Ultimo aggiornamento: 12 marzo 2025
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Vediamo come si raccolgono e valutano le segnalazioni degli effetti avversi dei farmaci.
Cos’è la farmacovigilanza? Si tratta di un’attività di raccolta, verifica e sorveglianza degli eventuali effetti avversi di tutti i medicinali, segnalati da pazienti, medici, farmacisti e altri operatori dopo che i prodotti sono stati autorizzati sia alla commercializzazione sia all’uso dall’autorità competente, che in Europa è l’Agenzia europea delle medicine (EMA). In Italia l’ente responsabile della farmacovigilanza è l’Agenzia italiana del farmaco, che opera in collaborazione con l’EMA per garantire la valutazione scientifica, la supervisione e il controllo della sicurezza dei farmaci.
Di recente si è parlato di farmacovigilanza nel corso della pandemia di Covid-19 che ha colpito tutto il mondo nel 2020. In particolare, dopo alcuni mesi dall’inizio delle campagne vaccinali contro il virus Sars-CoV-2, a fine 2020, in alcuni Paesi del mondo le somministrazioni sono state temporaneamente sospese in via precauzionale a seguito della segnalazione di alcuni eventi avversi molto rari. Si trattava di trombosi cerebrali associate a bassi livelli di piastrine, che si sono verificate in un numero molto limitato di persone (un caso ogni 10-100.000) dopo che avevano ricevuto una dose di questi vaccini. Tali effetti collaterali, essendo appunto rarissimi, non erano stati osservati nella popolazione che ha partecipato alle sperimentazioni cliniche dei vaccini stessi.
Il raro effetto era stato riscontrato in particolare in persone che avevano ricevuto, in Europa, i vaccini autorizzati, prodotti da AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford e da Johnson & Johnson. L’Agenzia europea per i medicinali, prendendo in esame i casi, aveva anche valutato le rarissime trombosi che si erano verificate negli Stati Uniti dopo la somministrazione di uno di questi vaccini, lavorando a stretto contatto con la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia che negli Stati Uniti corrisponde all’EMA, e con altri enti regolatori internazionali. Dato il momento particolarmente teso e complesso, in piena pandemia e con vaccini approvati con procedure di emergenza, l’attenzione delle agenzie regolatorie e di farmacovigilanza era massima.
Scopo delle agenzie regolatorie era valutare se i casi potessero essere collegati in modo causale alla somministrazione del vaccino e, in caso affermativo, se fosse necessaria un’azione normativa. Per quanto riguarda il vaccino di AstraZeneca che poi avrebbe preso il nome di Vaxzevria, l’EMA aveva raccomandato di procedere con la campagna vaccinale al fine di proteggere la popolazione dal virus. Gli esperi avevano infatti considerato che i benefici di protezione offerti contro il Covid-19 avrebbero superato di gran lunga i ben più rari rischi di effetti indesiderati gravi. Alla stessa conclusione era giunta la FDA per quanto riguardava il vaccino Johnson & Johnson. Gli effetti collaterali più comuni erano infatti lievi o moderati e miglioravano entro pochi giorni dalla vaccinazione. Peraltro il vaccino non aumentava il rischio complessivo di eventi tromboembolici. Per quanto riguardava, invece, i casi seppure molto rari di trombosi venose a livello delle vene cerebrali e addominali, non si poteva escludere un ruolo del vaccino e pertanto il rischio di tali possibili eventi avversi era stato inserito nel foglietto illustrativo.
Come agisce la farmacovigilanza
Le attività di farmacovigilanza riguardano tutti i prodotti farmaceutici autorizzati in Europa dall’EMA, tra cui i vaccini. Tutti i medicinali in uso nella popolazione sono continuamente monitorati, e gli effetti indesiderati segnalati vengono valutati attentamente da parte degli organismi preposti alla farmacovigilanza. L’Organizzazione mondiale della sanità definisce la farmacovigilanza come la scienza e le attività relative all’identificazione, valutazione, comprensione e prevenzione delle reazioni avverse o di altri problemi collegati ai farmaci.
Farmaci, tra cui terapie e vaccini sono strumenti fondamentali di prevenzione e cura, e possono essere autorizzati e utilizzati solo dopo una rigorosa sperimentazione clinica. Tuttavia ogni preparato può dare effetti collaterali indesiderati e inaspettati. In alcuni casi tali effetti emergono solo dopo che i composti sono entrati in commercio e sono stati utilizzati per un certo periodo di tempo, in una popolazione più ampia, dalle caratteristiche più varie ed eterogenee rispetto a quella che ha partecipato agli studi clinici. Può succedere con qualunque composto: anche quando, per fare giusto qualche esempio banale, per farci passare il mal di testa assumiamo un antidolorifico, o quando, per evitare gravidanze indesiderate, ricorriamo alla pillola anticoncezionale. L’assunzione di qualsiasi farmaco comporta inevitabilmente dei rischi, che decidiamo di correre a fronte dei maggiori benefici che ne derivano e di un’informazione adeguata nel foglietto illustrativo.
Tra gli obiettivi della farmacovigilanza vi sono l’identificazione delle reazioni avverse non emerse negli studi clinici e l’approfondimento delle relative conoscenze in aggiunta a quelle già note. A tale scopo, le agenzie che si occupano di questa attività cercano anche di individuare i fattori di rischio che rendono più probabile il manifestarsi di reazioni avverse. Si ottiene così un profilo di rischi e benefici del medicinale in modo da migliorare la cura e la sicurezza per chi li assume.
È importante chiarire che per reazione avversa si intende una reazione sensibilmente nociva e non intenzionale, conseguente all’uso di un farmaco, mentre è un evento avverso qualsiasi fenomeno clinico spiacevole che si riscontra durante un trattamento farmacologico, ma che non è necessariamente causato dall’assunzione del farmaco in questione. L’attività di farmacovigilanza serve soprattutto a stabilire se un evento avverso è anche una reazione avversa, ovvero una reazione associata in modo causale al farmaco o al preparato. In questo modo le autorità regolatorie (come l’FDA negli Stati Uniti, l’EMA in Europa, e in parte l’AIFA in Italia) possono verificare la sicurezza di farmaci e vaccini, confermando quanto è stato osservato negli studi precedenti all’autorizzazione o, eventualmente, identificando potenziali reazioni avverse, soprattutto se rare o molto rare.
Come è nata l’attività di farmacovigilanza
Gli studi degli eventi indesiderati che si manifestano dopo l’inizio della commercializzazione di un farmaco sono iniziati già nell’Ottocento, ma nella seconda metà del secolo scorso hanno subito un’importante accelerazione. In particolare dopo il tragico caso della talidomide, che, di fatto, ha dato avvio alla sorveglianza sistematica dei medicinali in commercio.
Utilizzato in alcuni Paesi europei a partire dal 1956, il farmaco è stato ampiamente prescritto come sedativo, ipnotico e antinausea per disturbi come raffreddore, tosse, nevralgie, emicrania. Era particolarmente indicato per gestanti e mamme in allattamento, contro la nausea. Negli anni dal 1956 al 1961 furono tuttavia segnalati numerosi casi di focomelia, cioè di alterazioni congenite dello sviluppo degli arti, in bambini nati da mamme che avevano assunto il farmaco. Fu in particolare un pediatra australiano, William Griffith McBride, ad avanzare per primo l’ipotesi di una correlazione tra l’assunzione della talidomide e le anomalie congenite. Negli Stati Uniti il farmaco, in valutazione, non fu approvato, grazie all’intervento di Frances Kelsey, revisore interno presso la FDA. Ciò contribuì a stabilire statisticamente il nesso di causa ed effetto tra la talidomide e gli effetti sul feto in almeno 10.000 bambini nati da donne che lo avevano assunto in gravidanza e al successivo ritiro in tutti i Paesi in cui era in commercio.
La tragica vicenda ha innescato l’adozione di una serie di misure e interventi al fine di promuovere una maggiore sicurezza dei farmaci, sia durante la sperimentazione, sia quando un medicinale viene somministrato alla popolazione. Per quanto riguarda la sperimentazione, è da tempo obbligatorio svolgere studi con animali gravidi di tre specie diverse, con una gestazione simile a quella umana. Per ciò che concerne invece l’uso dei farmaci già approvati, nel 1968 per esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha istituito il Program on International Drug Monitoring (al quale attualmente aderiscono 145 Paesi) con lo scopo di centralizzare i dati sulle reazioni avverse e favorire il monitoraggio internazionale dei farmaci. Tale monitoraggio nel tempo si è evoluto e oggi si avvale anche di VigiAccess, un’applicazione lanciata dall’OMS nel 2015 per incoraggiare la segnalazione degli effetti avversi dei medicinali e favorire l’accesso alle informazioni.
La farmacovigilanza in pratica consente di completare il profilo di efficacia e sicurezza di un farmaco, grazie a dati successivi rispetto a quelli raccolti nelle sperimentazioni cliniche. Si tratta perlopiù di effetti a lungo termine e di eventuali reazioni avverse, segnalati quando il farmaco è ormai entrato in commercio e l’uso riguarda una popolazione ben più estesa di quella sperimentale. A volte la farmacovigilanza consente anche di far emergere nuove indicazioni terapeutiche: per esempio, proprio grazie alla farmacovigilanza, oggi sappiamo che il sulfinpirazone è utile al trattamento delle cardiopatie o che la fenitoina può funzionare per il controllo delle aritmie.
In seguito a segnalazioni e indagini scientifiche accurate di farmacovigilanza, le autorità possono richiedere un aggiornamento del foglietto illustrativo. Qualora i problemi riscontrati siano particolarmente seri e comuni, possono anche imporre la sospensione o il ritiro di un farmaco. Nel 2001 per esempio la cerivastatina, per il controllo del colesterolo, è stata ritirata a causa di numerosi casi di miopatie con rabdomiolisi, anche letali, associati all’assunzione di questo medicinale. La stessa sorte è toccata, nel 2004, a medicinali a base di rofecoxib, che causavano un aumentato rischio di eventi cardiovascolari gravi. Nel 2010 lo stesso è successo ai medicinali contenenti rosiglitazone, in seguito a un aumento di eventi cardiovascolari nei pazienti trattati. E nel 2019 al fenspiride, un farmaco che veniva impiegato per alleviare la tosse causata da malattie polmonari.
In Europa sono vincolanti le decisioni in merito dell’EMA, cui competono sia l’autorizzazione al commercio di un farmaco sia l’eventuale suo ritiro dal mercato, per l’Italia in collaborazione con l’AIFA. Anche se, come è capitato nel caso dei vaccini anti-Covid, un singolo Paese può sospendere l’uso di un medicinale o limitarne l’uso per alcune categorie di persone.
A tal proposito, possiamo ricordare la sospensione per via precauzionale del vaccino antinfluenzale Fluad, decisa dall’AIFA nel 2014, dopo alcune morti sospette nelle 48 ore successive alla somministrazione. Tuttavia, le successive verifiche dell’EMA non rilevarono alcun nesso causale. Il presidente dell’AIFA dell’epoca, Sergio Pecorelli, aveva confermato che il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza aveva concluso che non vi era correlazione tra il vaccino e gli eventi avversi segnalati, ribadendo la necessità di ristabilire fiducia e serenità nei confronti della vaccinazione antinfluenzale.
La farmacovigilanza in Italia
In Europa la Direttiva 2010/84/UE, recepita in Italia con il Decreto ministeriale del 30 aprile 2015, è attualmente la normativa di riferimento per le attività di farmacovigilanza.
Nel nostro Paese, a gestire la raccolta, la gestione e l’analisi delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci è la Rete nazionale di farmacovigilanza, connessa alla banca dati europea coordinata dall’EMA, chiamata EudraVigilance, e al database mondiale dell’OMS, gestito dall’Uppsala Monitoring Centre.
Al fine di identificare precocemente sospetti di reazioni avverse, chiunque può fare una segnalazione al responsabile di farmacovigilanza della propria AST o dell’Azienda ospedaliera di riferimento o direttamente online sul sito www.vigifarmaco.it. Si tratta insomma di un sistema aperto, dinamico, cui tutti (professionisti della sanità, pazienti, genitori, cittadini) possono inviare le proprie segnalazioni contribuendo al monitoraggio dell’uso sicuro dei medicinali. Tutte le segnalazioni confluiscono poi nella Rete nazionale di farmacovigilanza dell’AIFA.
Quindi la segnalazione spontanea è importante perché permette di sorvegliare tutti i medicinali disponibili in commercio, in tutte le categorie di pazienti, e fornire segnalazioni precoci su possibili reazioni insolite o non note, anche se rare. È chiaro, però, che ogni segnalazione di evento avverso andrà verificata per confermare se sia realmente legata all’uso del farmaco o del vaccino. Se dalle analisi statistiche risulta che il numero di eventi è pari o inferiore a quello atteso (ovvero casi che si sarebbero verificati comunque), l’associazione è improbabile o casuale. Se invece il numero è superiore all’atteso, l’associazione potrebbe essere comunque causale, ma occorre una valutazione clinica di ogni caso. Come spiega l’AIFA, tutte le segnalazioni sono costantemente monitorate per individuare eventuali segnali di allarme e adottare le misure necessarie per minimizzare i rischi.
Simona Regina