Ultimo aggiornamento: 12 luglio 2023
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I tumori della pelvi renale e dell’uretere sono tipi di cancro che si sviluppano in parti delle vie urinarie collegate tra loro. L’uretere è un tubo lungo e stretto che unisce il rene alla vescica. Attraverso gli ureteri (ce ne sono due, uno per ciascun rene) l’urina che si forma nel rene raggiunge la vescica e lì rimane fino a quando è espulsa all’esterno. La parte più alta dell’uretere, quella a diretto contatto con il rene, ha una forma leggermente allargata e prende il nome di pelvi renale. Entrambe le strutture sono rivestite al loro interno da uno strato di cellule chiamate “cellule di transizione” dalle quali prende origine la maggior parte di questi tipi di tumore.
I tumori di pelvi renale e uretere non sono molto comuni e rappresentano solo una piccola percentuale di tutti i tumori che colpiscono l’apparato uro-genitale: circa il 7-10 per cento dei tumori del rene prende infatti origine a livello della pelvi renale e circa il 5 per cento dall’uretere.
Le cause dei tumori di pelvi renale e uretere non sono ancora del tutto note, ma sono stati identificati alcuni fattori di rischio che aumentano le probabilità di sviluppare la malattia e che si sovrappongono in genere a quelli tipici del tumore della vescica. Uno di questi è il fumo di sigaretta, al quale si aggiunge anche l’uso inappropriato o troppo prolungato nel tempo di alcuni farmaci per il dolore (tra cui farmaci che non necessitano della prescrizione medica). Altri fattori di rischio sono l’esposizione a radiazioni e ad alcune sostanze chimiche o coloranti utilizzate nella produzione di materie plastiche o nella lavorazione delle pelli.
Esistono inoltre alcuni fattori di rischio che non possono essere modificati, come per esempio l’età o il sesso: questi tumori sono più comuni negli uomini rispetto alle donne e insorgono spesso dopo i 40 anni (in genere attorno ai 60-70 anni). Infine, anche continue infezioni urinarie, una storia familiare di tumore a cellule di transizione e la sindrome di Lynch possono far aumentare il rischio di sviluppare queste forme tumorali.
Quasi tutti i tumori (oltre il 90 per cento) che colpiscono pelvi renale e uretere derivano dallo strato di cellule che riveste queste strutture e che è chiamato epitelio di transizione. Anche per questo il tumore è chiamato, in gergo medico, carcinoma a cellule di transizione. Queste cellule sono le stesse che rivestono anche l’interno della vescica, al quale il tumore dell’uretere è strettamente associato, tanto che in presenza di un tumore dell’uretere aumenta il rischio di cancro della vescica.
Il restante 10 per cento delle neoplasie di pelvi e uretere è costituito da tumori a cellule squamose e da adenocarcinomi (questi ultimi sono estremamente rari).
In fase precoce i tumori di pelvi renale e uretere possono essere privi di sintomi. In fase avanzata invece i sintomi si fanno maggiormente frequenti e tra i più comuni si possono citare presenza di sangue nelle urine, dolore o bruciore durante la minzione (quando si espelle l’urina) o necessità di urinare spesso, dolore continuo alla schiena o dolore pelvico, stanchezza e perdita di peso senza motivo.
Non esiste una strategia precisa per la prevenzione dei tumori della pelvi renale e dell’uretere, ma è buona norma cercare di evitare i fattori di rischio già noti. Si può per esempio smettere di fumare se si è fumatori, evitare di assumere farmaci per il dolore senza prima consultare il medico e chiedere al datore di lavoro di garantire tutte le precauzioni necessarie per garantire la sicurezza propria e dei colleghi se si lavora con sostanze pericolose.
Dopo aver posto domande precise per conoscere meglio i sintomi e la storia familiare dei pazienti, i medici effettuano una visita approfondita e, nel caso sospettino la presenza di un tumore, prescrivono esami di approfondimento. Dall’esame delle urine è possibile per esempio scoprire l’eventuale presenza di batteri, proteine anomale o sangue, mentre dall’analisi citologica dell’urina stessa si possono identificare le eventuali cellule tumorali che si sono staccate dal tumore e sono state così eliminate. L’ureteroscopia è un esame più invasivo durante il quale un sottile tubicino dotato di fibra ottica e telecamera viene inserito nell’uretere e nella pelvi renale. Grazie a questo esame è possibile vedere se c’è qualche area dall’aspetto anomalo o sospetto all’interno degli organi esaminati ed è anche possibile prelevare un campione di tessuto per analizzarlo al microscopio (biopsia). La biopsia permette di essere certi della presenza di un tumore e anche di conoscerne più in dettaglio le caratteristiche. In alcuni casi il medico può anche prescrivere un’urografia per verificare se ci sono “blocchi” in qualche zona dell’apparato urinario: nel corso dell’esame viene iniettato per via intravenosa un mezzo di contrasto che si muove attraverso le vie renali e le rende visibili alla radiografia. Altri esami di diagnostica per immagini, come la tomografia computerizzata (TC), l’ecografia, la risonanza magnetica, la tomografia a emissione di positroni (PET) e la scintigrafia, possono invece rivelarsi utili per capire se e quanto il tumore si è diffuso in altre parti dell’organismo.
Una volta certi della presenza di un tumore, è molto importante capire se e quanto si è diffuso nell’organismo. Questa operazione viene chiamata stadiazione perché permette di assegnare uno “stadio” al tumore. Nel caso dei tumori di pelvi renale e uretere si utilizza il sistema TNM, che tiene conto della dimensione del tumore (T), del coinvolgimento dei linfonodi (N) e della presenza di metastasi (M). Si possono così distinguere 5 diversi stadi, a partire dallo stadio 0, che si riferisce a un tumore localizzato, fino allo stadio IV, indice di un tumore che ha raggiunto organi anche lontani da quello di origine.
Per scegliere il trattamento più adatto a ogni singolo caso è necessario tenere conto delle caratteristiche del tumore, come il tipo di cancro, la sua posizione e diffusione, e di quelle dei pazienti, come l’età e lo stato di salute generale. Di solito la prima scelta per la cura dei tumori di pelvi renale e uretere è la chirurgia, con la quale si cerca di asportare, se possibile, tutto il tumore. Uno degli interventi più comuni è la cosiddetta nefroureterectomia, che prevede l’asportazione completa del rene, dell’uretere e di una parte della vescica. Si può anche decidere di asportare solo la parte di uretere che contiene il tumore e una piccola parte di tessuto sano circostante (ureterectomia parziale). Si tratta però di una scelta riservata solo a casi molto selezionati, dal momento che con questo intervento il rischio che il tumore si ripresenti in un altro tratto dell’uretere è piuttosto alto. La decisione di asportare solo una parte della pelvi renale intaccata dal tumore senza rimuovere l’intero rene è riservata a quelle persone che hanno già problemi renali o vivono con un solo rene.
A volte si utilizza la cosiddetta elettroresezione per distruggere il tessuto tumorale attraverso una corrente elettrica o si ricorre a un laser che agisce come un bisturi e rimuove o distrugge il tumore.
Quando il tessuto malato non può essere eliminato con queste tecniche si ricorre alla chemioterapia, somministrata a volte localmente a livello di pelvi e uretere per far giungere a destinazione la massima concentrazione di farmaco. La chemioterapia può essere somministrata anche prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) per ridurre la massa tumorale, oppure dopo l’operazione (terapia adiuvante) per distruggere le cellule tumorali non eliminate con il bisturi.
In alcuni casi si può anche optare per terapie biologiche (Bacillo di Calmette-Guérin, o BCG, e interferone) o immunoterapia (inibitori dei check point immunitari PD-1 e PD-L1), che stimolano il sistema immunitario del paziente a combattere il tumore.
Infine, la radioterapia può essere utilizzata a scopo palliativo, cioè per ridurre il dolore nelle fasi terminali della malattia.
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Agenzia Zoe