Microplastiche: le ingeriamo davvero?

Ultimo aggiornamento: 20 marzo 2025

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L’inquinamento da microplastiche nell’ambiente può avere un impatto diretto sul nostro organismo? Quanto ne sappiamo? E cosa si sta facendo per contenere questo problema?

Che le microplastiche finiscano nelle acque e negli alimenti che consumiamo è una delle preoccupazioni dei cittadini europei. Lo rivela il rapporto chiamato Eurobarometro sulla sicurezza alimentare curato dall’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma. A nutrire questi timori, negli ultimi anni, sono le notizie sulle rilevazioni di microplastiche nel cervello umano, nonché nei reni, nel sangue, e nella placenta e nel latte materno. Ma cosa sono le microplastiche? E, soprattutto, possono avere un impatto sulla salute?

In un mondo di plastica

Sentiamo spesso parlare di come il pianeta sia sommerso dalla plastica. Tuttavia, quella che vediamo a occhio nudo è solo la punta dell’iceberg. Ben più insidiosi sembrano essere, infatti, i frammenti dalle dimensioni piccolissime che prendono il nome di microplastiche e nanoplastiche. Si tratta di particelle di diametro inferiore rispettivamente a 5 millimetri e a 100 nanometri. Le più minute nanoplastiche hanno lo stesso ordine di grandezza di alcuni virus.

Vengono definite microplastiche primarie quei piccoli frammenti di plastica che sono già prodotte nelle loro minuscole dimensioni e sono utilizzate per esempio nei cosmetici come per esempio gli scrub, nei dentifrici, in vernici, paste abrasive e fertilizzanti. Si chiamano secondarie, invece, le microplastiche la cui dimensione ridotta è causata dal degrado di oggetti più grandi, come bottiglie, contenitori per il cibo, attrezzature per la pesca e tessuti sintetici.

Le microplastiche sono praticamente ovunque: sono state rinvenute nei mari di tutto il mondo, a tutte le latitudini, e in pressoché tutti gli organismi analizzati che abitano questi ambienti (pesci, molluschi, plancton compreso). È inevitabile, perciò, chiedersi se le microplastiche finiscano sulla nostra tavola. La risposta è . Peraltro, essa non deriva solo dal pesce, dato che ne sono state trovate tracce perfino nello zucchero e nel sale da cucina, oltre che nella frutta, nella verdura e in molti altri alimenti.

Non bastasse, le microplastiche sono presenti anche nell’aria. Spostate dal vento, dalla pioggia e dalla neve, possono raggiungere le zone più remote e scarsamente abitate del pianeta. I risultati di uno studio francese, pubblicati sulla rivista Current Opinion in Environmental Science & Health nel 2018, hanno evidenziato, per esempio, che la degradazione delle fibre tessili sintetiche produce microplastiche fibrose che possono essere inalate. È probabile, scrivono gli autori, che la maggior parte si fermino nelle vie aeree superiori grazie all’azione di ciglia e muco. Tuttavia non si può escludere che alcune raggiungano i polmoni. È importante sottolineare che le conoscenze a nostra disposizione sono ancora limitate e c’è bisogno di ulteriori studi per valutarne gli effetti sulla salute umana e arrivare a delle conclusioni.

 

Cibo, aria, pelle: le vie di accesso per le microplastiche

In una revisione degli studi in merito, pubblicata sulla rivista Science of The Total Environment, alcuni ricercatori che lavorano in Portogallo hanno ribadito che le microplastiche sono contaminanti ambientali praticamente onnipresenti, ai quali anche gli esseri umani sono inevitabilmente esposti. L’esposizione, secondo i dati dello studio, può avvenire per ingestione, inalazione e contatto cutaneo. In condizioni di alta concentrazione o alta suscettibilità individuale, riportano i ricercatori, le microplastiche potrebbero causare infiammazione, stress ossidativo e persino provocare mutazioni e lesioni precancerose. Tuttavia, spiegano gli autori, ciò che sappiamo per certo sugli effetti patogenici dell’esposizione a questi contaminanti ambientali è ancora troppo limitato per trarre conclusioni affrettate e suscitare allarme.

L’assunzione di microplastiche tramite la dieta è tuttavia sostenuta da numerose evidenze, riassunte in un articolo di revisione del 2020 a firma italiana sull’International Journal of Environmental Research of Public Health. Secondo tale analisi, la frazione di particelle in grado di raggiungere effettivamente gli organi e le membrane cellulari sembrerebbe essere limitata. Una volta ingerite, solo le particelle di dimensioni inferiori a 2 micron di diametro (più piccole cioè di 2 milionesimi di metro) sembrano infatti in grado di superare le barriere che separano il tratto gastrointestinale dal resto dell’organismo.

Quante microplastiche invece entrano nel nostro corpo per inalazione? Secondo i risultati di uno studio, pubblicati nel 2018 sulla rivista Environmental Pollution, mangiando una porzione di cozze si ingeriscono meno fibre sintetiche di quante se ne inalano attraverso la polvere domestica durante lo stesso pasto. In generale, come è indicato nell’articolo del 2020 citato in precedenza, la diffusa presenza di microplastiche nell’aria potrebbe portare a stress respiratorio, effetti citotossici e infiammatori e malattie autoimmuni.

Un’altra via di esposizione alle microplastiche, spiegano gli autori, è il contatto con la pelle attraverso l’acqua, per esempio quando ci laviamo, o tramite l’utilizzo di scrub e altri cosmetici. Tuttavia, solo particelle di dimensioni inferiori a 100 nanometri (o miliardesimi di metro) possono penetrare lo strato corneo (quello più superficiale dell’epidermide). Quindi è improbabile che l’assorbimento di microplastiche possa avvenire attraverso la pelle.

Gli studiosi ipotizzano quindi che solo le microplastiche di dimensioni inferiori a 20 micron siano in grado di penetrare all’interno degli organi e solo quelle di circa 10 micron potrebbero riuscire ad attraversare le membrane cellulari. Tuttavia, il destino e gli effetti delle microplastiche sul corpo umano sono ancora discussi e soprattutto poco compresi. Non è infatti ancora chiaro il ruolo che le diverse caratteristiche di ciascuna microplastica può avere sull’organismo, dalla dimensione, alla forma alla composizione chimica del materiale. Inoltre si sa poco o nulla sull’effetto della concentrazione di tali materiali durante l’esposizione.

Per ora niente allarmismi: servono più studi

Nel 2023 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha ribadito il bisogno di approfondire le conoscenze in merito all’impatto delle microplastiche sulla salute umana. In particolare, gli esperti dell’OMS si sono basati per questo sui risultati di un rapporto dell’OMS stesso, del 2022, in cui sono stati analizzati i dati disponibili pubblicati fino al 2021 sul tema. Dal documento è emerso che le concentrazioni di microplastiche, pur trovandosi in tutto il pianeta, variano molto a causa delle attività umane. Inoltre dati affidabili sulla presenza di microplastiche in aria, alimenti e bevande sono tuttavia ancora limitati e basati su ancora pochi studi. Ciò rende difficile stimare l’esposizione umana e i suoi effetti sulla salute. L’analisi ha chiarito le limitazioni metodologiche nella raccolta dei dati e le difficoltà incontrate nella valutazione quantitativa delle concentrazioni a cui si è esposti. Nonostante gli affetti avversi dell’inalazione di microplastiche siano stati confermati, non è ancora chiaro se tali effetti siano legati a proprietà intrinseche delle particelle di materiale plastico o alla reazione dell’organismo a concentrazioni elevate.

È invece definitivo l’invito dell’OMS a ridurre l’inquinamento da plastica in tutto il mondo, sia per diminuire le possibilità di esposizione sia per salvaguardare l’ambiente. Come riportato dal rapporto, per raggiungere tale obiettivo occorre agire su due fronti: da un lato con iniziative di riduzione e miglioramento della gestione dei rifiuti di plastica, e dall’altro lato stimolando l’innovazione scientifica verso un miglioramento delle prestazioni dei materiali, nonché dei processi produttivi.

  • Simona Regina

    Giornalista professionista, lavora come freelance nel campo della comunicazione della scienza. Scrive di salute, innovazione e questioni di genere e al microfono incontra scienziati e scienziate per raccontare sfide e traguardi della ricerca. People Science & the City è tra le trasmissioni che ha curato e condotto su Radio Rai del Friuli Venezia Giulia. Elogio dell'errore la sua ultima avventura estiva. Su Rai Play Radio il podcast che ha realizzato per Esof2020 che racconta Trieste città europea della scienza: Magazzino 26. Ogni anno si unisce all'equipaggio del Trieste Science+Fiction Festival per coordinare gli Incontri di futurologia, quest'anno approdati sul web come Mondofuturo.