Ultimo aggiornamento: 1 febbraio 2025
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Le lesioni precancerose sono un insieme di alterazioni dei tessuti che possono precedere e favorire lo sviluppo di un cancro. Si tratta di cellule che hanno iniziato ad accumulare mutazioni nel proprio materiale genetico, pur senza aver ancora avuto il tempo di acquisire completamente le caratteristiche tipiche di un cancro. Tra queste vi è in particolare la capacità di invadere i tessuti circostanti e di dare metastasi a distanza. Ogni tessuto dell’organismo umano ha le proprie caratteristiche e dunque le lesioni precancerose variano a seconda dell’organo e del tessuto interessato. Non in tutti i casi è tuttavia possibile individuarle precocemente e intervenire per fermare la trasformazione tumorale.
Per alcuni tipi di lesioni precancerose, per esempio per quelle dell’apparato riproduttivo femminile, questo è spesso possibile. Appositi esami permettono infatti di identificare precocemente tali lesioni, in modo da intervenire in modo tempestivo prima che possano evolvere in un cancro. In questo articolo analizziamo proprio le lesioni che possono evolvere in tumori dell’apparato riproduttivo femminile, che comprendono quelli della vulva e della vagina e quelli della parte terminale dell’utero, cioè la cervice uterina.
Per quanto riguarda i tumori che interessano la vulva e la vagina, il tipo di cancro più frequente è il carcinoma squamoso. In genere la lesione precancerosa che porta allo sviluppo di questo tumore è la neoplasia intraepiteliale vulvare o vaginale. Questa lesione è associata a un cambiamento nell’epitelio squamoso della vulva o della vagina, nella maggior parte dei casi legata all’infezione da papillomavirus umano (HPV), ed è indicata spesso come VIN (dall’inglese “vulval or vaginal intraepithelial neoplasia”). Sebbene questo sia un nome ancora molto usato anche nella letteratura medico-scientifica, vale la pena specificare che nel 2014 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha adottato il termine lesione squamosa intraepiteliale (SIL, da “squamous intraepithelian lesion”). Di queste sono riconosciute due categorie di rischio: le lesioni a basso grado, con una minore alterazione delle cellule, e quelle ad alto grado, con una maggiore alterazione delle cellule e, di conseguenza, una maggiore probabilità che tali lesioni si sviluppino in un cancro.
Esiste anche un tipo di lesione della vulva, denominata “differentiated VIN” (dVIN) e distinta dalle altre perché non è associata a infezione da HPV, ma si sviluppa nel contesto di particolari dermatosi come il lichen sclerosus, un disturbo che interessa l’area dell’ano e dei genitali. Come le SIL ad alto rischio, anche le dVIN possono progredire con elevata probabilità verso forme invasive, peraltro spesso anche più rapidamente.
Esiste inoltre un raro disturbo, la malattia di Paget vulvare, caratterizzata proprio dalla presenza di lesioni tipiche che possono evolvere in cancro.
Le lesioni intraepiteliali squamose (SIL) si possono generare pure da cellule dell’epitelio squamoso della cervice uterina, ed evolvere quindi in un tumore alla cervice. SIL di questo tipo sono chiamate anche neoplasie intraepiteliali cervicali (“cervical intraepithelial neoplasia”, CIN) e si distinguono in tre categorie di gravità: CIN 1, CIN 2 e CIN 3. Il numero corrisponde a un maggior rischio di sviluppo del cancro, con le CIN 3 che coincidono con un carcinoma in situ, ossia un cancro che non è ancora diventato invasivo.
Esiste un altro tipo di epitelio della cervice uterina, quello detto ghiandolare o colonnare, che riveste la porzione superiore della cervice e contiene ghiandole che secernono muco. Quando le cellule di questo epitelio risultano alterate da una lesione precancerosa, si parla di cellule ghiandolari atipiche o, nel caso sia già presente un tumore maligno non ancora invasivo, di adenocarcinoma in situ (AIS). Un sottotipo dell’adenocarcinoma in situ è la lesione precancerosa detta lesione intraepiteliale stratificata producente mucina (in inglese “stratified mucin-producing intraepithelial lesion” o SMILE), più rara e di solito associata alla presenza di AIS o SIL ad alto rischio.
Le lesioni precancerose dei tumori vulvo-vaginali e della cervice spesso non causano sintomi, e in questi casi vengono rilevate solo nel corso di test eseguiti per altre ragioni. Questo vale in particolare per le lesioni precancerose del collo dell’utero. Tuttavia, le lesioni precancerose della vulva e della vagina possono in alcuni casi causare pruriti, fastidio o dolore durante i rapporti sessuali, sensazione di bruciore o anche forte formicolio alla vulva durante la minzione. A volte possono verificarsi alterazioni della pelle nell’area interessata, che appare arrossata o sbiancata, oppure più spessa del normale. Per questo motivo è importante effettuare periodicamente visite ginecologiche di controllo, anche in assenza di sintomi allarmanti.
Il PAP test effettuato durante la visita ginecologica è l’esame che per primo può rivelare la presenza di cellule anomale e la necessità di ulteriori indagini per identificare le eventuali lesioni precancerose della cervice uterina. Qualora vengano rilevate lesioni a rischio o sospette, come quelle descritte sopra, sono in genere prescritti ulteriori esami di approfondimento. I principali esami impiegati per la diagnosi delle lesioni precancerose di vulva, vagina e utero sono la colposcopia, che permette di ottenere un ingrandimento dei tessuti e distinguerne eventuali alterazioni, e la biopsia, con prelievo di un campione di tessuto per l’esame istologico.
Se gli esami risultano positivi, è possibile poi rimuovere le lesioni precancerose chirurgicamente o, nel caso di lesioni alla vulva, con trattamenti topici, tra cui farmaci a uso cutaneo che agiscono sulla risposta immunitaria, come l’imiquimod, o antitumorali.
Negli ultimi anni la ricerca sui tumori alla vulva, alla vagina e alla cervice uterina si è concentrata principalmente sulla prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento delle lesioni precancerose.
La vaccinazione contro il Papillomavirus (HPV) previene le infezioni dai principali ceppi oncogeni del virus (6, 11, 16, 18, 31, 33, 45, 52 e 58) e continua a rappresentare una delle strategie più efficaci per evitare del tutto questo tipo di tumori. Per questo l’introduzione del vaccino nonavalente, che offre una protezione ampliata contro il 90% dei ceppi oncogeni, costituisce una delle maggiori conquiste nella prevenzione di questi tipi di cancro. Oggi la vaccinazione anti-HPV è offerta in Italia a ragazzi e ragazze attorno agli 11-12 anni di età, quando l’attività sessuale non è ancora iniziata e quindi l’efficacia della protezione può essere massima. La vaccinazione è inoltre raccomandata fino ai 45 anni di età, con prezzi agevolati, per le persone che non sono state vaccinate in precedenza.
Evidenze recenti hanno dimostrato che anche una singola dose di vaccino anti-HPV può fornire una protezione paragonabile a quella offerta da 2 o 3 dosi. Potrebbe essere così possibile ridurre i costi di questo intervento per i servizi sanitari, aumentandone l’accessibilità, specialmente in Paesi dove le risorse sono più limitate.
Sul fronte della diagnosi precoce, gli esami basati sull’HPV-DNA test stanno progressivamente sostituendo il Pap test come metodo principale di screening, grazie alla loro maggiore sensibilità nel rilevare i ceppi oncogeni del virus. I risultati di recenti studi sostengono anche l’uso di campioni auto-raccolti, che migliorano la partecipazione agli screening, soprattutto in Paesi con risorse limitate.
In parallelo l’uso di tecniche di intelligenza artificiale per l’analisi dei campioni citologici sta contribuendo a ottenere risultati più precisi e affidabili, riducendo i costi. Grazie a queste tecnologie è infatti sempre più possibile identificare automaticamente le eventuali cellule alterate, con un’accuratezza comparabile o superiore a quella offerta da operatori umani.
Nel 2020 l’OMS ha lanciato una strategia globale per eliminare il tumore della cervice come problema di salute pubblica entro il 2030, puntando a raggiungere il 90% di copertura vaccinale, il 70% di partecipazione allo screening e il 90% di accessibilità ai trattamenti per le lesioni precancerose. I nuovi regimi vaccinali introdotti sono stati semplificati per migliorare la copertura globale. Inoltre, l’estensione della vaccinazione ai ragazzi, oltre a permettere di prevenire i tumori maschili del pene, dell’ano e della bocca associati all’HPV, aumenta anche l’immunità di gregge, ossia il beneficio offerto da una vaccinazione di una vasta parte della popolazione anche a chi non si è potuta vaccinare.
Grazie alla vaccinazione e agli screening per la diagnosi precoce, i tassi di incidenza del tumore della cervice uterina e degli altri tipi di cancro associati all’infezione con HPV continuano a diminuire e i tassi di incidenza del tumore della cervice uterina sono in costante calo, con una riduzione media del 2% annuo nel mondo. L’introduzione della vaccinazione post-trattamento per le lesioni precancerose rappresenta un’ulteriore innovazione, per ridurre il rischio di recidiva e migliorare la prognosi a lungo termine.
Infine, i risultati di ricerche sui trattamenti conservativi per le lesioni precancerose, come l’escissione con ansa diatermica (LEEP), confermano l’efficacia di questi interventi nel prevenire l’evoluzione verso forme maligne, preservando al tempo stesso la fertilità delle pazienti.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Autore originale: Anna Romano
Revisione di Raffaella Gatta in data 27/01/2025
Anna Romano