Ultimo aggiornamento: 1 giugno 2022
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Il primo giugno 1974 il dottor Henry Heimlich illustrò in un articolo una procedura di primo soccorso contro il soffocamento da corpo estraneo. Poco tempo dopo, una persona la mise in pratica nella vita reale, rendendo Heimlich una celebrità. Ripercorriamo la storia di questo personaggio tanto famoso quanto controverso.
Secondo l’Internet movie database (IMDb), la manovra di Heimlich compare in almeno 29 film e in 57 episodi di serie televisive, da Ricomincio da capo a Friends. È difficile pensare a una manovra di primo soccorso più popolare, ed è impossibile ricordarne un’altra altrettanto nota che abbia preso il proprio nome da chi l’ha messa a punto. La storia del dottor Heimlich e della sua invenzione è però più complicata (e un po’ meno eroica) di quanto potremmo pensare.
I cani di Heimlich
Tutto ebbe inizio il primo giugno 1974, quando Henry Heimlich, un chirurgo toracico di Cincinnati, presentò in un articolo sulla rivista Emergency Medicine una procedura di primo soccorso per liberare le vie aeree ostruite da un corpo estraneo, come per esempio un pezzo di cibo. Negli Stati Uniti, spiegava Heimlich, migliaia di persone morivano ogni anno per soffocamento, ma molte di loro avrebbero potuto essere salvate attraverso una manovra relativamente semplice.
In cosa consisteva? Proviamo a visualizzarla: il soccorritore si pone alle spalle dell’infortunato e lo cinge ai fianchi. Con una mano afferra il pugno chiuso della propria altra mano all'altezza della vita della persona. Quindi comincia a dare una serie di spinte all’addome. In questo modo il diaframma si alza, i polmoni di conseguenza si comprimono e l’aria fa pressione sull’oggetto incastrato in gola fino all’espulsione. La procedura può variare in base alla posizione della vittima, ma il meccanismo di base non cambia.
Nell’articolo Heimlich spiegava come l’efficacia di questa manovra fosse stata dimostrata in precedenza con esperimenti effettuati con alcuni cani. Gli animali erano stati anestetizzati, quindi la loro trachea era stata bloccata col manicotto gonfiabile di un tubo endotracheale. Premendo sul loro addome, il tubo veniva espulso e i cani potevano riprendere a respirare normalmente. Il tutto “funzionava” anche impiegando come ostruzione un pezzo di carne.
Heimlich precisava che, senza dati su casi reali di soccorso in esseri umani (difficili da ottenere in breve tempo), sarebbe stato difficile convincere una rivista medica a dedicare un articolo al suo metodo. Ma il medico aveva misurato il flusso d’aria espulso dai volontari durante la manovra ed era certo che sarebbe stato sufficiente a espellere un oggetto. Così decise di bypassare le convenzioni e di chiedere ad Arthur Snider, un giornalista di sua conoscenza, di dedicare all’argomento un articolo informale. Lo scopo era raggiungere il maggior numero di persone nel più breve tempo possibile.
Il dottor Heimlich e la celebrità
L’articolo di Heimlich si concludeva chiedendo ai lettori di informarlo qualora la manovra fosse stata usata nella vita reale. L’attesa fu molto breve. Il 18 giugno l’amico reporter Arthur Snider aveva scritto del “metodo Heimlich” in una rubrica uscita su diversi quotidiani, e già il 23 dello stesso mese, sulla prima pagina del Seattle Times, si leggeva che Irene Bogachus era stata salvata da Isaac Piha, un ristoratore in pensione che aveva letto l’articolo di Snider e agito di conseguenza.
Il medico divenne in breve tempo una celebrità. Le riviste di medicina cominciarono a parlare della manovra di Heimlich, che alla fine comparve sul Journal of American Medical Association. Questa volta si trattava di un articolo scientifico in cui si analizzavano i primi casi di utilizzo della manovra stessa. Il dottor Heimlich era uno showman nato che aveva fatto sorridere l’America eseguendo la manovra su celebrità come Johnny Carson e David Letterman. Ma è anche stato una figura controversa.
La manovra di Heimlich non è onnipotente
Non ci sono dubbi che la manovra possa salvare dal soffocamento quando questo è causato da un oggetto che ostruisce le vie aree. Heimlich, però, secondo numerosi critici, ne estese a sproposito l’ambito di applicazione. Era convinto, per esempio, che la manovra potesse essere usata anche in caso di annegamento o di attacchi di asma. Secondo la comunità scientifica, invece, non ci sono prove convincenti su questi fronti, per cui sono raccomandate piuttosto altre tecniche di primo soccorso. Cosa che Heimlich non accettò mai.
Egli scriveva inoltre che solo la sua manovra poteva aiutare in caso di soffocamento, mentre ogni altra procedura risultava essere meno efficace o, addirittura, controproducente. I colpi sulla schiena, per esempio, a dire di Heimlich sarebbero stati “letali”. La sua campagna, in ogni caso, funzionò: dal 1986 la Croce Rossa cominciò a raccomandare la manovra in caso di soffocamento cosciente, a scapito dei colpi sulla schiena. A partire dal 2006 però le linee guida sono state modificate: da allora si consiglia di intervenire prima con i colpi sulla schiena e solo in seguito con la manovra di Heimlich o con le spinte toraciche. Oggi la Croce Rossa usa l’espressione “spinte addominali” anziché manovra di Heimlich. Le spinte toraciche si basano sullo stesso principio, ma vanno a comprimere direttamente il torace in luogo del diaframma.
Di fatto non sono mai state provate né la presunta letalità dei colpi sulla schiena, né l’assoluta superiorità della manovra di Heimlich sulle altre. Non bisogna dimenticare poi che essa ha anche effetti collaterali, come per esempio la stimolazione del vomito, che a sua volta può complicare la situazione, motivo per cui gli esperti hanno cominciato a consigliare un approccio “misto”. Anche in questo caso Heimlich non accettò l’opinione della comunità scientifica, e i suoi eredi stanno ancora cercando di convincere il mondo che le linee guida della Croce Rossa mettono in pericolo le persone.
Lo scandalo della malarioterapia
L’episodio più controverso nella carriera di Heimlich è stato però la promozione della cosiddetta malarioterapia, un tentativo di immunoterapia in cui gli effetti dell’infezione del plasmodio della malaria dovrebbero essere sfruttati per combattere un’altra malattia. Un secolo fa si utilizzava contro la sifilide: la forte febbre provocata dal plasmodio sembrava infatti poter eradicare il batterio all’origine di quella infezione. Heimlich era convinto che la malarioterapia avrebbe potuto curare anche altre malattie, come il cancro o il morbo di Lyme. Si trattava di idee audaci e infondate, anche considerando il fatto che provenivano da una persona priva di competenze in infettivologia e in oncologia. Il chirurgo non ottenne in effetti alcun risultato né nella cura del cancro né in quella del morbo di Lyme. Nonostante gli insuccessi, negli anni Novanta propose la malarioterapia anche per la cura di una nuova malattia assai discussa: l’AIDS.
Per l’immunologo Anthony Fauci e molti altri esperti era pericoloso provare a curare l’infezione da HIV in questo modo, eppure Heimlich tirò dritto. Negli Stati Uniti non gli sarebbe stato permesso di sperimentare in esseri umani prima di ottenere solidi dati in cellule e animali di laboratorio, specialmente se la presunta terapia richiedeva l’infezione deliberata, come in questo caso. Ma Heimlich, che nel 1974 aveva provato la sua manovra nei cani, ora si opponeva alla sperimentazione animale. Per questo motivo decise di organizzare sperimentazioni cliniche in Paesi in via di sviluppo disposti a ospitare esperimenti su soggetti umani con minori vincoli e garanzie, utilizzando allo scopo finanziamenti raccolti tra le celebrità di Hollywood grazie al suo nome.
Alle conferenze scientifiche sull’AIDS Heimlich prometteva meraviglie, ma gli esperimenti non approdarono a nulla di concreto e continuarono invece a essere criticati, sia sul piano scientifico sia su quello etico. Heimlich tuttavia non si pentì mai di aver provato quella strada: nella sua autobiografia del 2014, pubblicata due anni prima di morire, difese i propri studi sulla malarioterapia per l’AIDS. In compenso, in una nota, si scusò per il suo esperimento effettuato con i cani, sostenendo che, se avesse potuto disporre, all’epoca, delle tecnologie moderne, non vi avrebbe mai fatto ricorso.
Stefano Dalla Casa