Ultimo aggiornamento: 22 marzo 2023
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L’osteosarcoma ha origine da cellule che tendono a differenziarsi in elementi capaci di produrre sostanza ossea. Le cellule di osteosarcoma sono quindi simili alle cellule che normalmente formano l’osso, ma si moltiplicano illimitatamente formando un tessuto immaturo e disordinato che distrugge e sostituisce quello sano.
L’osso non è un tessuto inerte. Durante tutta la vita il tessuto osseo si rinnova grazie all’attività combinata degli osteoblasti (cellule che producono l’osso), degli osteoclasti (cellule che riassorbono l’osso) e dei numerosissimi osteociti (cellule che mantengono la salute dell’osso). In questo modo l’osso mantiene integra la forza e l’elasticità necessarie alla sua funzione di sostegno del corpo. Come un’impalcatura dinamica, le ossa sono essenziali a garantire il movimento del corpo attraverso l’azione dei muscoli. Proteggono organi vitali, come il cervello, racchiuso nella scatola cranica, il cuore e i polmoni, all’interno della gabbia toracica. L’osso è inoltre un’importante riserva di sali minerali (calcio, fosforo), indispensabili per il buon funzionamento di tutte le cellule dell’organismo. Infine il midollo osseo, contenuto all’interno delle ossa, produce e rinnova le cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi, piastrine).
La ricercatrice Katia Scotlandi parla dell'osteosarcoma e dei progressi della ricerca su questa malattia.
L’osteosarcoma è il tumore maligno più frequente tra quelli dello scheletro. Rispetto ai tumori che colpiscono altri organi, invece, è una neoplasia rara e in Italia se ne contano poco più di 100 casi l’anno. Nella maggioranza dei casi si manifesta tra i 10 e i 30 anni di età, più spesso nei maschi.
Poiché non si conoscono ancora le cause che portano allo sviluppo dell’osteosarcoma non è possibile identificare in anticipo le persone a rischio.
Negli esseri umani l’osteosarcoma si manifesta nel periodo di massimo sviluppo dell’osso, durante l’infanzia e l’adolescenza, e colpisce le zone ove tale accrescimento è più intenso. Raramente l'esposizione a radiazioni ionizzanti (radioterapia) può essere associata alla sua comparsa. Nei cani, invece, esiste una forma di osteosarcoma spontaneo che colpisce maggiormente i soggetti adulti ed è più frequente nelle razze di grande taglia. In questo caso è probabile che alcuni fattori genetici agiscano sui meccanismi dell’accrescimento. Negli esseri umani solo eccezionalmente l’osteosarcoma si manifesta in soggetti con sindromi genetiche.
Esistono molte varianti di osteosarcoma che si differenziano per l’aspetto e il comportamento che il tumore assume al microscopio o ai raggi X. L’osteosarcoma ad alto grado di malignità è la forma più comune e si caratterizza per una crescita molto veloce e invasiva. Al microscopio le cellule osservate sono molto diverse dalle normali cellule dell’osso, si moltiplicano velocemente e producono un tessuto osseo disordinato. Nelle forme a basso grado, invece, le cellule e l’osso hanno un aspetto più simile a quello normale e le divisioni cellulari sono meno numerose.
Tutti i segmenti ossei possono essere colpiti da osteosarcoma: sono interessate di solito le ossa che hanno la più rapida crescita: il ginocchio (femore e tibia), la spalla (omero), l’anca (femore). Più raramente possono essere colpite altre sedi (bacino, mandibola, vertebre).
Un sintomo costante dell’osteosarcoma è il dolore all’osso colpito, accompagnato da gonfiore e limitazione del movimento articolare. L’entità del dolore varia secondo la dimensione e lo stadio della malattia: inizialmente può essere debole e intermittente, ma in breve tende a peggiorare. Crescendo e distruggendo l’osso il tumore lo indebolisce e ne può provocare la frattura. In alcuni casi è presente febbre, sempre di modesta entità.
Per l’osteosarcoma non esistono possibilità di prevenzione, poiché, come detto sopra, si tratta di una neoplasia molto rara, le cui cause sono ancora sconosciute e i cui fattori di rischio (età, rapido accrescimento, sindromi genetiche) non possono essere modificati. L’attenzione va quindi posta sulla diagnosi e il trattamento.
La diagnosi di osteosarcoma a volte è complicata dal fatto che sintomi come dolore, gonfiore e febbre sono molto generici e, soprattutto tra bambini e adolescenti, possono fare pensare a traumi piuttosto che a una malattia neoplastica. Tuttavia, se non passano in un tempo ragionevole, è opportuno rivolgersi al medico che deciderà se è il caso di prescrivere i necessari esami di approfondimento.
Dopo avere eseguito i comuni esami di laboratorio (emocromo, indici di infiammazione e di rimodellamento osseo) si procede con la diagnostica per immagini. Si inizia sempre con una radiografia, seguita eventualmente dalla TC (tomografia computerizzata) e dalla RM (risonanza magnetica) della regione da studiare. Queste indagini possono mettere in evidenza alterazioni della struttura dell’osso e l’interessamento dei tessuti circostanti da parte del processo patologico. Per escludere la presenza di malattia a distanza occorre inoltre eseguire una TC del torace.
Solo dopo questi esami si esegue la biopsia ossea per chiarire la natura della malattia e di effettuare una diagnosi più precisa e utile a impostare la terapia più appropriata. Il prelievo di tessuto per la biopsia può essere effettuato in anestesia locale o sotto sedazione utilizzando un ago speciale che permette di ottenere una piccola porzione di tessuto (agobiopsia), oppure con una vera e propria procedura chirurgica in anestesia generale (biopsia incisionale). In alcune sedi (vertebre, gamba) l’agobiopsia può essere eseguita sotto controllo TC per ottenere la massima precisione. Il tessuto prelevato con la biopsia viene inviato in laboratorio per la diagnosi istologica.
Utilizzando l’insieme delle indagini descritte (esame clinico, esami di laboratorio, diagnostica per immagini e, da ultimo, esame istologico) è possibile definire lo stadio del tumore, che consiste nel determinare l’estensione della malattia e consente di stabilire il miglior trattamento per ogni singolo caso. Il sistema di stadiazione chirurgica prende in considerazione il grado (G), l'estensione (T) e la diffusione (M) della neoplasia. I tumori possono infatti essere localizzati se limitati all’osso dal quale hanno avuto origine o al tessuto circostante oppure metastatici, se al momento della diagnosi si sono diffusi ad altre parti dell'organismo.
Il trattamento dell’osteosarcoma si basa sulla combinazione della chirurgia per asportare la lesione primitiva con la chemioterapia per eliminare altre localizzazioni della malattia. La chirurgia è quasi sempre conservativa, consente cioè di risparmiare il più possibile l’osso coinvolto e di ricostruire la parte del corpo che è necessario sacrificare per asportare la lesione. La parte malata dell’osso viene ricostruita con protesi speciali, anche realizzate su misura grazie alle tecniche di stampa 3D, innesti ossei o una loro combinazione ottenendo un ottimo recupero funzionale ed estetico. Nei bambini si utilizzano protesi speciali o interventi di ricostruzione biologica che tengono conto dell’accrescimento dell’arto.
Prima dell'intervento chirurgico si applicano cicli di chemioterapia per via endovenosa utilizzando diversi farmaci: in questo modo si riducono le dimensioni del tumore e l’intervento chirurgico è facilitato. Inoltre è possibile stimare l’efficacia dei farmaci, la cui somministrazione prosegue per alcuni mesi dopo l’intervento chirurgico per consolidare l’efficacia del trattamento.
La radioterapia può essere utilizzata nelle rare localizzazioni vertebrali a complemento del trattamento chirurgico e sempre in associazione alla chemioterapia.
La ricerca è attiva, nel mondo come anche in Italia, per comprendere i meccanismi della malattia e identificare nuove possibilità di cura. Molto è stato fatto per identificare le alterazioni genetiche delle cellule di osteosarcoma, anche se non si è ancora arrivati a definire con certezza marcatori molecolari di aggressività e bersagli terapeutici specifici. Lo studio dei meccanismi di farmacoresistenza ha invece messo in evidenza la possibilità di identificare casi che non rispondono ai farmaci e di impostare trattamenti più personalizzati. Grazie a studi sperimentali avanzati, basati su tecniche di biostampa e crescita in 3D, è oggi possibile riprodurre almeno in parte in laboratorio la complessità del tumore e provare nuovi farmaci e nuove terapie, come ad esempio le immunoterapie. È sempre più chiaro quanto le cellule di osteosarcoma siano fortemente condizionate dal microambiente del tumore, nel quale entrano in gioco altri elementi: cellule reattive, infiammatorie e del sistema immunitario, vasi, nervi, matrice extracellulare. Il metabolismo delle cellule di osteosarcoma, e di conseguenza il loro comportamento, possono essere modificati, aprendo la strada a nuove promettenti possibilità di migliorare ulteriormente la prognosi di questa neoplasia. La ricerca si occupa anche degli effetti a distanza della malattia e delle terapie nei tanti pazienti che ora sopravvivono grazie alle cure, anche allo scopo di migliorarne la qualità della vita.
Agenzia Zoe