Ultimo aggiornamento: 1 ottobre 2021
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Il tumore del colon-retto è un cancro che si forma nei tessuti del colon (la parte più lunga dell’intestino crasso) o del retto (la parte dell’intestino crasso più vicina all’ano). Colon e retto fanno parte dell'intestino, l’organo che assorbe le sostanze nutritive assunte con il cibo. Ha l’aspetto di un tubo cavo la cui lunghezza varia da persona a persona tra i 4 e i 10 metri, ma in media è lungo 7 metri. L’intestino è suddiviso in due parti che hanno funzioni diverse: l’intestino tenue e l’intestino crasso. L’intestino tenue ‒ o piccolo intestino, a sua volta distinto in duodeno, digiuno e ileo ‒ ha la funzione di portare a termine la digestione iniziata in bocca e proseguita nello stomaco, cui è collegato tramite il duodeno. La funzione principale dell'intestino crasso ‒ o grosso intestino ‒ è invece di assorbire acqua per compattare le feci. L’Intestino crasso comprende colon ‒ a sua volta suddiviso in colon destro o ascendente (con il cieco e l'appendice), colon trasverso, colon sinistro o discendente e sigma ‒ e retto, che termina infine nel canale anale.
Come tutti i tumori, anche il tumore del colon-retto è una conseguenza della crescita incontrollata di cellule, in questo caso di quelle epiteliali della mucosa che riveste internamente la parte interna dell’intestino. I tumori dell’intestino nascono soprattutto nel colon e nel retto, mentre i tumori del piccolo intestino e del canale anale sono molti rari (2-3 per cento di tutti i tumori del tratto digerente). I tumori del colon sono quasi tre volte più frequenti dei tumori del retto, e si manifestano con modalità diverse sia a livello clinico sia molecolare. Questo condiziona il tipo di trattamento locale (chirurgia e/o radioterapia) e sistemico (chemioterapia, terapia biologiche e molecolari, immunoterapia), oltre alla sequenza in cui questi tipi diversi di cure vengono offerte al paziente.
L'oncologo medico Salvatore Siena fa il punto sui tumori del colon-retto e sugli ultimi progressi della ricerca su questa malattia.
Secondo le stime GLOBOCAN 2020 fornite dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), il tumore del colon-retto rappresenta il 10 per cento di tutti i tumori diagnosticati nel mondo, ed è terzo per incidenza dopo il cancro del seno femminile (11,7 per cento) e del polmone (11,4 per cento).
La malattia, abbastanza rara prima dei 40 anni, è maggiormente diffusa in persone fra i 60 e i 75 anni, con poche distinzioni fra uomini e donne. In Italia le stime più recenti parlano di oltre 43.700 nuovi casi all’anno: circa 20.282 nelle donne e 23.420 negli uomini (dati da I numeri del cancro in Italia 2020). Nell’ultimo ventennio, grazie principalmente allo screening di popolazione, l'incidenza è in diminuzione in Italia in entrambi i sessi. Entrando nel dettaglio, i dati più aggiornati mostrano che dal 2008 al 2016 ogni anno l’incidenza si è ridotta del 3-4 per cento nella fascia di età sottoposta a screening di popolazione gratuito, cioè nelle persone tra i 50 e 69 anni di età. Tuttavia, e in controtendenza, dati più recenti mettono invece in luce un aumento annuo dello 0,4 per cento dei casi di tumore in individui con meno di 50 anni di età e pertanto non coperti dallo screening. Questo aumento di casi riguarda in particolar modo soggetti molto giovani, fino all’età di 30 anni al momento della diagnosi, per cause non ancora conosciute e al momento oggetto di studio anche da parte di ricercatori in Italia. Inoltre, diversamente dalle attese, i tumori del colon-retto insorti in soggetti di giovane età, in più del 50 per cento dei casi non sono dovuti a familiarità per questo tipo di cancro o a malattie genetiche predisponenti allo sviluppo di tumori, ma sembrano essere sporadici. La mortalità per il cancro del colon-retto è in forte calo, con tassi diminuiti di circa il 10 per cento nell’ultimo quinquennio. Questi progressi sono attribuibili principalmente ai programmi di screening, alla diagnosi precoce e al miglioramento delle terapie, sia chirurgiche sia mediche, sempre più mirate.
I fattori di rischio noti per il tumore del colon-retto sono legati alla dieta, ai geni e ad altre cause di tipo non ereditario. Poiché si tratta di fattori piuttosto comuni, in un certo senso tutti sono a rischio.
La maggior parte dei tumori del colon-retto deriva dalla trasformazione in senso maligno di polipi, ovvero di piccole escrescenze dovute al proliferare delle cellule della mucosa intestinale. I polipi sono considerati forme precancerose, sebbene rientrino nelle patologie benigne. Il polipo può essere definito, in base alle sue caratteristiche, sessile (cioè con la base piatta) o peduncolato (ovvero attaccato alla parete intestinale mediante un piccolo gambo).
Non tutti i polipi, però, sono a rischio di malignità. Ve ne sono infatti tre diversi tipi: i cosiddetti polipi iperplastici (cioè caratterizzati da una mucosa a rapida proliferazione), quelli amartomatosi (detti anche polipi giovanili e polipi di Peutz-Jeghers) e quelli adenomatosi. Solo questi ultimi costituiscono lesioni precancerose e di essi solo una piccola percentuale si trasforma in neoplasia maligna.
La probabilità che un polipo del colon evolva verso una forma invasiva di cancro dipende da diversi fattori: il rischio aumenta per esempio con l’incremento delle dimensioni del polipo, se sono presenti contemporaneamente più polipi o se dall’analisi del polipo rimosso viene riscontrata la presenza di aree di displasia, ovvero un aspetto anomalo delle cellule osservate al microscopio.
Una volta che si è trasformata in tessuto canceroso, la mucosa intestinale può presentarsi con caratteristiche diverse, distinguibili al microscopio. Il tumore più diffuso a livello del colon-retto è l’adenocarcinoma, mentre molto più rari sono il carcinoma squamoso e il carcinoma indifferenziato. Alcuni adenocarcinomi possono presentare ulteriori caratteristiche ed essere definiti di conseguenza mucinosi o a cellule ad anello con castone.
Il tumore del colon-retto si manifesta, nella metà dei casi, nel sigma (ovvero nell'ultima parte del colon vero e proprio) e nel retto; in un quarto di malati è invece il colon ascendente a essere colpito, mentre la localizzazione della malattia nel colon trasverso e in quello discendente si verifica in un caso su cinque circa.
In generale i polipi non provocano sintomi, ma a volte possono dar luogo a piccole perdite di sangue, rilevabili con un esame delle feci per la ricerca del cosiddetto "sangue occulto". In alcuni casi le perdite di sangue sono maggiori e visibili anche a occhio nudo e si possono verificare anche vere e proprie emorragie rettali.
I sintomi sono molto variabili e condizionati da diversi fattori quali la sede del tumore, la sua estensione e la presenza o assenza di ostruzioni o emorragie. Questo fa sì che le manifestazioni di questo tipo di cancro siano spesso sovrapponibili a quelle di molte altre malattie addominali o intestinali. Per questo, sintomi precoci, vaghi e saltuari quali la stanchezza e la mancanza di appetito, e altri più gravi come l’anemia e la perdita di peso, sono spesso trascurati dal paziente, soprattutto se in giovane età. Talora una stitichezza ostinata, alternata a diarrea, può costituire un primo campanello d’allarme da non sottovalutare.
Se una persona sa di essere a rischio elevato di ammalarsi, perché ha avuto parenti con questo tipo di tumore in uno o l’altro dei rami familiari, è opportuno che si rivolga al proprio medico di medicina generale, che potrà valutare strategie di prevenzione personalizzate sulla base della storia familiare ed eventualmente prescrivere analisi genetiche. Più in generale, la prevenzione del tumore del colon-retto passa dall’intervenire sui fattori di rischio modificabili sopra elencati per ridurre la probabilità di ammalarsi, un traguardo che con un po’ di impegno tutti possono raggiungere. I consigli comprendono seguire una dieta con pochi grassi, poca carne e ricca di fibre, vegetali e frutta, mantenersi attivi, evitare sovrappeso e obesità, non fumare e in genere mantenere abitudini e comportamenti salutari.
Da non dimenticare inoltre che in Italia è attivo un programma di screening nazionale dedicato alla diagnosi precoce del tumore del colon-retto. Questo tipo di programma permette di tenere sotto controllo la salute del colon-retto e aumenta in modo esponenziale le possibilità di arrivare a una diagnosi precoce del tumore, migliorando di conseguenza anche le possibilità di cura. Tuttavia, l’adesione a questi programmi di screening va sempre affiancata a uno stile di vita sano. Lo screening è completamente gratuito e può svolgersi con modalità diverse a seconda delle Regioni. In genere viene offerto l’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) per tutti gli individui tra i 50 e i 70 (o 74) anni di età, con cadenza biennale. In caso di positività dell’esame è indicata la colonscopia, un esame del colon-retto con un apposito tubo flessibile con cui è possibile osservare l’eventuale presenza di polipi e in qualche caso anche rimuovere piccoli tumori del colon-retto. Un’altra strategia di provata efficacia, adottata come screening in alcune Regioni d'Italia, combina la ricerca del sangue occulto nelle feci ogni due anni con una rettosigmoidoscopia, esame più semplice della colonscopia da effettuarsi una sola volta tra i 58 e i 60 anni e da ripetere eventualmente ogni 10 anni.
Una dieta ad alto contenuto di grassi animali e proteine sembra favorire la trasformazione maligna di eventuali polipi del colon preesistenti. Questo non sembra avvenire con i grassi vegetali, insaturi.
Le fibre alimentari, in particolare quelle che non vengono digerite, come la crusca, sembrano avere un effetto protettivo. Si è osservato che le popolazioni prevalentemente vegetariane hanno un’incidenza di carcinoma del colon-retto ridotta del 30 per cento rispetto a quelle che invece seguono altri tipi di dieta.
Difficilmente la dieta è l'unica causa di un tumore del colon, ma può contribuire allo sviluppo della patologia insieme ad altri fattori di rischio.
Il tumore del colon-retto viene oggi diagnosticato sempre più precocemente, almeno nei Paesi ad alto reddito, grazie alle campagne di screening sulla popolazione nella fascia d’età considerata più a rischio.
Al di là dello screening, il primo passo per la diagnosi è la raccolta da parte del medico di informazioni sulla storia clinica personale e familiare del paziente seguita da una visita completa, che consiste per esempio nella palpazione dell'addome alla ricerca di eventuali masse nell’intestino, nel fegato e nei linfonodi. Nel caso dei tumori del retto, l’esplorazione rettale manuale consente di effettuare la diagnosi qualora il tumore sia già palpabile.
Gli esami ematochimici (su sangue e urine) e la ricerca del marcatore tumorale carcino-embrionario (CEA) possono essere utili a definire meglio il quadro generale.
Per completare la diagnosi è necessario tuttavia ricorrere a esami strumentali, prima tra tutti la colonscopia che, grazie alla possibilità di prelevare direttamente un pezzetto di tessuto (biopsia), consente di fare subito l'analisi istologica, cioè l'esame diretto del materiale estratto. Ecografia, tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica sono utilizzate poi per valutare l’estensione del tumore stesso e la presenza o meno di metastasi a distanza.
L’analisi del profilo molecolare del tumore, ossia dei geni espressi e delle loro alterazioni, viene effettuata sulla biopsia di tessuto prelevata mediante colonscopia e può servire a definire meglio la prognosi e la terapia: alcune alterazioni sono associate a un andamento migliore o peggiore della malattia e alla sensibilità ai farmaci disponibili, anche immunoterapici.
Il sistema TNM è il più utilizzato per la stadiazione del tumore del colon-retto, ovvero l’assegnazione di uno stadio e di una prognosi. In questo sistema la lettera T indica la dimensione del tumore, la N il coinvolgimento dei linfonodi e la M la presenza di metastasi. In base poi allo stadio di malattia sono stabilite le migliori opportunità di cura.
Per la definizione del quadro complessivo del tumore può essere utile anche ricorrere alla misurazione dei livelli di CEA (antigene carcino-embrionario) attraverso un esame del sangue. Questo marcatore, di scarsa utilità nella diagnosi precoce e nello screening, riveste invece un ruolo importante per valutare la gravità della malattia, poiché la concentrazione è direttamente collegata all'estensione del cancro. Il CEA è anche utile nel monitoraggio della risposta al trattamento farmacologico (scende infatti se la chemioterapia è efficace) o per la verifica della ripresa della malattia (risale in caso di ricadute). Non sempre è però un marcatore sensibile in quanto non tutti i tumori del colon-retto lo esprimono. Oltre al CEA può essere utilizzato anche un altro marcatore, il CA 19.9, anche se ancora meno specifico.
La strategia terapeutica più adatta viene scelta caso per caso sulla base di diverse caratteristiche del paziente e della patologia.
Il trattamento più comune e più efficace per il tumore del colon-retto, soprattutto se la malattia è negli stadi iniziali, è la chirurgia: in base alla sede e all’estensione del tumore si procederà con un intervento conservativo, demolitivo parziale o, nei casi più gravi, con la totale asportazione del tratto di colon (o del retto) interessato. Nei tumori del retto, la chirurgia è spesso preceduta da chemioterapia e radioterapia, al fine sia di meglio prevenire recidive locali sia di effettuare interventi più conservativi e, quando possibile, di evitare la creazione della cosiddetta stomia. La stomia è l’apertura dell'intestino sulla parete addominale con la realizzazione di un ano artificiale, che consente di raccogliere le feci con appositi presidi. In questo caso è fondamentale la riabilitazione sia fisica sia psicologica dei pazienti.
La chemioterapia svolge un ruolo fondamentale sia nella malattia operabile sia in quella avanzata. In molti casi si utilizza la cosiddetta chemioterapia adiuvante, cioè effettuata dopo l'intervento chirurgico per diminuire il rischio di ricaduta. In alcuni casi si può ricorrere anche a una terapia neoadiuvante, effettuata cioè prima dell'intervento, per ridurre la dimensione del tumore e facilitarne la rimozione. In particolare, per i tumori del retto, ci si può avvalere di un trattamento combinato di chemio-radioterapia per ridurre al minimo il rischio di recidive locali e a distanza, e per aumentare le possibilità di una chirurgia conservativa, riducendo così l’estensione del tumore. I farmaci oncologici attivi nel trattamento del tumore del colon retto sono molti e possono essere utilizzati da soli o (più spesso) in combinazione. Sono compresi in questo gruppo di farmaci le fluoropirimidine (5-fluorouracile endovenoso, capecitabina orale), l’oxaliplatino, l’irinotecan e la trifluridina/tipiracil.
L’analisi molecolare ha assunto già da diversi anni un ruolo di primo piano nella scelta della terapia più adatta per il tumore del colon-retto, dal momento che oggi sono disponibili numerose terapie mirate (anche dette farmaci intelligenti o biologici o a bersaglio molecolare). Tali analisi permettono di valutare le eventuali mutazioni in geni come RAS (KRAS, NRAS), BRAF e inoltre in quelli coinvolti nelle funzioni di riparazione del DNA “mismatch repair” (MMR). Tra i farmaci mirati, spesso utilizzati in associazione alla chemioterapia, ve ne sono alcuni diretti contro il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) che bloccano la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), quali il bevacizumab e l’aflibercept, e altri diretti contro il recettore per il fattore di crescita dell’epidermide (EGFR), quali gli anticorpi monoclonali cetuximab e panitumumab, o anche l’inibitore delle chinasi regorafenib.
Come accade in molti altri tumori, anche nel tumore del colon-retto si può sviluppare resistenza ai trattamenti: in questi casi può essere necessario sospendere la cura o modificarla passando a un diverso farmaco. In alcuni casi selezionati si può procedere anche con il cosiddetto “rechallenge”, ovvero si ripropone al paziente una terapia già utilizzata in precedenza, e che aveva perso efficacia, dopo un periodo di sospensione che può servire a superare la resistenza stessa o a ridurne la portata.
Negli anni più recenti anche l’immunoterapia con inibitori dei checkpoint immunitari si è aggiunta alle opzioni di trattamento disponibili per il tumore del colon-retto, da sola o in combinazione. Pembrolizumab, nivolumab e ipilimumab sono alcuni dei farmaci immunoterapici che hanno mostrato efficacia contro questi tumori e il loro utilizzo è limitato a quei casi che presentano una caratteristica molecolare detta instabilità dei microsatelliti o MSI.
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Agenzia Zoe