Ultimo aggiornamento: 22 ottobre 2021
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In questo articolo risponderemo alle domande:
Per formare una molecola di colesterolo servono 27 atomi di carbonio, 46 di idrogeno e uno di ossigeno (C27H46O). La formula chimica semplificata descrive una molecola che dal punto di vista biologico ha un’importanza enorme, tanto che più di dieci fra gli scienziati che l’hanno studiata da diversi punti di vista hanno ricevuto il premio Nobel.
Solo per citarne alcuni, si possono ricordare il Nobel per la chimica del 1927 assegnato a Heinrich Otto Wieland, per gli studi sulla composizione degli acidi biliari e la loro somiglianza strutturale con il colesterolo; oppure quello dell’anno successivo, il 1928, quando fu insignito Adolf Otto Reinhold Windaus per il suo contributo alla comprensione della costituzione degli steroli e della loro connessione con le vitamine.
Nel primo Novecento questi due ricercatori tedeschi diedero un enorme contributo alla conoscenza del colesterolo e delle sue funzioni all’interno dell’organismo.
Il colesterolo era in realtà già stato identificato nel 1769 e in un certo senso “riscoperto”, dopo quasi mezzo secolo, nel 1815, col nome di colesterina. Ma i risultati cruciali per le conoscenze genetiche e molecolari sono stati ottenuti nella seconda metà del Novecento da Joseph Goldstein e Michael Brown, due scienziati premiati nel 1985 con il Nobel per la fisiologia o la medicina per avere scoperto i meccanismi di regolazione del metabolismo del colesterolo.
Oggi sappiamo che il colesterolo è presente in tutti gli animali e, seppur con qualche modifica nella struttura, nelle piante; Negli esseri umani l’80 per cento circa del colesterolo viene sintetizzato dall’organismo, mentre il restante 20 per cento viene assunto con la dieta.
Sempre Goldstein e Brown hanno identificato le lipoproteine, High Density Lipoprotein (HDL) e Low Density Lipoprotein (LDL), responsabili del trasporto del colesterolo. Proprio in base al legame con una o l’altra di queste lipoproteine, il cosiddetto colesterolo “buono” si distingue da quello “cattivo”. La forma “buona” è infatti quella legata alle HDL, che trasportano il colesterolo dalla periferia verso il fegato dove verrà poi smaltito, mentre la forma “cattiva” è quella legata alle LDL, anche responsabile della formazione delle placche aterosclerotiche che possono creare problemi a cuore e vasi. Per questa ragione, quando si eseguono gli esami del sangue, è importante valutare entrambe le componenti del colesterolo se si vuole avere una stima più precisa del rischio cardiovascolare e della salute in generale.
Dal punto di vista delle funzioni, il colesterolo è indispensabile alla crescita e al funzionamento delle cellule dell’organismo umano: è una componente essenziale delle membrane cellulari, contribuisce alla formazione degli acidi biliari, è un precursore degli ormoni steroidei e della vitamina D e ha inoltre un ruolo nella formazione dello sperma, nel funzionamento del sistema nervoso centrale e nelle difese immunitarie.
Se inizialmente i livelli di colesterolo nel sangue venivano associati quasi esclusivamente alla salute cardiovascolare, oggi si riconosce a questa molecola un ruolo di primo piano anche in altre patologie, incluso il cancro.
Negli esami clinici, molti pazienti con tumore presentano livelli alterati di colesterolo e numerosi studi hanno messo in luce un rapporto tra l’aumento del colesterolo alimentare e un rischio più elevato di ammalarsi di tumore della mammella, dello stomaco, dell'ovaio e del pancreas. Tuttavia le domande aperte sul tema sono ancora molte. Per esempio, gli esperti ancora non sanno dire se riduzioni della concentrazione di colesterolo in alcuni tumori come quello gastrico siano una causa o una conseguenza della malattia oncologica. Inoltre, a seconda del tipo di studio, i risultati ottenuti possono essere contrastanti anche per lo stesso tipo di tumore.
Per il tumore del colon, ci sono ricerche che mostrano un’associazione tra aumento del colesterolo e del rischio di malattia, mentre altre dimostrano la relazione opposta e altre ancora sembrano suggerire che il legame non esista. Come si legge in un articolo di revisione pubblicato nel 2021 sulla rivista Translational Oncology, simili discrepanze sono state rilevate anche per il tumore della mammella, del polmone, del pancreas, dell’ovaio e anche per alcuni tumori del sangue.
Altri filoni di ricerca importanti sono quelli che hanno trovato un’associazione tra i livelli di colesterolo e la risposta alle terapie oncologiche. Come già osservato, il metabolismo del colesterolo influenza le risposte immunitarie contro il tumore e di conseguenza anche l’efficacia delle immunoterapie.
Studi sul tumore ovarico hanno mostrato che alti livelli di colesterolo nell’ascite (il liquido che si forma in conseguenza del tumore e si raccoglie nell’addome) sono correlati a resistenza alla chemioterapia. In cellule di carcinoma del fegato, un trattamento con colesterolo è associato a una riduzione della morte cellulare indotta dal farmaco sorafenib. L’effetto è simile a quello osservato nelle cellule di tumore di polmone che, se trattate con colesterolo, sono meno sensibili alla chemioterapia con cisplatino e oxaliplatino.
Gli esempi potrebbero continuare, ma è importante ricordare che, a oggi, gli esperti stanno ancora cercando le ragioni alla base di queste osservazioni.
Le prime osservazioni su un possibile legame tra colesterolo e cancro risalgono ai primi anni del secolo scorso, ma i dettagli molecolari della relazione pericolosa non sono ancora chiari. Conosciamo però alcune delle caratteristiche dei meccanismi alterati che regolano il metabolismo del colesterolo nei pazienti oncologici.
In un organismo sano, la sintesi del colesterolo da parte del fegato si riduce se il colesterolo introdotto con la dieta aumenta, e viceversa. Nelle cellule tumorali, invece, questo tipo di regolazione non funziona a dovere e, inoltre, come riportato in un recente studio, queste cellule soddisfano il proprio bisogno di nutrienti e crescono in modo incontrollato sfruttando anche il colesterolo.
Inoltre i risultati di numerosi esperimenti con cellule e animali di laboratorio hanno mostrato modifiche nel metabolismo del colesterolo, che portano a maggiore sintesi, assorbimento e accumulo della molecola e alla promozione della proliferazione delle cellule tumorali, della loro capacità di dare metastasi e della resistenza alle terapie.
Il legame tra colesterolo e cancro è complesso e i fattori in gioco sono numerosi. È stato osservato che il colesterolo, o alcuni prodotti intermedi del suo metabolismo, possono attivare direttamente vie di segnalazione coinvolte nello sviluppo dei tumori. Potrebbero tuttavia avere un ruolo anche altri fattori, come il tipo di tessuto (con le relative diverse richieste di colesterolo), e inoltre l’alimentazione e lo stile di vita, che possono modificare l’espressione di alcuni geni, sostenendo la crescita del tumore.
Infine, in uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su Nature Communications, è stato identificato un nuovo meccanismo attraverso il quale il colesterolo potrebbe “aiutare” il tumore a resistere a un tipo di morte programmata chiamata ferroptosi. Le cellule tumorali potrebbero diventare così più efficienti nella loro capacità di dare origine a metastasi.
Giunti a questo punto, appare piuttosto chiaro che mantenere sotto controllo i livelli di questa molecola può essere utile a mantenersi in salute. La conclusione, epidemiologica, vale anche se l’associazione tra il colesterolo e il cancro non è ancora stata definitivamente chiarita in tutti i suoi aspetti meccanicistici e molecolari.
Peraltro i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità non sono molto incoraggianti e dimostrano che le persone con concentrazioni troppo elevate di colesterolo stanno aumentando nel mondo, in parallelo all’aumento di sovrappeso e obesità, altri noti fattori di rischio oncologico.
Molti ricercatori stanno studiando l’impatto della riduzione dei livelli di colesterolo sulla prevenzione e il trattamento del cancro: una riduzione che potrebbe passare dall’uso di farmaci molto comuni come le statine e utilizzati in clinica per ridurre i rischi cardiovascolari, ma che nella maggior parte dei casi può essere raggiunta anche con modifiche mirate sull’alimentazione e su comportamenti e abitudini sedentari.
Una dieta sana e senza eccesso di grassi è senza dubbio il primo passo per raggiungere il traguardo, al quale sarà più semplice arrivare grazie all’attività fisica costante. Senza mai dimenticare un secco no al fumo.
Agenzia ZOE