Sebbene sia sulle nostre tavole fin dalla notte dei tempi, ormai è dimostrato che anche le bevande alcoliche possono favorire lo sviluppo dei tumori.
Si narra che a scoprire alcune qualità delle bevande alcoliche sia stato addirittura Noè. Al di là delle leggende, sappiamo per certo che le bevande alcoliche hanno accompagnato fin dall’antichità i pasti e soprattutto i festeggiamenti, che tipicamente prevedono molti brindisi. Ma alzare il bicchiere può essere un importante fattore di rischio per lo sviluppo del cancro, soprattutto se non ci si attiene alle indicazioni fornite dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) e condivise dalle principali organizzazioni internazionali e società scientifiche. Per prevenire il cancro, è meglio non bere.
L’alcol etilico, o etanolo, è una sostanza che agisce, tra le altre cose, sulle funzioni psichiche e che anche per questo può dare dipendenza. Inoltre, è la causa di diverse malattie, traumi gravi, incidenti, turbe mentali e del comportamento. Anche per questi motivi, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lo classifica fra le sostanze in grado di modificare il funzionamento del cervello (per il suo potere psicoattivo) e di determinare assuefazione (per ottenere lo stesso effetto occorrono dosi sempre maggiori). Nelle bevande alcoliche l’etanolo si forma per fermentazione di alcuni zuccheri semplici o per distillazione del mosto fermentato. Si tratta di una piccola molecola (CH3-CH2-OH) solubile sia nell’acqua sia nei lipidi. Grazie alle sue dimensioni ridotte è in grado di penetrare facilmente nei tessuti e nel circolo sanguigno, il veicolo che ne permette la diffusione in tutto l’organismo. Tutte le bevande alcoliche sono composte principalmente da etanolo e acqua. Alcuni nutrienti (zuccheri, proteine, vitamine e sali minerali) sono presenti nei prodotti a base di alcol soltanto in tracce. Per questa ragione, pur dando un elevato apporto calorico (7 chilocalorie per grammo), gli alcolici non possono essere considerati un alimento. L’etanolo non è infatti utilizzabile dall’organismo per il lavoro muscolare, ma soltanto per il metabolismo di base. In questo modo, il nostro corpo risparmia, per così dire, nutrienti quali grassi e zuccheri (quelli ingeriti attraverso la dieta), che, accumulandosi nelle cellule, contribuiscono a farci ingrassare.
Secondo l'OMS l’Europa è il continente che fa registrare il maggior consumo alcolico al mondo. In media, attraverso le diverse bevande che lo contengono (birra, vino, aperitivi e superalcolici), ogni europeo ne consuma circa 9,24 lt all’anno. Questi comportamenti non sono privi di conseguenze. L’incidenza delle malattie riconducibili all’alcol in Europa è infatti doppia rispetto alla media mondiale. Il dato non deve stupire, dato che l’alcol è considerato il terzo fattore di rischio, dopo il tabacco e l’ipertensione, per decessi e invalidità in Europa e il principale per la salute dei giovani, in quanto aumenta il rischio di incidenti stradali.
I rischi più noti riguardano gli effetti sul sistema nervoso centrale, osservabili in fase acuta e legati a un consumo eccessivo di alcolici. Inoltre, sono ben conosciuti i danni dell’alcol sul fegato, che possono condurre alla cirrosi epatica. L’alcol è anche un agente cancerogeno di tipo 1, secondo la classificazione della IARC: rientra infatti tra le sostanze per cui esistono sufficienti prove scientifiche della loro capacità di causare tumori. Fin dagli anni Ottanta del secolo scorso l’alcol è stato dichiarato un carcinogeno certo per lo sviluppo delle neoplasie del cavo orale, della faringe e della laringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon-retto, del fegato, della colecisti e del pancreas. Questi dati sono confermati anche dai risultati dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), a cui hanno partecipato numerosi ricercatori sostenuti da Fondazione AIRC. Alcune analisi pubblicate nel 2011 hanno mostrato che il 10% di tutti i tumori che colpiscono gli uomini e il 3% di quelli che colpiscono le donne sono attribuibili al consumo di alcolici. Considerando l’Italia, le stime diffuse attraverso i rapporti Istisan dell’Istituto superiore di sanità portano a stimare che una quota prossima al 4% dei decessi per cancro è associata al consumo di alcol. Ciò corrisponde a quasi 20.000 morti per cancro che si sarebbero potute evitare riducendo il consumo di alcolici.
Secondo l'OMS l’Europa è il continente che fa registrare il maggior consumo alcolico al mondo. In media, attraverso le diverse bevande che lo contengono (birra, vino, aperitivi e superalcolici), ogni europeo ne consuma circa 9,24 lt all’anno. Questi comportamenti non sono privi di conseguenze. L’incidenza delle malattie riconducibili all’alcol in Europa è infatti doppia rispetto alla media mondiale. Il dato non deve stupire, dato che l’alcol è considerato il terzo fattore di rischio, dopo il tabacco e l’ipertensione, per decessi e invalidità in Europa e il principale per la salute dei giovani, in quanto aumenta il rischio di incidenti stradali.
I rischi più noti riguardano gli effetti sul sistema nervoso centrale, osservabili in fase acuta e legati a un consumo eccessivo di alcolici. Inoltre, sono ben conosciuti i danni dell’alcol sul fegato, che possono condurre alla cirrosi epatica. L’alcol è anche un agente cancerogeno di tipo 1, secondo la classificazione della IARC: rientra infatti tra le sostanze per cui esistono sufficienti prove scientifiche della loro capacità di causare tumori. Fin dagli anni Ottanta del secolo scorso l’alcol è stato dichiarato un carcinogeno certo per lo sviluppo delle neoplasie del cavo orale, della faringe e della laringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon-retto, del fegato, della colecisti e del pancreas. Questi dati sono confermati anche dai risultati dello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), a cui hanno partecipato numerosi ricercatori sostenuti da Fondazione AIRC. Alcune analisi pubblicate nel 2011 hanno mostrato che il 10% di tutti i tumori che colpiscono gli uomini e il 3% di quelli che colpiscono le donne sono attribuibili al consumo di alcolici. Considerando l’Italia, le stime diffuse attraverso i rapporti Istisan dell’Istituto superiore di sanità portano a stimare che una quota prossima al 4% dei decessi per cancro è associata al consumo di alcol. Ciò corrisponde a quasi 20.000 morti per cancro che si sarebbero potute evitare riducendo il consumo di alcolici.
A oggi sono noti molti meccanismi con cui l’alcol contribuisce alla nascita o allo sviluppo di un tumore. L’etanolo, per esempio, irrita le mucose, impedendo alle cellule danneggiate di ripararsi correttamente. Questo può favorire lo sviluppo di tumori della bocca e della gola. L’alcol inoltre è metabolizzato nel fegato, l’organo che ha il compito di rendere meno tossiche le sostanze che lo attraversano. Qui può causare infiammazione e alterazioni alle cellule epatiche, che possono con il tempo trasformarsi in cellule tumorali. A livello del colon l’alcol agisce attraverso almeno 2 diversi meccanismi. In primo luogo, tramite l’acetaldeide, una sostanza in cui l’alcol è convertito e che è riconosciuta come cancerogena. In secondo luogo, l’etanolo può ridurre la capacità di assorbimento dei folati, composti che sembrano proteggere dal cancro del colon e della mammella. Inoltre, l’alcol stimola la produzione di estrogeni e androgeni circolanti nel sangue, ormoni importanti nella crescita e nello sviluppo del tessuto del seno, dell’ovaio e della prostata. Se tali ormoni sono in eccesso, aumenta il rischio di ammalarsi di cancro.
Vino a tavola o grappa a fine pasto? Birra o drink? Per quel che riguarda l’aumentata probabilità di sviluppare un cancro non esiste differenza tra le diverse bevande: tutti gli alcolici sono un fattore di rischio. Indipendentemente dalla bevanda in cui l’alcol è contenuto, ciò che conta è la quantità. Maggiore è la quantità di alcol assunto e maggiori saranno i danni provocati all’organismo da cui può avere origine un tumore. Per questo, la maggior parte dei tumori associati all’alcol si verifica in persone i cui consumi di alcolici superano le soglie raccomandate: 20 g di alcol al giorno per gli uomini (l’equivalente di 2 bicchieri di vino da 125 ml o di birra da 330 ml) e 10 g al giorno per le donne (circa 1 bicchiere di vino o di birra).
I limiti suggeriti si riducono però ulteriormente per chi raggiunge la terza età. Negli anziani la capacità di metabolizzare l’alcol si riduce progressivamente: la quantità d’acqua presente nel corpo tende a diminuire con l’avanzare dell’età e, di conseguenza, l'etanolo tende a rimanere più a lungo in circolo. Per questo alle persone che hanno superato i 65 anni si consiglia di non consumare più di 1 unità alcolica al giorno (10 g di alcol).
Spesso l’alcol interagisce con altri fattori di rischio per il cancro, potenziandone gli effetti dannosi. Tra questi il principale è il consumo di tabacco. I risultati di diversi studi hanno mostrato che, per chi consuma alcol ed è anche fumatore, il rischio di sviluppare un cancro del cavo orale, dell’esofago e del fegato non si somma, bensì si moltiplica. Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Alcohol and Alcoholism, chi si limita a consumare alcolici ha il 32% di probabilità in più di sviluppare un tumore della bocca e della gola rispetto a chi non beve. Quando a questa abitudine si sommano gli effetti del fumo, il rischio arriva quasi a decuplicarsi. Analoghi risultati sono consolidati ormai da 2 decenni anche in relazione al tumore al fegato. Secondo i risultati di uno studio, pubblicati sull’International Journal of Cancer, chi consuma più di 5 unità alcoliche al giorno ed è anche un forte fumatore, ha un rischio di oltre 10 volte superiore di sviluppare la malattia.
Si possono bere alcolici durante e dopo i trattamenti contro il cancro? Come raccomandazione generale non è consigliata l’assunzione di alcol, anche se non ci sono divieti assoluti per consumi occasionali o in piccole dosi quotidiane. Le conseguenze del consumo di alcol durante le terapie oncologiche sono state indagate soprattutto in pazienti con tumori al seno, al colon-retto e del tratto digestivo superiore (cavo orale, faringe, laringe ed esofago). In molti casi è emerso che bere alcolici è associato a una maggiore frequenza di recidive e una minore sopravvivenza. L’etanolo potrebbe infatti interagire con alcuni farmaci (per esempio i chemioterapici procarbazina e lomustina) o peggiorare alcuni effetti collaterali delle terapie (per esempio le ulcere in bocca). A ciò occorre aggiungere che l’abuso di alcol, se associato a condizioni psichiche (ansia e depressione sono più frequenti tra i pazienti oncologici), può influenzare l’aderenza alle terapie, la qualità della vita e indebolire il sistema immunitario, esponendo così le persone a un più alto rischio di infezioni. Ulteriori impatti potranno emergere in futuro, da altri studi, dato che le ricerche svolto finora non sono sufficientemente ampie e numerose, come hanno sottolineato gli autori di quasi tutti gli studi in cui si è indagato l’impatto del consumo di alcolici durante e dopo le terapie oncologiche. In particolare, occorre approfondire gli effetti dell’etanolo sulla risposta ai trattamenti oncologici. Di certo sappiamo che l'alcol, aumentando il rischio di insorgenza di alcuni tipi di tumori, rende anche più probabile la comparsa di un ulteriore neoplasia in chi ne ha già avuta una.
Non esiste una soglia al di sotto della quale l’alcol faccia bene o sia innocuo. Anche una piccola quantità di alcolici è infatti dannosa e costituisce un fattore di rischio per molte malattie, tra cui i tumori.
Autore originale: Agenzia Zadig
Revisione di Antonino Michienzi in data 1/08/2025
Agenzia Zadig
Articolo pubblicato il:
1 agosto 2025