Le lesioni precancerose dei tumori orali della bocca e della faringe

Le lesioni precancerose sono costituite da cellule che hanno iniziato ad accumulare alcune mutazioni genetiche che potrebbero portarle a diventare tumorali.

Ultimo aggiornamento: 18 luglio 2024

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I tumori sono formati da cellule che hanno accumulato diverse mutazioni. Grazie all’insieme di queste mutazioni, le cellule possono acquisire una serie di caratteristiche che vanno dalla capacità di proliferare in modo indefinito a quella d’invadere altri tessuti e organi. Le lesioni precancerose sono costituite da cellule che hanno iniziato ad accumulare alcune mutazioni che potrebbero portarle a diventare tumorali. Tuttavia la loro trasformazione in un cancro non è ancora completa né certa. Proprio per questo motivo, nei tessuti dove ciò è possibile e praticabile, è importante riuscire a riconoscere e trattare tali lesioni in modo tempestivo, prima che evolvano in cancro. Trattandole adeguatamente in questa fase precancerosa, la guarigione è in genere completa e il rischio di progressione ulteriore si può azzerare.

A seconda dell’organo e del tessuto interessato, le lesioni precancerose hanno caratteristiche diverse e tipiche. In questo articolo ci concentreremo su quelle che si possono sviluppare nel cavo orale e nella faringe. Il cavo orale comprende la lingua, le ghiandole salivari e il palato. La faringe è invece il canale che unisce il cavo orale con l’esofago. Entrambi fanno anche parte del sistema respiratorio, dato che sono attraversati dall’aria inspirata in direzione della trachea.

Le tipologie

Le lesioni precancerose più comuni che interessano questi organi sono dette leucoplachia o eritroplachia. La leucoplachia si presenta come un ispessimento biancastro ed è la più frequente nella popolazione generale, con una prevalenza maggiore in chi fa uso di tabacco. Se ne distinguono due sottotipi principali: la leucoplachia omogenea, che tende a essere di colore uniforme e ha globalmente un basso rischio di trasformarsi in tumore maligno; e la leucoplachia non omogenea, che è invece più irregolare, a volte anche nodulare, e può presentare una colorazione rossa e bianca (si parla in questo caso anche di eritroleucoplachia, a richiamare i due colori della lesione). Esiste inoltre la leucoplachia verrucosa proliferativa, un tipo particolare di lesione che ha una maggior propensione a evolvere in forme tumorali: compare di solito come una singola placca bianca, che però si diffonde e assume un tipico aspetto verrucoso.

L’eritroplachia è invece formata da un’area arrossata, appiattita o anche avvallata, della mucosa. Clinicamente si può presentare come una placca omogenea, granulare o a chiazze. Questo tipo di lesione precancerosa, sebbene più raro rispetto alla leucoplachia, ha un tasso di trasformazione in cancro piuttosto alto: si stima infatti che circa la metà delle eritroplachie si trasformi in un carcinoma a cellule squamose, il tipo più comune di cancro orale.

La cavità orale e la faringe possono anche essere interessate da una malattia nota come fibrosi orale sottomucosa. Questa condizione provoca infiammazione e fibrosi, cioè un aumento del tessuto connettivo, in questo caso con una deposizione eccessiva di collagene sotto l’epitelio della mucosa orale. Oltre a poter avere un impatto anche significativo sulla qualità di vita, la fibrosi orale sottomucosa aumenta significativamente il rischio di tumore. Si tratta di un disturbo relativamente comune nel Sud-est asiatico, dove è associato al consumo di betel, una pianta tipica dalla regione, che viene masticata insieme a tabacco o noce di Areca.

Vale la pena segnalare anche altre due condizioni precancerose che possono portare allo sviluppo di tumori orali. La prima è il lichen planus, un disturbo infiammatorio che si ritiene essere di origine autoimmune e che, a livello orale, provoca spesso lesioni biancastre e reticolari note come strie di Wickham. Questa malattia è in genere benigna ma, in una piccola percentuale di casi, sembra poter portare allo sviluppo di cancro, sebbene i meccanismi siano ancora in gran parte poco noti.

La candidosi cronica iperplastica è invece un raro tipo di proliferazione eccessiva da parte del fungo Candida albicans, che vive normalmente nelle nostre mucose. Questo particolare tipo di candidosi, associato al fumo di tabacco, causa lesioni che possono diventare displasiche, cioè con cellule mutate, e di conseguenza evolvere in cancro. A oggi il fumo di tabacco è, insieme all’alcol, il principale responsabile dello sviluppo di tumori orali. Altre cause importanti sono le infezioni da papillomavirus.

Come riconoscerle

Tanto la leucoplachia quanto l’eritroplachia si possono in alcuni casi individuare a occhio nudo, soprattutto se si trovano in una zona facilmente visibile della bocca e, in alcuni casi, possono essere percepibili al tatto. Nel caso dell’eritroplachia, se l’area interessata viene grattata si possono verificare perdite di sangue. Questo tipo di lesioni, tuttavia, può non causare particolari fastidi e passare dunque inosservata, soprattutto quando si sviluppano in zone della bocca difficili da controllare. È quindi possibile che siano individuate solo durante esami eseguiti per altre ragioni. Per questo è di fondamentale importanza eseguire con regolarità controlli stomatologici e odontoiatrici: sono infatti il dentista o l’igienista dentale che riconoscono spesso per primi le lesioni da controllare in maniera più approfondita. Inoltre occorre praticare un’accurata igiene dentale e del cavo orale che, riducendo le infezioni e le infiammazioni, possono rallentare l’evoluzione di queste precancerosi della bocca.

I test diagnostici e i trattamenti disponibili

Sia nel caso della leucoplachia sia in quello dell’eritroplachia, l’esame impiegato per la diagnosi è la biopsia con valutazione istopatologica del campione. In base al risultato, il medico può decidere se rimuovere la lesione o monitorarla attivamente con follow up regolari, suggerendo allo stesso tempo ai pazienti di evitare comportamenti che aumentino il rischio di ammalarsi, quali il consumo di alcol e tabacco. L’eventuale rimozione avviene chirurgicamente, con chirurgia laser o criochirurgia, una tecnica basata sull’uso di temperature molto basse per distruggere il tessuto alterato.

Le lesioni causate dal lichen planus orale possono richiedere una biopsia a seconda del loro tipo e, anche in questo caso, può essere consigliato rimuoverle; in alternativa, il medico può invece suggerire trattamenti topici o sistemici. Infine, la biopsia è di solito consigliata pure nel caso di candidosi cronica iperplastica, per identificare la presenza di cellule alterate (displasia).

È importante anche, in alcune situazioni cliniche, effettuare la ricerca del materiale genetico o delle proteine del papillomavirus umano (HPV). Soprattutto i ceppi più oncogeni di questa famiglia di virus possono favorire la trasformazione in senso tumorale delle cellule della mucosa.

Il punto sulla ricerca

In diversi studi i ricercatori stanno indagando le caratteristiche biomolecolari delle lesioni precancerose tipiche del cavo orale. Tra gli obiettivi vi è l’identificazione dei biomarcatori per distinguere ciascun sottotipo di lesione precancerosa, stabilirne le caratteristiche e il rischio di evoluzione in tumore. Tali biomarcatori possono essere proteine prodotte dalle cellule coinvolte, i geni mutati di queste ultime, o eventuali modifiche epigenetiche che, senza alterare la sequenza del DNA, rendono i geni più o meno accessibili.

Un argomento di ricerca di particolare interesse e di grande attualità è lo studio del microbiota orale, ovvero l’insieme di microorganismi (virus, batteri, funghi, lieviti ecc.) che normalmente colonizzano la nostra cavità orale. Si tratta di microbi che svolgono importanti funzioni di protezione del nostro organismo e di regolazione del sistema immunitario. Quando però il microbiota è alterato, può invece favorire lo sviluppo di infezioni e tumori.

L’identificazione di biomarcatori per le lesioni precancerose potrebbe contribuire alla diagnosi e, quindi, al trattamento precoce delle lesioni ad alto rischio di evolvere in cancro. Sarebbe anche molto importante per sviluppare eventuali programmi di screening, a oggi inesistenti, per questo tipo di lesioni. Per l’analisi degli eventuali biomarcatori, sono allo studio diversi strumenti in grado di analizzare, per esempio, campioni di saliva, che possono essere prelevati in modo non invasivo. Tuttavia, sono ancora pochi i test approvati per uso clinico in questo ambito.

Anche se la biopsia rimane lo standard diagnostico, nel tempo sono anche state sviluppate altri esami da affiancarle. Per esempio, l’uso di particolari coloranti può aiutare a riconoscere lesioni ad alto rischio. È il caso del test con il blu di toluidina, che si lega a DNA e RNA. Il colorante può aiutare l’identificazione di aree alterate poiché le cellule displasiche, quelle cioè che hanno iniziato ad accumulare mutazioni, contengono una maggior quantità di acidi nucleici.

Anche alcuni strumenti basati sulla fluorescenza permettono di distinguere le aree alterate da quelle normali. Le tecniche di chemiluminescenza, per esempio, si basano su una caratteristica tipica di alcune cellule alterate: possedere un nucleo più grande rispetto al citoplasma. Inducendo la disidratazione della mucosa orale, il nucleo si fa più denso e visibile quando esposto alla luce blu emessa dallo strumento, così da permettere il confronto e l’identificazione di cellule anomale. Altri strumenti si basano sull’auto-fluorescenza delle cellule o sull’impiego di luci a diverse lunghezze d’onda per mettere in rilievo zone alterate. Infine, anche la citologia esfoliativa, che permette di raccogliere cellule dalla mucosa orale con apposite spazzole, è stata perfezionata negli ultimi tempi: la cosiddetta brush citology è una tecnica che consente di raggiungere gli strati più profondi dell’epitelio orale e raccogliere campioni che possono essere poi analizzati con strumenti computerizzati. Tuttavia, l’affidabilità dei risultati ottenuti con questi strumenti è ancora controversa.

In generale, la ricerca si sta indirizzando anche sull’impiego di strumenti basati sull’intelligenza artificiale per la diagnosi precoce delle lesioni precancerose, addestrando macchine e algoritmi a discriminare tra lesioni potenzialmente a rischio, decisamente tumorali e invece benigne.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

  • Anna Romano

    Laureata in Biologia e genetica molecolare all'Università di Pavia, dopo un master di comunicazione della scienza ha iniziato a occuparsi di divulgazione e giornalismo scientifico, trattando soprattutto temi biomedici e di biologia animale. Collabora con l'agenzia giornalistica ed editoriale Zadig, con la quale segue diversi progetti e attività, tra cui la redazione del giornale online Scienza in rete e del sito Research4Life, dedicato all'informazione sulla sperimentazione animale. Collabora anche con GIMEMA Informazione, testata giornalista dell'omonima Fondazione per le malattie ematologiche, e con Editoriale Scienza, per il quale ha scritto due libri.