i polipi prima che abbiano acquisito caratteristiche pericolose.
I polipi, infatti, possiedono due proprietà che li rendono facili da individuare: tendono a sanguinare e sporgono dalla mucosa per cui sono visibili sulla sua superficie.
Per questa ragione i test di screening attualmente in uso sono:
La colonscopia vera e propria in Italia è consigliata soltanto in una seconda fase, se la ricerca del sangue occulto nelle feci ha dato esito positivo.
Anche per la cosiddetta colonscopia virtuale non ci sono attualmente prove che sia superiore ai test attualmente in uso per i programmi di screening.
Il Professor Salvatore Siena fa il punto sugli esami di diagnosi precoce per i tumori del colon-retto.
L'esame del sangue occulto nelle feci consiste nella ricerca, compiuta attraverso metodologie diverse, di tracce di sangue non visibili a occhio nudo in un piccolo campione di feci. Queste tracce possono essere dovute al sanguinamento di un polipo.
In media, per ogni 100 persone che fanno l'esame, cinque risultano positive. Non tutte, però, avranno polipi: le tracce di sangue possono essere dovute per esempio a emorroidi o a piccole lesioni dovute alla stitichezza. Inoltre l'esame non sempre è in grado di rilevare la presenza di un polipo: può infatti capitare che un polipo o una lesione tumorale siano presenti ma non sanguinino il giorno dell'esame. Per questo è importante ripetere lo screening alla periodicità consigliata.
Nonostante i limiti, la ricerca del sangue occulto nelle feci è un ottimo esame di screening. Le tecniche di analisi più recenti, inoltre, hanno consentito di migliorarne ulteriormente l'efficacia e di ridurre i disagi per il paziente. Oltre ad avere una maggiore capacità diagnostica, infatti, i nuovi test consentono di raccogliere un unico campione di feci (e non tre, come avveniva fino a qualche anno fa), senza la necessità di osservare restrizioni alimentari.
La ricerca del sangue occulto nelle feci (in sigla SOF) viene consigliata dal Ministero della Salute ogni due anni nelle persone tra i 50 e i 69 anni.
Se questo esame rileva la presenza di sangue occulto, il protocollo degli screening invita a sottoporsi a una colonscopia. Questo esame, che consiste nella visualizzazione dell'intestino tramite un sottile tubo dotato di telecamera, è in grado di confermare o escludere la presenza di polipi. Nel primo caso, consente di rimuoverli nella stessa seduta.
Circa il 70 per cento dei tumori del colon-retto si sviluppa nella parte finale dell'intestino, ossia il sigma e il retto. Per questo in alcuni programmi di screening è in uso, al posto della ricerca del sangue occulto nelle feci, la rettosigmoidoscopia (o rettoscopia). Si tratta di un esame analogo alla colonscopia, ma che esplora soltanto questa porzione dell'intestino.
Rispetto alla colonscopia si tratta di un esame più accettabile per il paziente, dal momento che richiede una preparazione meno fastidiosa nei giorni precedenti all'esame e dura circa la metà del tempo. Inoltre, ha un'efficacia diagnostica maggiore rispetto alla ricerca di sangue occulto e consente di rimuovere nella stessa seduta gli eventuali polipi riscontrati.
La rettosigmoidoscopia viene effettuata una sola volta nella vita, tra i 58 e i 60 anni e se risulta negativa non deve essere ripetuta. Gli studi fin qui condotti, infatti, suggeriscono che offra una protezione superiore ai 10 anni.
Nonostante questi vantaggi, che si traducono in una riduzione della mortalità per cancro al colon del 45 per cento, la rettoscopia ha un limite significativo: non è in grado di individuare i polipi e i tumori che insorgono nella parte più alta del colon-retto.
Anche per questa ragione, nelle persone che presentano alla rettoscopia polipi di dimensioni di 1 cm o più oppure anche più piccoli, ma con caratteristiche particolari, viene consigliata una colonscopia.
Se fosse l'efficacia diagnostica l'unico parametro da considerare nell'adozione di un esame all'interno di un percorso di screening, la colonscopia sarebbe il test ideale nella diagnosi precoce del tumore del colon-retto: consente di rilevare quasi la totalità dei polipi ed eventualmente di rimuoverli. Inoltre è pratica perché può essere effettuata una volta sola nella vita.
Tuttavia non è così. La scelta di un'indagine da impiegare in un contesto di screening è sempre il frutto della valutazione del rapporto tra benefici e costi. E se la colonscopia ha altissimi benefici, altrettanto alti sono i costi, sia per il paziente, sia per il servizio sanitario.
Innanzitutto, a causa della sua invasività, la colonscopia è un test difficilmente accettabile da una popolazione fino a prova contraria sana: comporta disagi legati alla sua preparazione e alle modalità di esecuzione. Inoltre, seppur rari e per lo più ridotti, non è esente da rischi. Infine, il tempo di esecuzione del test (e di conseguenza il numero di specialisti da dedicare) lo rendono un esame costoso dal punto di vista economico. Per tutte queste ragioni, a oggi, la colonscopia non è impiegata all'interno di programmi organizzati di screening. Tuttavia, si sta esplorando la possibilità dell'impiego della colonscopia virtuale, vale a dire una TC in grado di fornire una visualizzazione tridimensionale della parete interna dell'intestino.
La colonscopia virtuale promette dei vantaggi sia rispetto al test del sangue occulto nelle feci, dal momento che è molto più accurata e consentirebbe di anticipare la diagnosi, sia rispetto a colonscopia e rettoscopia: è infatti meno invasiva e quindi potrebbe essere meglio accettata dalla popolazione.
Tuttavia, la reale efficacia dell'esame è ancora poco conosciuta (per esempio non è chiara la sua capacità di rilevare i polipi più piccoli) e non manca di limiti: la colonscopia virtuale, a differenza di quella tradizionale, utilizza radiazioni ionizzanti e una volta identificato un polipo non consente di eliminarlo. Per farlo è necessario ricorrere all'esame tradizionale con un aumento dei disagi per l'utente (che si sottopone a una doppia preparazione) e di costi.
Per fugare questi dubbi sono attualmente in corso diversi studi i cui risultati sono attesi nei prossimi anni.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zadig