Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2023
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In questo articolo risponderemo alle domande:
Da qualche tempo si sa che le spese legate alle cure per un cancro possono avere effetti negativi sull’esito delle cure stesse, oltre che sulla vita personale e sul bilancio familiare dei pazienti. Oggi si comincia a valutare anche quella che gli anglosassoni hanno chiamato “time toxicity”, e che in italiano si può tradurre come tossicità temporale. Si tratta del possibile effetto negativo sull’esito di un percorso di cura, dato dal tempo che i pazienti sottraggono ad altre attività per dedicarsi alla malattia.
“L’oncologia ha sempre celebrato i benefici, anche piccoli, in termini di sopravvivenza, ottenuti attraverso i nuovi trattamenti, ma è rimasta indietro nel comprendere dove (e come) viene trascorso il tempo guadagnato grazie alla cura.” In un articolo sul Journal of Clinica Oncology, alcuni esperti raccontano e commentano così questo possibile effetto collaterale del cancro.
In effetti la malattia e i suoi trattamenti gravano sui pazienti non solo con sintomi clinici come nausea, perdita di capelli o stanchezza. Se ne stanno rendendo conto i membri della comunità medico-scientifica che, attraverso i loro studi, cercano oggi di allargare lo sguardo anche a sintomi di natura diversa, con un impatto importante sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari.
Il tumore e i suoi trattamenti possono rubare molto tempo alla vita quotidiana. Basta pensare a quello necessario a coordinare le cure, a presentarsi alle visite e a sottoporsi alle sedute di trattamento. Va considerato inoltre il tempo impiegato per recarsi dal medico o in ospedale in emergenza a causa degli effetti collaterali della terapia, per il ricovero in ospedale e per eseguire tutti gli esami di controllo.
In uno studio alcuni ricercatori hanno provato a tradurre tutto questo in numeri e, analizzando le sperimentazioni relative a 13 farmaci approvati negli Stati Uniti tra il 2009 e il 2022 per tumore metastatico, ne hanno anche valutato la “time toxicity”. Nove degli studi analizzati hanno mostrato un miglioramento mediano della sopravvivenza pari a 2,1 mesi grazie al farmaco, rispetto alle cosiddette migliori cure di supporto che evitavano la terapia, ma i trattamenti prevedevano osservazione costante, cure palliative a domicilio e altro ancora.
Ogni mese i pazienti coinvolti nella sperimentazione vi hanno dedicato circa 16 ore, di cui 5,3 ore per i viaggi verso il centro di cura. Inoltre queste ore erano in genere distribuite su 4-5 giorni nel mese, riducendo i giorni liberi da trattamento e trascorsi a casa.
“Le ore dedicate alla cura del cancro sono probabilmente superiori alle 16 che abbiamo calcolato” spiegano i ricercatori. “Nell’analisi, infatti, non siamo riusciti a includere il tempo dedicato a trattare gli effetti collaterali del trattamento. Inoltre hanno aggiunto che, in base ai dati disponibili, nel mondo reale le visite in ospedale sono in genere più frequenti rispetto a quanto si verifica in uno studio clinico”, ricordando che la maggior parte dei farmaci valutati prevedeva la somministrazione per via orale. In altre parole, nelle 16 ore non è incluso il tempo che si trascorre in ospedale per la somministrazione della terapia endovenosa.
“Il tempo è una risorsa preziosa per chi ha il cancro, ma soprattutto per quei pazienti che hanno poche o nessuna opzione di trattamento” scrivono gli autori. Eppure, i risultati di uno studio pubblicati sulla rivista JCO Oncology Practice, che ha seguito un gruppo di pazienti con tumore del pancreas metastatico, ha mostrato che queste persone hanno trascorso il 10 per cento del tempo che rimaneva loro in incontri con medici o personale sanitario. In particolare, il tempo mediano dedicato alla visita era di 4,6 ore, delle quali oltre la metà trascorse in viaggio o in sala d’attesa.
Il problema non riguarda solo gli ultimi giorni di vita. Anche per chi è in trattamento attivo e ha una prognosi piuttosto buona, il cancro può pesare molto in termini di “time toxicity”. Il tempo dedicato alle visite di controllo viene infatti sottratto al lavoro, ad attività di piacere, a incontri con amici e familiari.
Ciò che dovrebbe contare, in questo caso ancora più che in altri, sono le scelte dei pazienti con le loro priorità e preferenze. Ci sono infatti molte persone disposte a trascorrere tempo in auto o in sala d’attesa pur di sottoporsi a una cura che potrebbe portare un risultato migliore, ma anche molte che non lo sono altrettanto.
“Per poter decidere consapevolmente, i pazienti devono anche comprendere il peso che i diversi trattamenti avranno in termini di tempo da dedicare alla malattia” scrivono gli autori dell’articolo sul Journal of Clinical Oncology. “Gli oncologi si sentono a proprio agio nel discutere i rischi degli effetti collaterali di un trattamento; è doveroso discutere con i pazienti anche questo aspetto, ovvero come e quanto i trattamenti influenzeranno il loro tempo”.
Secondo gli esperti, queste conversazioni tra medici e pazienti devono iniziare al più presto possibile. I dati disponibili oggi sono ancora pochi, ma studi futuri potranno aiutare i pazienti e i medici a portare avanti le discussioni sulla “time toxicity” su basi più precise e attendibili.
Misurare tale effetto collaterale però non è semplice. Sono tante le variabili in gioco e diversi gli atteggiamenti dei pazienti, dei loro familiari e dei medici di fronte alle domande relative al tempo dedicato al cancro.
In alcuni studi retrospettivi (che analizzano a posteriori casi del passato) i ricercatori hanno provato a definire in quali luoghi e attività i pazienti hanno trascorso il loro tempo, ma lo hanno fatto senza tenere conto del tipo di trattamento effettuato. Bisognerebbe invece studiare la “time toxicity” anche in modo prospettico, includendola tra gli obiettivi degli studi sulle terapie innovative.
In due studi in cui si è tenuto conto di questi aspetti, è stato dimostrato che la “time toxicity” associata ad alcuni trattamenti particolarmente intensi potrebbe anche superare i potenziali benefici in termini di sopravvivenza. “Questi sono solo alcuni dei risultati possibili. Se un farmaco porta un beneficio di sopravvivenza molto ampio, la ‘time toxicity’ avrà un peso e un ruolo differente” aggiungono. I ricercatori hanno anche ricordato che l’effetto collaterale legato al tempo si estende anche ai familiari dei pazienti, che spesso devono riprogrammare i propri impegni per seguire i parenti nelle terapie o nelle visite.
La buona notizia è che il numero degli studi che si occupano di valutare la “time toxicity” è in crescita e le nuove tecnologie potrebbero ridurre questo particolare effetto del cancro e dei suoi trattamenti. Lo si dimostra in un articolo pubblicato sulla rivista JAMA Network Open: nel relativo studio clinico è stata utilizzata un’app con la quale era possibile controllare i segni e i sintomi di tossicità dell’immunoterapia tramite messaggi di testo, facendo così risparmiare tempo ai pazienti. Se per esempio un paziente riferisce di stare bene, può evitare la visita di controllo. “Questo approccio si è rivelato sicuro e non abbiamo trovato nessun falso negativo” commenta uno degli autori dell’articolo. E aggiunge: “Dobbiamo fare un passo indietro ed essere certi di proporre ai nostri pazienti una terapia che non sia troppo pesante e che sia comunque in linea con i loro obiettivi di trattamento”.
Agenzia Zoe