Ultimo aggiornamento: 23 marzo 2022
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Fibroblasti, macrofagi, linfociti, adipociti, cellule endoteliali, oltre a una serie di molecole solubili, come per esempio citochine e chemochine: il microambiente tumorale è tutto questo e molto altro ancora. È un ecosistema in continuo movimento, che cambia aspetto e funzione nel corso della malattia e riveste un ruolo di primo piano nel cancro, sotto diversi punti di vista.
Secondo la teoria più classica, la trasformazione di una cellula da sana a tumorale parte “dall’interno”, ovvero da una mutazione nel DNA della cellula che dà il via alla sua proliferazione incontrollata. Negli anni, però, si è visto che il contesto nel quale la cellula si trova può contribuire a innescare quei meccanismi che provocano la crescita del tumore o bloccare quelli che invece la impedirebbero.
Si tratta a tutti gli effetti di un dialogo, non di un monologo. Il tumore è in grado di inviare segnali che possono modificare il microambiente circostante a proprio favore e il microambiente a sua volta continua a cambiare, creando a volte un ambiente “ospitale” per la malattia. Molte ricerche sono giunte alla conclusione che il microambiente tumorale sia in genere immunosoppressivo, ovvero crei le condizioni per cui il sistema immunitario non è più in grado di riconoscere e distruggere le cellule tumorali.
Nonostante lo si studi ormai da diversi anni, ancora non esiste una definizione univoca e precisa di microambiente tumorale. Secondo alcuni autori, ne farebbero parte anche cellule che, pur non essendo fisicamente vicine alla massa cancerosa, hanno rapporti con il tumore, ne sono influenzati e lo influenzano. In queste definizioni più ampie sono compresi anche i microrganismi che appartengono al microbiota, quello che un tempo veniva chiamato flora batterica.
In base alle caratteristiche delle cellule che compongono il microambiente e alla loro funzione e relazione con il tumore, oggi a volte si parla anche di microambienti “specializzati” all’interno del microambiente tumorale stesso.
Il microambiente può essere anche considerato dal punto di vista immunitario, ovvero sulla base della presenza di diversi tipi di cellule delle nostre difese. Sotto questo aspetto è stato molto studiato negli ultimi anni in relazione all’utilizzo delle immunoterapie, ma anche al processo di diffusione del cancro e di formazione delle metastasi. Anche il livello di ossigeno, la presenza di alcuni nutrienti (glucosio, lipidi, ecc.) e metaboliti, e il grado di acidità dell’ambiente (pH) possono essere considerati come parti distintive del microambiente tumorale. Inoltre diversi ricercatori si sono concentrati negli ultimi anni sull’analisi del cosiddetto microambiente meccanico all’interno di quello tumorale: studi di meccanobiologia hanno dimostrato che la presenza di un microambiente con specifiche caratteristiche fisiche e meccaniche può influenzare non solo la durezza del tessuto cellulare, ma anche l’espressione dei geni, alcuni dei quali possono favorire la progressione o la diffusione del tumore.
Il concetto di microambiente tumorale non è nuovo. La sua nascita risale forse alla seconda metà dell’Ottocento, quando Rudolf Virchow parlò di una relazione tra infiammazione e cancro e Stephen Paget espose la teoria del cosiddetto “seed and soil” (seme e terreno), secondo la quale una cellula tumorale (il seme) per attecchire deve trovare un ambiente (il terreno) favorevole. “La biologia del cancro non può più essere compresa solo descrivendo le caratteristiche delle cellule tumorali, ma deve tenere conto dei contributi del microambiente tumorale alla tumorigenesi” hanno scritto nel 2011 Douglas Hanahan e Robert Weinberg, aggiornando il loro articolo sugli “hallmarks” del cancro, ovvero la descrizione delle proprietà biologiche comuni a tutti i tumori. Se nella prima versione dell’articolo queste caratteristiche erano tutte intrinseche alle cellule tumorali, nella seconda versione i due autori hanno tenuto conto anche dell’impatto dell’ambiente che circonda il tumore e che modifica inevitabilmente la capacità del tumore stesso di crescere e diffondersi, e la risposta alle terapie.
Nel tempo, l’attenzione dei ricercatori si è dunque focalizzata non più esclusivamente sul tumore ma anche sul microambiente che lo circonda, allo scopo di comprenderne a fondo i meccanismi e arrivare a modificarli per contrastare la malattia.
Alcune strategie che si concentrano sul microambiente tumorale puntano a “riposizionare” farmaci già in uso per altre malattie per rendere più efficaci le terapie anticancro. Tra questi anche farmaci molto noti come l’aspirina, l’antidiabetico metformina o le statine, impiegate per ridurre i livelli di lipidi.
Al momento, questo tipo di ricerca non ha ancora raggiunto risultati utilizzabili in clinica, ma il grande impegno dei ricercatori di tutto il mondo fa decisamente ben sperare.
Agenzia ZOE