Ultimo aggiornamento: 7 aprile 2022
Tempo di lettura: 6 minuti
Le mutazioni sono alterazioni o variazioni permanenti della sequenza di DNA considerata normale. Possono interessare singoli nucleotidi (le unità che compongono la sequenza di DNA), una parte di un cromosoma (che potrà essere deleta, duplicata, spostata, eccetera), oppure possono modificare il numero dei cromosomi stessi (in tal caso si parla di aneuploidia).
Le mutazioni possono essere causate da fattori interni, come per esempio da “errori” casuali generati durante la replicazione del DNA che il macchinario di riparazione delle cellule non riesce a correggere. Oppure possono essere dovute a fattori esterni, i cosiddetti agenti mutageni chimici o fisici, come per esempio il fumo di sigaretta o le radiazioni ultraviolette emesse dal sole.
Le mutazioni che possono essere trasmesse per via ereditaria sono dette germinali, perché avvengono nelle cellule della linea germinale da cui originano i gameti femminili (oociti) e maschili (spermatozoi). Se dopo l’unione dei gameti la mutazione sarà trasmessa all’embrione, verrà a trovarsi in ogni sua cellula, e quindi in ogni cellula dell’organismo che si svilupperà.
Sono invece dette mutazioni somatiche le alterazioni che si verificano in una qualsiasi cellula dell’organismo diversa da quelle della linea germinale. Le modifiche nel DNA di una cellula somatica possono trasmettersi soltanto alle cellule figlie di tale cellula mutata.
Una mutazione può anche insorgere nelle prime fasi della crescita dell’embrione e, in tal caso, può crearsi un fenomeno di mosaicismo: nell’embrione ci saranno cellule con il DNA mutato, derivate dalla cellula in cui è insorta la mutazione, e cellule senza danni al DNA. A seconda del tipo di mutazione e in quali e quante cellule dell’organismo sarà presente, l’individuo potrà avere o meno problemi di salute.
Vale la pena ricordare che le alterazioni genetiche sono moltissime e che alcune sono più frequenti di altre nella popolazione. Quando una mutazione interessa più dell’1 per cento della popolazione, essa viene indicata con il termine “polimorfismo”. Di per sé un polimorfismo può non avere alcun effetto deleterio sull’organismo e costituire soltanto il modo in cui alcuni tratti possono presentarsi con caratteristiche diverse, come il colore degli occhi.
Nelle cellule ciascun gene è normalmente presente in due forme, dette alleli, ognuna delle quali viene ereditata da uno dei genitori. Se i due alleli di un dato gene sono uguali, l’organismo è detto omozigote per quel tratto; altrimenti, se i due alleli sono diversi, è detto eterozigote. Una mutazione può essere presente in uno solo o in entrambi gli alleli di un gene. Per le patologie causate dalla mutazione di un singolo gene, in alcuni casi basta ereditare un solo allele mutato da uno dei due genitori perché la malattia si manifesti (malattie autosomiche dominanti); in altri invece è necessario che entrambi gli alleli, materno e paterno, siano mutati (malattie autosomiche recessive). Esistono poi malattie ereditarie che coinvolgono un gene situato su uno dei cromosomi sessuali X o Y, che vengono trasmessi ciascuno da un genitore e determinano, tra le altre cose, il sesso del nascituro (le femmine hanno due cromosomi X, mentre i maschi hanno un cromosoma X e uno Y). Le patologie associate ai cromosomi sessuali sono definite malattie legate all’X o malattie legate all’Y. Infine, alcune malattie sono causate da mutazioni del cosiddetto DNA mitocondriale presente nei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, trasmessi solo dalla madre. Molte patologie sono tuttavia determinate da mutazioni in più di un gene e dall’interazione dei prodotti di tali geni con l’ambiente, perciò le modalità con cui possono essere ereditate sono più complesse.
Le mutazioni trasmissibili per via ereditaria hanno un ruolo importante nell’evoluzione e la maggior parte di esse non è pericolosa. Ciò nonostante, le mutazioni genetiche hanno spesso una connotazione negativa, verosimilmente perché le poche patologiche sono di frequente associate a gravi malattie. Alcune non hanno un effetto sul cosiddetto fenotipo, ovvero l’insieme delle caratteristiche visibili di un organismo, come l’aspetto, determinato dall’interazione tra l’ambiente e il genotipo, cioè la costituzione genetica dell’organismo. Altre possono perfino portare benefici. Può succedere anche che avere una mutazione in un allele di un gene conferisca vantaggi, mentre possedere entrambi gli alleli mutati sia patologico. Emblematico è il caso dell’anemia falciforme, una malattia ereditaria così chiamata per la caratteristica forma a falce che assumono i globuli rossi. L’anemia falciforme è causata da un’alterazione in un singolo nucleotide del gene per la subunità beta dell’emoglobina, la proteina deputata al trasporto dell’ossigeno nel sangue. Le persone che hanno ereditato due copie mutate del gene hanno la malattia, mentre coloro che hanno ereditato una copia mutata e una normale sono portatori sani e hanno un vantaggio particolare: sono più resistenti alla malaria, una patologia causata da un parassita trasmesso agli esseri umani dalle zanzare. Il vantaggio conferito dalla mutazione spiega la frequenza della mutazione nelle popolazioni originarie di regioni dove la malaria era o è endemica, come il Mediterraneo e parti dell’Africa.
Perché alcune mutazioni che causano malattie anche gravi vengano conservate e non perse nel corso dell’evoluzione non è sempre chiaro, ma ci sono diverse possibili spiegazioni che valgono caso per caso. La malattia di Huntington, per esempio, è una grave malattia neurologica ereditaria i cui sintomi si presentano solo in età adulta, spesso quando l’individuo ha già avuto figli.
La maggior parte dei tumori è causato dall’accumulo di più mutazioni somatiche. Vi sono tuttavia alcune mutazioni germinali che possono aumentare la predisposizione dell’individuo allo sviluppo di uno o più tipi di cancro. I tumori ereditari sono chiamati così anche se ciò che si eredita non è la malattia ma la suscettibilità a svilupparla. Rappresentano circa il 5-10 per cento della totalità dei tumori. Le persone che si ammalano di tumori ereditari di norma ereditano un allele mutato di un particolare gene da un genitore, e acquisiscono poi nel corso della vita una mutazione nell’altro allele. Sono stati identificati diversi geni mutati, associati allo sviluppo di tumori e causa di particolari sindromi. Tra queste ultime, forse le più note sono la sindrome dei tumori ereditari della mammella e dell’ovaio, collegata a mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, che aumenta il rischio di ammalarsi di cancro del seno e ovarico, ma anche di quelli del pancreas, della prostata e di melanoma, e la sindrome di Lynch, dovuta a una mutazione di uno dei geni coinvolti nella riparazione degli errori di replicazione del DNA e che aumenta la probabilità di ammalarsi di cancro del colon-retto e di carcinoma dell’endometrio, ma anche di altri tumori.
Agenzia ZOE