Ultimo aggiornamento: 22 maggio 2023
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Si tratta di un tumore che si può formare nella milza, un organo del sistema linfatico della dimensione di circa un pugno, situato nella parte superiore sinistra dell’addome, appena al di sotto della gabbia toracica.
La milza è ricoperta all’esterno da un tessuto fibroso (capsula splenica) che racchiude due altri tipi di tessuto: la polpa bianca e la polpa rossa. La prima è costituita da cellule del sistema immunitario (linfociti T e B) che aiutano a combattere le infezioni, mentre la seconda, oltre a contenere altre cellule immunitarie (macrofagi), svolge la funzione di filtro per il sangue eliminando i “rifiuti” e distruggendo i globuli rossi vecchi o danneggiati.
La milza non è un organo vitale, è possibile vivere senza, anche se con la splenectomia (rimozione della milza) l’organismo perde alcune delle sue armi di difesa contro le infezioni. Il tumore della milza può avere origine dalle cellule che compongono l’organo, in particolare quelle del sistema immunitario, e in tal caso è detto “primitivo”; oppure può essere la sede di metastasi provenienti da tumori in altri organi, e allora è detto “secondario”.
I tumori primitivi della milza sono molto rari e per questo motivo è molto difficile conoscerne la reale incidenza e prevalenza, escludendo da questo computo i tumori secondari.
Le cause che portano al tumore della milza (primitivo o secondario) non sono ancora del tutto chiare. Sono stati identificati alcuni fattori di rischio per lo sviluppo di tumori che con maggior frequenza colpiscono la milza: linfomi, leucemie o sarcomi. Tra questi fattori di rischio ricordiamo l’età avanzata, alcuni tipi di infezioni virali, un indebolimento del sistema immunitario legato a malattie (per esempio AIDS) o a terapie antirigetto dopo un trapianto, esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche cancerogene. Anche una storia familiare di linfoma o leucemia può, in alcuni casi, rappresentare un fattore di rischio.
La milza può essere sede di tumori benigni come emangiomi, amartomi e linfangiomi, ma anche di tumori maligni primitivi e secondari.
I tumori che prendono origine dalle cellule della milza sono in genere linfomi (sia di Hodgkin sia non Hodgkin) che nascono dalle cellule di tessuto linfatico presenti nell’organo, o sarcomi, più precisamente angiosarcomi, che derivano dalle cellule dell’endotelio vascolare (il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni).
Alcune leucemie possono coinvolgere anche la milza, mentre è più raro che l’organo diventi sede di metastasi di tumori solidi. Tra i tumori che possono raggiungere la milza e dare origine a metastasi ci sono quelli del polmone, della mammella, dello stomaco, del fegato e i melanomi.
I sintomi di un tumore che colpisce la milza possono essere molto generici e, in alcuni casi, ricordano quelli di un normale raffreddore (per la ridotta capacità di combattere le infezioni).
Uno dei sintomi che più chiaramente indica che c’è qualcosa che non va a livello splenico è l’ingrossamento della milza (splenomegalia), che però non è necessariamente associato alla presenza di un tumore. Altri sintomi che possono rappresentare un campanello d’allarme sono: dolore addominale, soprattutto nella parte alta dell’addome, dolore alle ossa o alle articolazioni, facile sanguinamento, stanchezza, febbre e brividi, infezioni frequenti, aumento della sudorazione notturna, linfonodi ingrossati o perdita di peso. Tutti questi sintomi possono dipendere da molte patologie, non necessariamente di tipo oncologico, e per stabilire la causa di ciascuno è necessario rivolgersi al medico.
In alcuni casi la milza ingrossata può andare incontro a rottura spontanea.
Anche per i tumori della milza vale la regola di evitare i fattori di rischio noti, anche se nel caso di questa malattia non sono del tutto conosciuti. Di certo è buona norma limitare l’esposizione a sostanze chimiche cancerogene o a radiazioni.
Nel caso di sintomi che possono far pensare a un tumore della milza, il medico procede innanzitutto con un’accurata anamnesi (raccoglie informazioni sulla storia clinica del paziente) e rivolge domande sui sintomi e sugli eventuali fattori di rischio (lavoro a contatto con sostanze pericolose, familiarità per linfomi o leucemie, eccetera).
Con una semplice palpazione dell’addome è possibile valutare se la milza è ingrossata, mentre l’esame del sangue è in grado di individuare eventuali problemi a livello delle cellule ematiche, inclusa l’anemia (bassi livelli di globuli rossi). L’esame del midollo può inoltre indicare la presenza di leucemie o linfomi. Le tecniche di diagnostica per immagini sono molto utilizzate per la diagnosi definitiva di tumore della milza: l’ecografia è in grado di verificare la presenza di anomalie nella struttura dell’organo e a volte anche di identificare i diversi tipi di patologia presenti, mentre la TAC o la risonanza magnetica vengono impiegate per determinare se e quanto il tumore si è diffuso ad altri distretti corporei. La biopsia, strumento principale per la diagnosi di molti tumori, è difficile da effettuare sulla milza poiché il rischio di emorragia è molto elevato. All’analisi istologica, ossia dei tessuti, si preferisce l’esame citologico su campioni di cellule prelevati con la tecnica dell’ago aspirato.
Il linfoma è il tumore primario più frequente nella milza. I linfomi vengono classificati in quattro stadi di gravità crescente, indicati con i numeri romani da I a IV, utilizzando un sistema di stadiazione chiamato classificazione di Lugano. La classificazione si basa sul numero di localizzazioni e sulle sedi interessate dal linfoma. Se è coinvolta la milza, il numero romano può essere seguito dalla lettera S (dall’inglese spleen, che significa milza).
Anche i sarcomi vengono classificati in quattro stadi, da I a IV, ma per la stadiazione si utilizza il sistema TNM, dove T indica l’estensione del tumore, N il coinvolgimento dei linfonodi e M la presenza di metastasi. Gli angiosarcomi della milza sono tumori aggressivi che tendono a dare metastasi ai linfonodi e ad altri organi (fegato, polmone, ossa). I pazienti che hanno la prognosi migliore sono quelli a cui il tumore è diagnosticato precocemente ed è asportato chirurgicamente prima che la milza si rompa.
La scelta del trattamento più adatto per il tumore della milza dipende innanzitutto dal tipo di malattia (linfoma, sarcoma o altro) e da quanto è diffusa, ma anche dalle condizioni di salute generale dei pazienti.
La chirurgia rappresenta sicuramente uno dei trattamenti principali del tumore della milza: l’intervento di splenectomia permette di rimuovere completamente l’organo, senza il quale è possibile continuare a vivere in modo normale (a parte eventuali piccoli problemi di ordine immunitario e linfatico).
Anche la radioterapia e la chemioterapia hanno un ruolo nella terapia dei tumori della milza. Sia il protocollo di radioterapia (dose di radiazioni, numero di sedute) sia il tipo di farmaci scelti dipendono dal tipo di tumore. Entrambe possono essere somministrate in forma adiuvante (dopo l’intervento chirurgico, per eliminare le cellule tumorali rimaste) o neoadiuvante (prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore).
Nuove possibilità di cura possono arrivare dalle terapie a bersaglio molecolare, in cui si utilizzano farmaci che colpiscono molecole precise sulle cellule tumorali, come per esempio alcuni recettori o proteine coinvolte nella formazione di nuovi vasi, o dall’immunoterapia, capace di stimolare il sistema immunitario contro il tumore.
In alcuni casi specifici, per il tumore della milza si può scegliere un approccio conservativo, di vigile attesa, che consiste nel non intervenire inizialmente con chirurgia, chemioterapia o radioterapia e nel tenere sotto controllo la malattia, intervenendo eventualmente in seguito, al momento più opportuno.
Le informazioni presenti in questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Agenzia Zoe