Ultimo aggiornamento: 19 dicembre 2023
Tempo di lettura: 4 minuti
Ogni cellula di un tessuto solido del nostro organismo normalmente si trova in contatto con altre cellule e in prossimità di un’intricata rete di altre cellule e strutture che compongono la cosiddetta matrice extracellulare. Nell’insieme, questo spazio che circonda le cellule costituisce il microambiente, le cui funzioni sono sia di sostegno, sia di regolazione del comportamento delle cellule stesse. Anche in caso di cellule diventate tumorali il microambiente che le circonda, e che è detto tumorale, le influenza profondamente.
Nel microambiente tumorale diversi tipi di cellule sane possono trovarsi a contatto o in prossimità delle cellule maligne. Tra queste, alcune, come le cellule dei vasi sanguigni, erano già presenti nel tessuto prima dell’inizio della trasformazione tumorale, mentre altre, come i globuli bianchi e altre cellule del sistema immunitario, possono migrare in questa sede. Le molecole prodotte da tutte queste cellule influiscono sulla crescita della neoplasia, sulla sua possibilità e capacità di disseminazione nel resto del corpo e sulla sua capacità di resistere alle terapie antitumorali. Il dialogo tra il tumore e il microambiente è perciò oggetto di forte interesse per i ricercatori. Conoscere i meccanismi con cui il microambiente tumorale influenza la progressione del cancro può infatti portare alla scoperta di nuovi bersagli terapeutici e di strategie per migliorare l’efficacia delle terapie disponibili. Di seguito riportiamo alcuni temi che appartengono a questo filone di ricerca.
Nel microambiente si possono creare condizioni ostili alla crescita cellulare, come l’ipossia, ovvero la carenza di ossigeno. La quantità di ossigeno presente in un tessuto, infatti, non è costante, ma varia in funzione del flusso sanguigno e dei consumi energetici delle cellule. Per sopravvivere in un ambiente povero di ossigeno, le cellule devono adattare il proprio metabolismo. I risultati di numerose ricerche hanno mostrato che diversi tipi di cancro esprimono alti livelli della proteina HIF (Hypoxia-Inducible Factor), la molecola che orchestra la risposta cellulare all’ipossia. Una sua alta concentrazione favorisce la crescita e la diffusione del tumore nell’organismo. Grazie a HIF, infatti, una cellula malata attiva oltre un centinaio di geni, tra cui quelli coinvolti nel processo di formazione di nuovi vasi sanguigni tramite il processo di angiogenesi. La massa cancerosa crea così una rete di rifornimento che le permette di non restare senza ossigeno e nutrienti. Molecole in grado di bloccare la cosiddetta via di HIF potrebbero essere efficaci come farmaci antitumorali. Alcune ricerche sostenute da Fondazione AIRC hanno l’obiettivo di comprendere meglio il comportamento delle cellule tumorali in condizioni di ipossia, un passaggio necessario per mettere a punto nuove terapie specifiche.
In condizioni di scarsa ossigenazione, le reazioni metaboliche con cui le cellule trasformano l’energia di cui hanno bisogno portano all’accumulo di lattato. Questo a sua volta causa l’acidosi, ovvero una diminuzione del pH del microambiente tumorale. È stato dimostrato che l’acidosi stimola l’angiogenesi, favorisce la formazione di metastasi e inibisce le risposte immunitarie contro il tumore. Nell’insieme, questi 3 processi sono associati a prognosi più negative. Inoltre, elevati livelli di lattato possono stimolare la resistenza delle cellule tumorali alle terapie. La dimostrazione viene anche da una ricerca sostenuta da Fondazione AIRC, in cui si è osservato che il lattato spinge alcune cellule presenti nel microambiente, i fibroblasti, a produrre altre sostanze che rendono il tumore insensibile agli inibitori della tirosin-chinasi (TKI). Questi ultimi sono farmaci utilizzati comunemente contro vari tipi di neoplasie, come il melanoma, il cancro del polmone e quello della mammella. I ricercatori puntano ora a sviluppare terapie in grado di bloccare la cosiddetta via del lattato, da associare agli inibitori della tirosin-chinasi (TKI).
Le cellule tumorali hanno la capacità di sfruttare a proprio vantaggio le cellule non maligne presenti nel microambiente, comprese quelle che dovrebbero combatterle, come i globuli bianchi. Grazie alla produzione di alcune molecole, il tumore crea infatti un microambiente immunosoppressivo, in cui le cellule delle difese presenti nel cancro svolgono attività protumorali anziché antitumorali. I macrofagi associati ai tumori (TAM) producono, per esempio, molecole che stimolano l’angiogenesi e favoriscono il rimodellamento della matrice extracellulare in cui sono immerse le cellule malate. Questi eventi consentono ad alcune cellule che hanno acquisito un potenziale metastatico di staccarsi dal tumore primario e di entrare nel sangue attraverso varchi nei vasi tumorali o altre vie di disseminazione, dando origine a nuove masse metastatiche. Alcune ricerche sostenute da Fondazione AIRC sono incentrate sullo studio dell’interazione tra cellule cancerose e TAM. Tra le possibilità che vengono esplorate vi sono sia l’eliminazione dei TAM stessi, sia la loro rieducazione, affinché tornino a combattere il tumore, anziché esserne complici.
Agenzia Zoe