Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla nostra salute

Ultimo aggiornamento: 12 marzo 2025

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Polveri sottili e inquinanti dell’aria sono importanti cause di malattia in Europa. L’aria inquinata provoca problemi respiratori e cardiovascolari, che colpiscono soprattutto le fasce più deboli della popolazione.

L’inquinamento atmosferico è considerato essere tra le cause rilevanti di mortalità in Europa. Secondo i dati contenuti nel rapporto più recente  dell’Agenzia europea dell’ambiente sulla qualità dell’aria in Europa, oltre il 96% degli abitanti delle città europee è esposta a concentrazioni di particolato PM2,5 (inquinanti di piccole dimensioni) pericolose per la salute. L’esposizione a lungo termine a queste sostanze, sempre secondo l’EEA, nel 2022 sarebbe stato responsabile di circa 239.000 decessi, di cui oltre 48.000 solo nel nostro Paese. Ci sarebbero poi i decessi prematuri legati a livelli eccessivi di gas quali biossido di azoto (NO2), circa 48.000, e ozono (O3), circa70.000.

Gli inquinanti atmosferici sono uno dei principali fattori scatenanti dello sviluppo di malattie croniche, e continuano ad avere un impatto significativo sulla salute della popolazione europea, soprattutto quella delle aree urbane. In particolare, i più vulnerabili agli effetti della cattiva qualità dell’aria sono le persone appartenenti ai gruppi socioeconomici più svantaggiati, gli anziani, i bambini e coloro che hanno altri problemi di salute.

Quali inquinanti, e da dove provengono

I potenziali effetti dell’aria inquinata sulla salute variano a seconda della composizione e della concentrazione dei vari componenti. Tra i maggiori indiziati delle complicazioni sanitarie, il particolato fine (in particolare, i cosiddetti PM2,5 e PM10), il biossido d’azoto (NO2) e l’ozono (O3), che variano in concentrazione e presenza in base alle aree geografiche e alla vicinanza o meno ai centri urbani o ai grossi centri industriali. Questi inquinanti hanno origine perlopiù dal trasporto urbano, dal riscaldamento residenziale e dalle attività industriali, compreso il settore agroindustrialeSecondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il trasporto urbano è responsabile della produzione del 30% circa di particolato fine e della maggior parte del biossido di azoto e del benzene nelle città.

Per misurare la concentrazione di queste componenti nell’aria si utilizzano delle stazioni di rilevamento, oltre alle immagini satellitari fornite dal servizio di monitoraggio europeo “Copernicus atmosphere monitoring service” (CAMS), che restituiscono un’istantanea sempre più accurata della qualità delle componenti dell’atmosfera.

Un segnale positivo

I dati rimangono preoccupanti, ma secondo l’ultimo rapporto Air quality in Europe, pubblicato a giugno 2024, le politiche europee, nazionali e locali, e le riduzioni delle emissioni nei settori chiave, hanno determinato un progressivo miglioramento della qualità dell’aria in tutta Europa.

“Nel 2022, solo il 2% delle stazioni di monitoraggio europee ha rilevato concentrazioni di particolato atmosferico fine superiori al valore limite” riporta la European Environment Agency. Infatti, dal 2000 le emissioni dei principali inquinanti atmosferici emessi dai mezzi di trasporto e quelle derivate dall’approvvigionamento energetico sono diminuite in misura significativa, malgrado la crescente domanda di mobilità. Invece, i progressi nella diminuzione delle emissioni derivanti da edilizia e agricoltura sono stati lenti.

Qualità dell’aria e il caso della pandemia causata da Covid-19

Guardando al 2020, ciò che sappiamo per certo è che le limitazioni negli spostamenti e nel trasporto di merci imposte da molti Paesi nei primi mesi dell’anno contribuirono a ridurre la concentrazione di inquinanti nell’aria. A livello europeo, il programma Copernicus registrava a fine marzo 2020 una riduzione fino al 60% della concentrazione di alcuni di queste componenti in molti Paesi europei. In particolare, nelle aree generalmente più inquinate del nord Italia, il CAMS registrava  una riduzione settimanale del 10% circa delle concentrazioni superficiali di biossido di azoto a partire da metà febbraio. Per quanto riguarda invece quelle del PM10 (pur tenendo conto che valutazioni precise in questo caso sono più complicate, perché il particolato ha un comportamento fisico e chimico diverso dal biossido di azoto, meno persistente nell’atmosfera), la riduzione avrebbe raggiunto il 20% circa in alcune aree europee.

Numerosi gli studi che hanno indagato la e la possibile relazione tra l’esposizione di lungo periodo agli inquinanti atmosferici e la gravità delle infezioni nei pazienti con Covid-19. In Italia, per esempio, tra la primavera del 2020 e ottobre 2022 si è svolto un progetto di ricerca denominato “Pulvirus”, a cui hanno collaborato l’Enea, l’Istituto superiore di sanità (ISS) e il Sistema nazionale per la protezione ambientale (SNPA). L’obiettivo era di indagare su un possibile legame fra inquinamento atmosferico e diffusione della pandemia, indagando sia le interazioni fisico-chimiche e biologiche fra polveri sottili e virus, sia gli effetti del blocco dell’attività e degli spostamenti in quello strano periodo sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra.

Il progetto Pulvirus si è rivelato uno strumento prezioso, evidenziando che durante il lockdown vi è stata una significativa riduzione delle emissioni di ossidi di azoto (NO₂), mentre le variazioni di PM10 e PM2.5 sono state più modeste. La combustione in ambito residenziale è aumentata, ma il traffico ha subito un drastico calo a causa della sospensione delle attività quotidiane. È importante sottolineare che non sono emerse prove conclusive riguardo al ruolo del particolato nel trasporto del virus. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari: simulazioni di dinamica molecolare hanno mostrato un debole legame chimico tra gli zuccheri della proteina Spike del virus e la parte carboniosa del particolato, ma rimangono incognite sulla stabilità di questa interazione e sull’attività del virus durante le trasformazioni in atmosfera.

  • Rudi Bressa

    Giornalista ambientale e scientifico, collabora con varie testate nazionali e internazionali occupandosi di cambiamenti climatici, transizione energetica, economia circolare e conservazione della natura. È membro di Swim (Science writers in Italy) e fa parte del board del Clew Journalism Network. I suoi lavori sono stati supportati dal Journalism Fund e dalI'IJ4EU (Investigative Journalism for Europe).